2. Il mondo dei giovani: chi sono? Che cosa cercano?

(parte seconda)

…continuiamo a guardare al “mondo dei giovani”, con l’intenzione di comprendere meglio cosa  li “disagia” e quindi come rapportarvisi. Abbiamo già parlato delle difficoltà che incontrano nel crescere, della lunghezza del tempo a loro necessario per raggiungere l’adultità…  proviamo ora ad approfondire ulteriormente qualche aspetto psicologico delle ragioni di tutto ciò. Nella speranza di comprendere di più e meglio i loro orizzonti  ‘interiori’ rispetto a quelli ‘esteriori’…

Tento ancora una volta di non cadere nel rischio di generalizzare. Vi sono oggi molti giovani impegnati in processi di maturazione che richiedono più tempo e sono caratterizzati da una condizione di “moratoria”, ossia una sospensione delle scadenze e degli obblighi legati al passaggio alla vita adulta. Quelli che non hanno particolarmente desiderio di diventare adulti (4), non vivono la loro gioventù come una fase propedeutica all’ingresso alla vita adulta, ma come un periodo di tempo che ha valore in sé e per sé. Nel passato invece, il periodo della giovinezza era vissuto in funzione della vita successiva e di un’esistenza autonoma: la gioventù era quindi una tappa preparatoria. Ai giorni nostri, la gioventù così prolungata provoca una certa indeterminatezza nelle scelte di vita. Alcuni preferiscono rinviare le scelte definitive e ritardare quindi l’ingresso nella vita adulta o l’assunzione di impegni definitivi. Non interrogandosi sui loro problemi d’autonomia, non si sentono obbligati a fare scelte fondamentali. D’altro canto, in diversi settori della vita si nota una forte tendenza alla sperimentazione: così i giovani possono lasciare la famiglia, ma ritornarvi dopo un insuccesso o una difficoltà. La differenza principale rispetto alla maggior parte delle generazioni precedenti (che compivano scelte precise con priorità precise) consiste nella propensione a vivere contemporaneamente diversi aspetti della vita, aspetti a volte contraddittori, senza stabilire una gerarchia nei propri bisogni e valori… Alcuni giovani sono oggi molto dipendenti dal bisogno di fare “esperienze” perché, per la mancata trasmissione di valori e insegnamenti, credono che non si sappia nulla di questa vita e che tutto sia da scoprire e da “inventare”. Per questo presentano spesso un’identità vaga, flessibile di fronte alla molteplicità delle sollecitazioni contemporanee, siano esse controproducenti o al contrario fruttuose. Uno dei maggiori paradossi delle nostre società occidentali cui sé già accennato, consiste proprio nel far crescere troppo presto i bambini, incoraggiandoli al contempo a restare adolescenti il più a lungo possibile! (5) I bambini sono spinti ad atteggiamenti da adolescenti quando ancora non hanno le competenze psicologiche per assumerli. In tal modo acquisiscono una precocità che non è fonte di maturità, saltando i compiti psichici propri dell’infanzia. Quante volte sentiamo un genitore autocompiacersi che il proprio bambino… “sembra molto più grande e maturo, dell’età effettiva che ha!”. Ignorando del tutto il fatto che ciò, può menomarli nella loro futura autonomia, come dimostra il moltiplicarsi degli stati di “disagio esistenziale” e a volte “depressivi” in moltissimi giovani. Spesso sono gli stessi post-adolescenti che si lamentano di una mancanza di puntelli interiori e sociali, in particolare quelli che, dopo lunghi studi, sbarcano nelle imprese freschi di diploma o laurea e devono subito confrontarsi e/o esercitare delle responsabilità… Anche in alcuni giovani tra i 26 e i 35 anni si riscontra quindi ancora una sequela di “disagi esistenziali” con inclinazione alla depressione vera e propria.  E ciò accade proprio perché non hanno e non hanno avuto  modelli di riferimento sulla vita adulta che li aiutino ad armonizzare la loro esistenza con la realtà. Il periodo della giovinezza è sempre stato contrassegnato da una certa immaturità: non è certo una novità. Un tempo però quest’immaturità era compensata dalla società, che si poneva più dalla parte degli adulti, spingendo quindi a crescere e a raggiungere le realtà della vita. Invece oggi, non solo la società offre minor sostegno lasciando che ciascuno se la sbrogli da solo, ma fa pure credere che si possa restare in permanenza nei primi stadi della vita, senza doverli elaborare né dover vivere troppo presto un certo numero di esperienze. I genitori dovrebbero saper dire ai loro bambini e adolescenti  che assumono comportamenti troppo precoci alla loro reale età, che per l’appunto non hanno l’età per farlo, situandoli così in una prospettiva storica d’evoluzione e di maturazione. È in questo modo che bimbi e ragazzi acquisiscono la necessaria primaria maturità temporale. Chissà se lo fanno i millennials che sono già genitori? Antesignana a riguardo,  la copertina del «Time» di qualche tempo fa, che guardando ai  genitori millennials – nati cioè poco dopo il 1980 –  e in America sono ormai ben 92 milioni «la più numerosa generazione di sempre».  Per capire in che cosa si differenziassero dalla cosiddetta Generazione X e dai baby-boomers, «Time» aveva commissionato un sondaggio su oltre 2mila genitori con figli minorenni e trovato non poche sorprese:  «Aiuto! I miei genitori sono millennials», strilla dalla copertina del «Time» un bambino seduto su uno di quei passeggini che si chiudono in un minuto scomodando solo il mignolo. A margine della foto, le mani di mamma e papà protese verso di lui. Per spingerlo? No, per fotografarlo!

