Alla fine: si continua a dare alle pensioni e non alle riforme…

Non c’è alcun dubbio: l’invecchiamento della popolazione in Italia ma per meglio dire a livello europeo porterà i governi a far crescere la spesa pubblica soprattutto a favore dei più anziani, per soddisfare le preferenze dei loro elettori.
A sostenerlo sono Carlo Favero e Vincenzo Galasso, due economisti dell’Università Bocconi, in un lavoro intitolato ‘Demographics and the Secular Stagnation Hypothesis in Europe” che è stato presentato qualche giorno fa nello stesso ateneo milanese durante un convegno sulle pensioni.
Lo studio assume particolare rilevanza in quanto discusso a pochi giorni dalla presentazione della legge di bilancio per il 2017, che è stata criticata per aver aumentato eccessivamente il deficit pubblico e aver aiutato troppo pensionati e pensionandi, a scapito delle generazioni più giovani.
Galasso, uno dei principali esperti italiani di pensioni, è consulente del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, che col suo team di economisti a Palazzo Chigi ha svolto un ruolo cruciale nella stesura della manovra. Che vede le misure illustrate dal premier Matteo Renzi portere il deficit pubblico a salire al 2,3% del prodotto interno lordo, ben oltre il livello previsto a inizio anno. Il governo ha stanziato 7 miliardi di euro in tre anni a favore di pensionati e pensionandi, che beneficeranno di un aumento delle pensioni più basse e di incentivi per l’uscita anticipata dal mercato del lavoro. fornero Questa seconda misura è volta a smussare il ripido aumento dell’età pensionabile, introdotto dall’allora ministro del lavoro Elsa Fornero durante il governo di Mario Monti, e molto contestato dai sindacati. La spesa per welfare italiana è già fortemente sbilanciata a favore delle pensioni. Per ogni quattro euro spesi in previdenza, l’Italia ne spende soltanto uno per il sostegno di chi è in età lavorativa. La media nei Paesi Ocse è invece di due a uno. Questa sperequazione persiste nonostante la crisi abbia colpito più duramente le giovani generazioni.

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Il Rapporto sulla Povertà pubblicato dalla Caritas ha confermato la tendenza presente nei dati ufficiali dell’Istat, che vedono l’indigenza diffondersi più tra i giovani adulti che tra gli anziani. Il lavoro di Galasso e Favero mostra come l’invecchiamento della popolazione europea porterà a un forte rallentamento della crescita di lungo periodo. Questa frenata renderà impellenti misure a sostegno dell’economia, siano essi aumenti di spesa per stimolare la domanda, oppure cambiamenti strutturali dal lato dell’offerta, come riforme del mercato del lavoro o liberalizzazioni. Usando dati del sondaggio europeo Eurobarometer, i due economisti trovano che gli elettori più anziani sono generalmente meno favorevoli a concetti come ‘riforme’, “liberalizzazioni’ e “competitività” rispetto ai più giovani, poiché questi cambiamenti tendono a stravolgere lo status quo e a penalizzarli. europa-eco-kxyg-u1090146860163hgc-680x371lastampa-it_

«La stessa divisione emerge nelle preferenze rispetto a un ridimensionamento del welfare, poiché nella maggior parte dei Paesi, specialmente nel Sud dell’Europa, la spesa sociale è mirata in maniera massiccia verso gli anziani», scrivono Galasso e Favero.
Per queste ragioni i due economisti ritengono che i governi europei tenderanno a preferire politiche di aumento della spesa, soprattutto a favore dei più anziani – una previsione che sembra molto in linea con quanto è avvenuto nella legge di bilancio del 2017. «Aggiustamenti macroeconomici di tipo neo-keynesiano potrebbero essere meno divisivi [delle riforme strutturali], poiché tutte le generazioni possono beneficiarne», scrivono i due. «Tuttavia, data la forte influenza che gli anziani hanno sul processo politico che distribuisce le risorse pubbliche, questi cambiamenti macroeconomici aiuteranno più probabilmente le generazioni più anziane rispetto a quelle più giovani».
Contattato da più quotidiani, Galasso alla fine ha difeso le politiche pensionistiche del governo sostenendo che siano un modo di rispondere a un’esigenza diffusa evitando effetti eccessivamente negativi sui conti pubblici. «E’ chiaro che ci sia una forte domanda per questo tipo di interventi, soprattutto dopo tanti anni di crisi», ha detto Galasso. «L’alternativa sarebbe stato creare dei costosi istituti permanenti e aperti a tutti».
Dall’entourage del sottosegretario Nannicini si fa notare come le riforme siano ispirate a un principio di equità. «Le riforme del sistema pensionistico degli ultimi 12 anni hanno ridotto la spesa pensionistica di 2 punti percentuali l’anno, pari a circa 32 miliardi di euro. Restituirne 2 non è distribuzione iniqua dettata solo da fattori elettorali».

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