Astensionismo confermato che: è primo partito italiano…

“Dialogo semiserio con il segretario Astensione,

leader più amato dagli italiani…”

Questo il titolo dell’Editoriale dell’Espresso in edicola questa settimana. La provocazione di Tommaso Cerno (vicedirettore) è di quelle che dovrebbero almeno indurre alla riflessione.

Scrive Cerno: “È il capo del primo movimento italiano che sfiora la maggioranza assoluta e per questo merita di essere intervistato. Qui ci spiega perché il popolo lo ha premiato e come intende governare”.
«Un risultato eccezionale e previsto». È il commento che viene fatto da questo (fantomatico) segretario, leader del primo partito italiano.  Tant’é  che nelle “nuove” torte elettorali, che mostrano le percentuali del voto di Domenica scorsa, per la prima volta il partito guidato dal segretario Astensione è stato inserito, in colore nero, al fianco dei partiti tradizionali. E mentre destra, sinistra e grillini si scannano su chi sia andato meglio o peggio (dando per morto il M5s che in pratica non partecipava alla competizione), il grafico ci mostra che stando ai dati del Viminale un partito è uscito vittorioso dalle urne. Proprio il partito di Astensione che auto-esaltandosi aggiunge: «Puntiamo alla maggioranza assoluta. I ballottaggi di domenica prossima sono la nostra grande occasione per prendere in mano questo Paese». La provocazione continua: si apprende, che il segretario Astensione non sarà tuttavia in campagna elettorale nei prossimi giorni. «Andremo al mare», dice. «Non abbiamo voglia di annoiarci con discorsi sulla crisi e sull’euro. Tanto li fanno gli altri per noi e la vittoria è assicurata. A Genova, dove tirano un po’ sul soldo, l’abbiamo addirittura già conquistata al primo turno. Ma vedrete che vinceremo dappertutto e poi nella pratica a governare davvero, a prendersi le responsabilità, a firmare gli atti saranno altri». Già, siamo ormai al paradosso: il successo del partito di ‘Astensione’ sembra essere la logica conseguenza di un programma politico, scritto da terzi o per meglio dire: in verità mai scritto da nessuno, meno che mai da un partito mai realmente fondato… il paradosso sta proprio nel fatto che questo ‘programma’ è stato comunque realizzato in sua vece… da chi? Proprio dagl’altri partiti. «Qualcuno è stato capace di costruirci una credibilità. Il popolo italiano ci ha premiati per la coerenza che abbiamo dimostrato a nostra insaputa. Siamo o non siamo noi a dimostrare che la giusta misura di equità, prosperità e sicurezza su cui l’Occidente fu fondato dopo la Seconda guerra mondiale oggi non esiste più?» Questa l’auto-interrogativo, che si auto-rivolge Astensione, pensando a quella che è stata definita per decenni la democrazia liberale. «Se oggi quel modello è vuoto, finito, è perché non garantisce uguaglianza, non tanto in fatto di guadagni o ricchezze, ma di diritti e parità sociale». «La scuola è tornata a dipendere dal censo. La professione dal censo. Il tempo libero dal censo. Ottimismo e pessimismo dal censo. E così il voto sembra un grido di protesta. Un “no!” urlato dalle periferie in continua espansione, perché stanno dentro di noi e non più fuori. Ma è un’illusione. Il “no” si sta politicizzando, per cui finirà per perdere quota e credibilità così come è stato per la proposta politica». La strada è chiara: «Il cittadino può scegliere uomini come Donald Trump, Marine Le Pen o Beppe Grillo credendoli diversi dal sistema. Sono in effetti uomini che a parole rovesciano i valori del nostro modo di essere democratici. Salvo poi, una volta al governo, diventare subito “partito” e mostrarsi inadeguati come e più degli altri. La morale è che il cittadino, prima o dopo, resta a casa». «il nostro boom elettorale dimostra che anche la protesta sta diventando sistema. È l’ennesima devianza democratica che si è fatta Accademia. Prima si stava a casa per non votare il Psi, poi per non votare Silvio, oggi pure per non votare Grillo». «Perdiamo altro tempo. Nessuno proponga più la riforma elettorale, dopo le brutte figure di questi anni. Ripeta pure in televisione che il popolo non si nutre di quello. Muti di nuovo la forma partito: basta movimenti liquidi, si torna al modello Pci per la sinistra, con le sezioni e il territorio. Si torna al modello azienda per la destra, con nuovi volti, giovani e sorridenti. Si legge un paio di libri su Rousseau per aggiornare la piattaforma grillina. Ne avremo un’alternativa fra diversi modelli di populismo. E come si fa per le auto, ne sceglieremo uno. C’è il modello anti-rom e anti-euro, disponibile in versione classica neo-nazionalista e in versione a democrazia diretta. C’è il populismo di sinistra, che ringrazia chi perde alle elezioni, perché sono i cittadini che non hanno capito, perché c’è una morale che spiega sempre che hai ragione tu. E che, in cambio della sconfitta, promette un mondo migliore ma poi non sa dirti dove sia e soprattutto da chi sarà abitato. E, infine, c’è il populismo di centro, l’ultimo nato. Se davanti non c’è niente, voltiamoci indietro. Il passato è già successo, che male può fare? Cosa sarà mai questo futuro? E se poi non arriva? Meglio una sana nostalgia romantica di giovinezza politica (e anagrafica). Per questo i cittadini ormai si fidano solo di noi». «Per questo siamo il primo partito italiano».
Analisi ‘lucidissima’ …esito Cerno …no, esito certo!

“E’ sempre tempo di Coaching!”


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