Da qualche anno assistiamo ad alcuni cambiamenti nell’evoluzione della personalità giovanile. La maggior parte degli adolescenti (6) vive abbastanza bene il processo della pubertà e quello dell’adolescenza propriamente detta, senza provare vere difficoltà, tranne qualche rara eccezione. In compenso, la situazione dei post-adolescenti tra i 22 e i 30 anni è spesso più delicata, soggettivamente conflittuale e tormentata da un groviglio di lotte psichiche che prima si riscontravano e si trattavano nell’adolescenza. Al normale confronto tra le rappresentazioni di sé e la vita, viene così, ad aggiungersi un “conflitto interiore”. Certo il bisogno di conoscersi e di avere fiducia in sé è un’aspirazione propria di quest’età. Ma sotto il peso degli interrogativi irrisolti e degli insuccessi, il senso di sé può essere rimesso in discussione. All’improvviso il soggetto si sente più fragile, perché non è più in grado di assicurare, come nel passato, la propria continuità. Cerca quindi di essere se stesso e diventa molto sensibile a tutto ciò che non è autentico in lui. Lo sviluppo psicologico della post-adolescenza si effettua essenzialmente nell’articolazione della vita psichica con l’ambiente circostante. Quest’ultimo può suscitare e riattivare angosce e inibizioni legate, ad esempio, a un senso d’impotenza che si traduce nel timore di non poter accedere alla realtà e quindi nell’auto-aggredirsi o nell’aggredire le figure genitoriali estese al mondo degli adulti… Tutto ciò come spesso accade può favorire un atteggiamento anti-istituzionale e/o antisociale, ma anche soprattutto porre il problema della capacità di valutarsi (legata alla stima o al disprezzo di sé – mancanza di autostima), del bisogno quindi di essere riconosciuti in primis dai genitori e in particolare dal padre e poi anche dalla società… Il soggetto può anche essere ancora molto concentrato su di sé, evitando così la realtà esterna, a volte interiorizzata poco o male: la prova della realtà fa paura. Ma appena si scontra con i limiti del reale, rischia di perdere il proprio equilibrio e di indulgere in pensieri negativi e depressivi, senza potersi invece identificare con alcun oggetto di interesse o d’amore. Uno di questi limiti è quello del tempo. Il post-adolescente è spesso impegnato in un compito psichico che gli consentirà di accedere alla maturità temporale, la quale però, tra i 24 e i 30 anni, si presenta anche come una difficoltà. A volte, invece di ricollegare la propria esistenza associando passato, presente e futuro, alcuni giovani la vivono in una sorta di immediatezza senza fine, così passano da un istante all’altro, da un avvenimento a un altro, da situazioni e scelte fatte all’ultimo minuto fino al momento in cui si pongono la questione della coerenza tra tutto ciò che vivono, sempre che non costruiscano la propria esistenza in maniera tanto frammentaria da non riuscire mai a fare una sintesi. L’immaturità temporale non sempre permette di proiettarsi nel futuro, che può angosciare i post-adolescenti non a causa di incertezze sociali ed economiche, ma perché a livello psicologico non sono capaci di prevedere e valutare né dei progetti né le conseguenze degli eventi e delle loro azioni, dato che vivono unicamente nel presente. Quando non hanno ancora raggiunto la maturità temporale, alcuni post-adolescenti fanno fatica a sviluppare una coscienza storica. Non sanno inserire la loro esistenza in un progetto a lungo termine – o hanno paura di farlo – e quindi sono incapaci di avere il senso dell’impegno in moltissimi campi.   Il lavoro, la famiglia, la società e le sue articolazioni. Vivono più facilmente nella contingenza e nell’intensità di una situazione particolare, che nella costanza e la continuità di una vita che si elabora nel tempo. Il quotidiano gli appare come un’attesa di momenti eccezionali, invece d’essere lo spazio in cui si tesse l’impegno della propria esistenza…. Bene, lungi da me e soprattutto qui… nel tentare di approfondire psicologicamente tutto per intero il “mondo giovanile”, qui mi fermo  – salvo ritornarci sopra all’occorrenza, con altri eventuali post – conscio del fatto che “lo psicologo non è il mio mestiere”. La mia più modesta mission di Life Coach, è di allenare la mente delle persone che a me si rivolgono a cercare dentro di se, le risorse interiori e culturali necessarie, per realizzare partendo dalla conoscenza di sé stessi i loro sogni.  Proprio aiutandoli a “misurare” i loro desideri e bisogni che costituiscono il loro “Dream” principale, facendolo già esistere nel loro immaginario e portarli a verificare il quadro complessivo di tempo, strumenti e energia necessari a far sì, che possano realizzare il loro obiettivo, in quanto effettivamente supportato da una sua reale fattibilità. Ottenendo così un ‘successo’, e evitandogli così, ulteriori disagi e frustrazioni sempre connesse ad ogni …fallimento.

