2) Pensionamento ed invecchiamento: “un binomio troppo stretto…”

(parte seconda)

Nella prima parte di questo post… abbiamo accennato al “binomio troppo stretto” oggi esistente tra ‘pensionamento ed invecchiamento’ considerando opportuno rispetto a questa, la necessità di un nuovo modello… di una nuova definizione…  il nuovo modello intende proporsi come risposta all’immagine stereotipate del pensionamento.

Infatti il pensionamento, generalmente non viene percepito come fenomeno in sé, ma decodificato (con una semplificazione annullante) come sinonimo di invecchiamento e addirittura come suo indicatore. E allora proprio perché: “si dovrebbe essere sempre un po’ improbabili” …come ci dice Oscar Wilde, occorre formulare un tentativo per definire diversamente il fenomeno del pensionamento.

Quindi al binomio “pensionamento = invecchiamento” dobbiamo sostituire un binomio più complesso, ma forse maggiormente esplicativo ed operativamente maneggiabile: “pensionamento = cambiamento”. Ma se da una parte dobbiamo ricordare: l’esistenza di un individuo umano dipende sempre ed in ogni momento da tre processi fondamentali che si possono considerare complementari l’uno all’altro. In qualsiasi ordine c’è sempre e prima di tutto un processo biologico, di organizzazione gerarchica dei sistemi organici che costituiscono il corpo (soma); c’è poi un processo psichico che organizza l’esperienza individuale attraverso la sintesi dell’ io (psiche); e c’è infine un processo di natura comunitaria dipendente dall’organizzazione culturale entro la quale si realizza l’interdipendenza degli individui (ethos).

Dall’altra parte non dobbiamo dimenticare che al centro della persona c’è l’identità o meglio il “ sentimento d’identità che consiste nella nozione di esser separato e distinto dagli altri.pensione identità

Il sentimento di identità non è statico, ma si propone come risultato di un processo di interazione di tre rapporti o canali: comprende la relazione delle varie parti del Sé tra loro, ivi compreso il Sé corporeo: esso serve a mantenere la coesione tra le varie parti suddette e permettere la comparazione e la distinzione del Sé nei confronti degli oggetti; tende alla differenziazione tra il Sé e il non Sé. Riguarda inoltre, la relazione tra le varie rappresentazioni del Sé nel tempo, stabilendo una continuità tra le stesse e fornisce la base del sentimento di essere se stessi. Si riferisce, appunto, alla connotazione sociale dell’identità e consiste nel rapporto tra aspetti del Sé e aspetti degli oggetti quali si stabiliscono attraverso i meccanismi di identificazione proiettiva o introiettiva. Per altro “il sentimento di identità esprime a livello preconscio e conscio una serie di fantasie inconsce che, una volta integrate costituiscono quella che potremo chiamare “fantasia inconscia del Sé”. In altre parole il sentimento d’identità contiene una parte cosciente ed una inconscia.

Nella sua non staticità il “sentimento d’identità”, in quanto risultante dal processo di integrazione dei tre rapporti – integrazione spaziale del Sé, integrazione temporale e sociale – attraversa varie crisi durante la sua evoluzione (come avviene) nel processo analitico.

Ricorrendo quindi un po’ alla psico-analisi: le varie crisi che si verificano durante il processo analitico, corrispondono a crisi che compaiono a cominciare dai primi periodi dello sviluppo normale. A partire dalla prima separazione madre-figlio alla nascita, seguita da uno stato confusionale e da un periodo che si risolve in una prima posizione depressiva, questi cicli si ripetono durante tutta la vita.

Dunque, il pensionamento costituisce una vera e propria …alterazione dell’identità delle persone. Questa alterazione viene determinata da una serie di altre modifiche del Sé, del Ruolo e dello Status. L’identità soggettiva, condizionata fortemente dai cambiamenti intervenuti sul sé, sul ruolo e sullo status, entra in relazione con la personalità del singolo generando risposte diverse a seconda dei singoli profili. La situazione che si viene a creare a valle di questo nuovo rapporto tra le variabili sopra citate, necessita di una elaborazione che si proponga come risposta possibile ai disagi, alle incertezze, alle paure/desideri che la nuova situazione ha molto spesso determinato. Ma la costruzione di una elaborazione positiva della situazione creatasi appare problematica, anche sulla base della comparsa di tre fattori quasi sempre presenti sulla scena del cambiamento attivato nel processo di pensionamento: a)i mpossibilità della Reiterazione; b) difficoltà della Socializzazione; c) difficoltà della Riprogettazione.

Sull’insieme di questi aspetti ci soffermeremo più avanti cercando di ragionare sulle caratteristiche e di approfondirne i contenuti.

Il pensionamento rappresenta quindi un ‘cambiamento’, un passaggio storico sostanziale e in ogni caso diverso dagli altre modificazioni che le persone si trovano a dover affrontare nell’arco della propria esistenza. La sua specificità consiste nel caratterizzarsi come processo/evento che non può essere declinato come un semplice cambiamento, ma necessita di una più precisa definizione e… in questo senso, possiamo riferirci a ‘cambiamenti’ (…ovviamente oltrepassando il semplicistico trasporto di un termine dal singolare al plurale) come modalità che rappresentano l’elevato livello di complessità intrinseco, la presenza di un fattore tempo, che agisce su vari livelli. E, non ultimo, il numero di variabili che entrano in gioco e la possibilità che proprio un trattamento diverso delle stesse variabili, dia risultati completamente diversi.

