Caro Capo, sai perché i tuoi dipendenti non sono felici?

…per partecipare alla discussione in corso nel gruppo Risorse Umane HR su: Alla ricerca della felicità: “è soddisfatto sul lavoro chi sente di …’fare la differenza’.”

Nella nostra vita siamo felici in media solo 46 ore. Eppure, la felicità rende maggiormente produttivi anche nel lavoro. Secondo Alexander Kjerulf, consulente aziendale e co-fondatore di WooHoo inc – Happiness at work, si lavora di più se la felicità contribuisce a stimolare e coltivare i talenti.
Rendendo l’ambiente di lavoro un luogo più gradevole, la produttività aumenta. E aumentano perfino le capacità – individuali e collettive – di affrontare nuove sfide.
Insomma, la sensazione piacevole di lavorare con passione e adrenalina, arrivare in ufficio motivati e carichi dovrebbe essere la regola. Invece spesso è l’eccezione. Perché? Partiamo da una situazione abbastanza comune della vita aziendale: un’azienda ha successo, man mano cresce, moltiplica il suo personale, e fra gli impiegati aumenta poco alla volta anche l’insoddisfazione, la delusione di sentirsi poco apprezzati, incompresi, inutili.
Così, chi pensa di avere un’opportunità, si licenzia e va a lavorare da un’altra parte.
Chi non ha il coraggio o l’entusiasmo giusto, resta fermo, immobile, sperando che il giorno dopo sia migliore di quello trascorso fra sconforto e stasi.
È un circolo vizioso, dove chi ne è parte non riesce ad ammettere che quella realtà non cambierà mai e che il coraggio tocca trovarlo dentro se stessi e non attendere che la situazione muti magicamente da sola. Il più delle volte sarà un’aspettativa disillusa.
I clienti non ameranno un’azienda se prima non l’amano i suoi dipendenti (Simon Sinek)
Mantenere i dipendenti sempre soddisfatti e felici dovrebbe essere la missione di ogni azienda. Oltre che per il loro benessere, la motivazione è indispensabile per tenere sempre alta la produttività. Ma come si fa? Da dove si parte?
Provo a indicare alcune azioni che si potrebbero attuare. Non sono semplici parole o lezioni teoriche. Sono situazioni che ho vissuto in prima persona o magari che avrei voluto vivere in determinate circostanze.
Caro capo, dirigente, leader:
1. sviluppa nel gruppo il senso di appartenenza: crea, coinvolgi il team e responsabilizzalo verso il prodotto o servizio che vende al cliente;
2. fissa degli obiettivi: il lavoro non deve essere un obbligo, un peso, un dovere ma una sfida costante da vivere con entusiasmo ed empatia in un progetto comune;
3. fa’ apportare idee al processo, considerazioni e magari riceverai suggerimenti corretti. La vera molla della motivazione si trova anche nell’opportunità di imparare e di dare il proprio contributo realisticamente;
4. condividi le informazioni con i dipendenti, rendili partecipi di problematiche e situazioni. Eviterai il mormorio e le incomprensioni;
5. confrontati, parla per sapere se tutto va per il meglio o se ci sono ostacoli che stanno cercando di superare. Il silenzio non sempre è assenso;
6. ricompensali in modo equo e adeguato. Il confine con il mercenarismo, è davvero sottile;
7. da’ fiducia. Non devi conoscere tutti i dettagli tecnici del lavoro di ogni tuo singolo dipendente. Ma devi saperne abbastanza da essere in grado di guidarli e supportarli se lo richiederanno;
8. non sei obbligato a sapere nulla della vita privata ma ignorare il fatto stesso che ne abbiano una è completamente folle ed ingiusto; oltre l’orario di lavoro c’è proprio quella cosa che si chiama “vita”, la conosci?
9. l’onestà e il rispetto valgono come se si fosse in una grande famiglia. Non devi solo pretenderli, occorre anche dimostrarli;
10. non dimenticare mai che chi lavora nella tua azienda, non lavora solo PER te, ma anche CON te. Non innalzare barricate e finte gerarchie, essere sul piedistallo non serve!

Molte aziende statunitensi sono alla ricerca del Chief Happiness Officer (CHO), ovvero del dirigente addetto della felicità dei dipendenti. «Stiamo parlando di una figura che deve naturalmente ispirare la felicità negli altri. Deve essere simpatico e divertente. Ma deve anche avere idee e molta, moltissima energia» ha spiegato Kjerulf al Guardian. «Oltre alla felicità c’è un altro requisito fondamentale per il cho: deve realmente preoccuparsi del benessere dei dipendenti».
Magari in Italia è ancora prematuro per le PMI inserire questa figura. Ma questo nuovo trend sottolinea ancora in maniera più efficace quanto sia importante badare alla felicità dei propri dipendenti che, ricordiamolo sempre, sono innanzitutto persone.
Vi lascio con la citazione della poetessa americana Maya Angelou, dedicandola a tutti coloro che spesso non ricordano il valore del rispetto e della gratitudine verso gli altri: “Le persone si dimenticheranno di ciò che hai detto, di ciò che hai fatto, ma le persone non si dimenticheranno mai di come le hai fatte sentire”

E’ sempre tempo di Coaching!

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Commenti

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