E’ sempre tempo di Coaching!”

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Note:
(1) In Italia quasi il 66% dei ”giovani adulti”, ovvero le persone tra i 18 e i 34 anni vive a casa con i genitori, una percentuale di quasi 20 punti superiore alla media di tutti i 28 paesi Ue (48,4%), la più alta dell’Unione dopo la Croazia. E’ quanto si legge sui dati Eurostat riferiti allultima indagine (2014/2015)  secondo i quali il 49% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni vive con mamma a fronte di appena il 3,7% dei coetanei svedesi, il 3% dei danesi e dell’11,2% di quelli francesi. Tra i 25 e i 34 anni in Europa in media il 29,2% delle persone vive ancora in famiglia.
(2) L’accompagnamento dei giovani professionisti è diventato una realtà che riguarda i 25/ 40enni, soprattutto i non sposati, anche se si può discutere sulla nozione di “giovane” applicata a questa fascia d’età, prassi che risponde ad un bisogno, ma che a volte li mantiene in una sorta d’infantilismo affettivo.
(3) T. Anatrella,  “Interminabiles adolescences, le 12/30 ans,”  Paris –  Cerf Cujas.
(4) Op. cit.
(5) Op. cit.
(6) Alcuni studi mostrano che, sull’insieme della popolazione adolescente, in Europa il 10% dei 15/19 enni presenta difficoltà psicologiche: statistiche dell’Alto Comitato della Salute Pubblica francese, “La souffrance psychique des adolescents et des jeunes adultes” edizioni ENSP – Rennes.  Inoltre, l’incremento di trasmissoni radio-televisive sui problemi degli adolescenti lascia intendere che la maggior parte di loro si troverebbe in una situazione complicata, il che non sembra  rispecchiare la realtà. Si tende a generalizzare casi specifici.., mentre ad essere chiamate in causa sono sicuramente le questioni del disagio esistenziale dela  post-adolescenza.
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