Nei confronti del pensionamento registriamo una definizione comune che però ci appare insufficiente: per pensionamento si intende quella situazione per cui una persona dalla condizione di dipendente di una realtà organizzativa/produttiva che, attraverso il suo lavoro cresce (e per questo egli viene retribuito), passa ad altra condizione, uscendo dal ruolo di dipendente continuando ad essere “retribuito”, ma da un’organizzazione sociale che ha gestito e capitalizzato i suoi versamenti.

Appare opportuno …di questi tempi, di per se “complessi”  …proporre un’altra definizione che, assuma come utile la precedente, ma ne descriva in modo più compiuto le caratteristiche specifiche: per pensionamento s’intende un fenomeno costituito da tre parti… ciò che precede il momento della  quiescenza,  l’evento quiescenza… e ciò che si attiva a valle dell’evento quiescenza.

Il periodo che precede “l’andare” in pensione ha una durata temporale tendenziale di alcuni anni (in genere da un minimo di 2/3 ad un massimo di 5) e dipende da vari fattori: i livelli di certezza/incertezza rispetto all’attendibilità della presunta data di passaggio, il profilo di personalità del singolo, la soggettiva modalità di approccio a ciò che non si conosce.pensionamento cambiamento In ogni caso, questa fase si caratterizza come processo proprio in funzione degli elementi che lo costituiscono e della copresenza, anche contraddittoria, di speranze e paure, di proiezioni e di identificazioni, di progettualità tendenziale e di assenza di prospettive. Insieme a tutto ciò matura un sentimento complesso che definiremmo “interrogativo”: a fronte dell’aumento dei quesiti, anche tra loro contraddittori, diviene sempre più difficile ed incerta la possibilità di formulare ipotesi attendibili e, quindi, di individuare risposte convincenti.
Dentro questo periodo si attiva una dinamica che può mettere in crisi l’identità del soggetto.  Teniamo conto che, l’identità ‘propria di una persona’ …non può mai prescindere completamente dall’identità altrui; la sua identità, in una certa misura, dipende dall’identità che gli altri gli attribuiscono, nonché dalle identità che egli attribuisce agli altri, e in definitiva dalla o dalle identità che egli suppone gli siano attribuite. Nella fase precedente al pensionamento si determina una situazione che inizia ad intaccare i riferimenti che permettevano normalmente la strutturazione ed il mantenimento della propria identità. Le fantasie sul significato del processo in atto (neppure chiaro in quanto a contenuti e modalità attuative), la dimensione del tempo, l’idea di avvenire che si slega dalla realtà sociale attuale di riferimento, determinano alcuni effetti nocivi. Occorre, inoltre, registrare lo spostamento fantasmagorico da una dimensione conosciuta, fatta di ritmi noti, riti affermati, consuetudini radicate, alla dimensione dell’ignoto. Tutto ciò alimenta una indeterminatezza che non può non determinare una ricaduta sulla identità soggettiva.

Di solito, di fronte al cambiamento l’individuo reagisce non solo con l’angoscia per la nuova situazione (anche quando la stessa non si sia ancora determinata ma semplicemente collegata ad una ipotesi non eludibile), ma anche con sentimenti depressivi, dato che cambiare (pensare al cambiamento che verrà) significa perdere precedenti rapporti o situazioni (lutto per l’oggetto) e anche perdere aspetti del proprio Sé (lutto per il Sé)”.  Uno degli aspetti che maggiormente alimentano una difficoltà nel mantenimento di un equilibrio dell’identità soggettiva, va ricercato ed individuato nell’attivazione di quei meccanismi che determinano la rottura del rapporto con “l’altro da sé”. Viene meno, infatti, la dimensione specchio che caratterizza (va) la relazione sociale stabile. Quella specifica relazione per cui “l’altro” (“l’altro da sé”) rappresenta la conferma di chi io sia (processo identificativo di ritorno). In questo senso, la persona in procinto di accedere alla pensione diviene “altro” rispetto a chi rimane. Chi rimane nell’organizzazione non vede più nel pensionando “se stesso”, ma “un altro da sé” non contenuto nella sua persona. La distanza da “lui” risulta, per altro, in qualche modo inaccettabile man mano che se ne avvicina il distacco. L’effetto specchio decade. Chi rimane non si “vede” in chi va via. Chi va via non riesce più a vedersi attraverso chi resta. Non vengono più riflessi, su colui che si appresta al pensionamento, il senso del Sé, alcuni aspetti della propria identità, la propria immagine. Vengono meno, con la perdita secca della figura riflessa, gli elementi che rendono possibili le operazioni di riconoscimento e di auto-riconoscimento.

Nel futuro pensionato inizia a registrarsi una “perdita” non secondaria della sua immagine, e con essa parte del Sé e della propria identità. Una dimensione di “perdita” che potremmo definire preventiva, anticipatoria rispetto ad una posizione sociale non ancora acquisita e predittiva rispetto ad una serie di difficoltà che potrà incontrare con il passaggio effettivo al pensionamento. Nella fase che precede il pensionamento effettivo e che abbiamo definito processo, spesso si vivono sentimenti diversi e anche opposti. Di fronte al pensionamento, ad una data che nei fatti cambia radicalmente la vita di una persona, la stessa si trova a non avere alcuno spazio decisorio e a ritrovarsi a subire una data, i suoi significati, senza poter essere, spesso, in alcun modo soggetto di negoziazione.

Questo appare un elemento paradossale e paralizzante. La vita, le relazioni sociali, l’essere insieme con gli altri ci rimanda dall’infanzia in poi, alla contrattazione, alla negoziazione. Al fatto – ed appare anche una necessità – che nella vita si debba ricercare uno spazio tra la dimensione soggettiva (con il pericolo di deviazione egoiche o con una gestione non accettabile del narcisismo del quale siamo tutti in modo diverso forniti), e i processi di oggettivazione che, anche sulla base delle regole sociali impongono a tutti una distanza. Quella separatezza che rendendoci oggetti, da una parte ci aliena ma dall’altra consente le mediazioni sociali che le singole soggettività (spesso eccessivamente individualiste) non permetterebbero. L’andare in pensione può rappresentare la perdita secca della stessa capacità di negoziazione individuale e sociale e può essere vissuta come rappresentativa della perdita di Sé individuale e sociale.
Non a caso la stessa decisione “burocratica” dell’essere inviato in pensione non tiene in molti casi in alcuna considerazione i desiderata della persona.
Parrebbe comprensibile e giustificata, un’attesa del singolo (almeno sotto il profilo negoziale) basata sulla possibilità di esercitare un (forse anche limitato) influenzamento rispetto alla determinazione dell’evento pensionamento, ovvero alla modalità di avvicinamento allo stesso.
Tutto ciò non appare quasi mai possibile e la stessa impossibilità diviene matrice di non pochi effetti secondari.
Un altro aspetto i cui contenuti possono attivare le difficoltà del pensionamento come processo, possono essere intraviste in quella che potremmo definire la nascita e lo svilupparsi di una “comunicazione perversa”. Pensioni-uomini-e-donne-
In modo particolare nell’anno che precede il pensionamento, matura una relazione sociale molto diversa da quella che si attivava in passato. Caratteristiche e qualità della stessa variazione appaiono più evidenti nella realtà lavorativa a cui appartiene il pensionando. Analizzandone gli stili di comunicazione appare abbastanza chiaro come la stessa sia improntata al “fraintendimento”. Come se si costruisse, quasi esclusivamente, sul feed-back negativo.
Questa modalità di comunicazione si struttura su codici interpretativi che vengono alterati a fronte di una significativa variazione della collocazione sociale (e quindi di lettura della realtà) intervenuta tra gli interlocutori. Quando il pensionando entra in comunicazione con un suo compagno di lavoro si riferisce a lui presupponendo implicitamente che questi sia omologo a sé. Il che non risponde, in alcun modo, ai sentimenti dell’altro. Infatti, il collega non solo non accede alla pensione ma, al contrario, ha un’attesa di permanenza nel lavoro di molti anni. Tutto ciò potrà alimentare nei confronti dell’interlocutore fantasie e letture “positive” e/o “negative”, le quali risulteranno comunque assolutamente distoniche con i vissuti reali e/o emotivi del pensionando. Il compagno di lavoro si trova, quindi, ad ascoltare “l’altro” pensandolo come non più “intrinseco” alla sua situazione e lo colloca dentro una decodifica che (difensivamente) lo differenzia fortemente. Questa dinamica difensiva può giungere ad “escludere l’altro” dal proprio “campo”.
La rottura si costituisce perché “la nostra immagine non è possibile senza le immagini degli altri. Io e Tu non sono possibili senza l’altro. L’ambiente esterno, così come può provvedere alle condizioni necessarie per lo sviluppo e consolidamento del sentimento di identità (rapporto di integrazione sociale), può anche perturbarlo e annullarlo sino a limiti insospettabili.
Il passaggio al pensionamento (nelle sua fase di avvicinamento allo stesso) si amplifica parallelamente a quella che E. Jacques definisce la “crisi della media età”. Questa consiste nella necessità che il singolo affronti e faccia propria la tendenza verso un declino, verso un nuovo ciclo dell’esistenza ed in ultima analisi entri in relazione con il fattore maggiormente rimosso: la morte e la sua ineluttabilità. Le modalità operative attraverso cui si articola il fenomeno risentono fortemente delle caratteristiche delle singole psicologie. Infatti, se la dimensione fisiologica non regge all’urto della crisi, possono insorgere e svilupparsi forme patologiche, forse anche non completamente nuove, ma con aspetti di complessità assolutamente specifici.
Questa crisi, o meglio la sua insorgenza, appare legata ad un rito specifico che ne veicola le caratteristiche e ne sviluppa i contenuti.

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