C’è differenza tra i dati raccontati e i dati reali della ripresa?

Eccoci al 100° post di questo Blog, un primo traguardo…

Tasse giù, occupati su, investimenti ed export in crescita, deficit in calo, boom di incassi dalla lotta all’evasione fiscale, impennata vertiginosa di mutui. E poi statistiche “impressionanti”, numeri “record”, dati “meglio delle previsioni”. Vista da Palazzo Chigi l’economia italiana sembra godere di ottima salute. Il premier, con una lunga nota su Facebook, ha colto l’occasione dei nuovi dati diffusi oggi dall’Istat per “fare chiarezza sui veri numeri della nostra economia”, mettendo in fila tutti i segnali della ripresa targata Renzi. Ma dietro i trionfalismi del presidente del Consiglio si nascondono anche diverse ombre.

Scrive il premier che la crescita certificata oggi dall’Istat per il 2015, +0,8%, è stata “meglio delle previsioni”. Che il Pil sia superiore alle aspettative, va da sé, dipende tanto dal dato sul prodotto interno lordo in sé stesso, quanto dalla scelta delle previsioni con cui lo si confronta. Ad aprile, nel documento di economia e Finanza, l’asticella della crescita era stata fissata prudentemente a +0,7%, salvo poi essere rivista in corso d’anno, a settembre, allo 0,9%. Quindi ad ottobre Renzi si è sbilanciato ad immaginare una crescita dell’1%. Infine, a dicembre, l’Istat ha diffuso un dato di crescita più basso (+0,7%), salvo poi correggerlo nuovamente oggi (+0,8%), grazie anche al fatto che il 2015 conta tre giorni lavorativi in più rispetto all’anno precedente, portando appunto a un aggiustamento dello 0,1%. Per fare un rapido confronto, l’economia dell’Eurozona è cresciuta nel 2015 dell’1,9% e l’Italia tra i 28 Paesi della Ue si trova al 25esimo posto, seguita soltanto da Austria (+0,7%), Finlandia e Grecia (0).

PIBItalia120312 (1)

Renzi celebra quindi il taglio del deficit messo in atto dal suo governo e sceso ai minimi da dieci anni. Un risultato reso più accessibile grazie alla crescita, o la minore decrescita, della nostra economia. E anche se il premier ricorda che l’indebitamento netto si attesta sotto il 3%, da diversi anni ormai i Paesi dell’Eurozona devono sottostare a regole ben più ferree, assicurando ogni anno una riduzione del deficit rispettando una precisa tabella di marcia, ammorbidita dalle nuove linee guida sulla flessibilità approvate nel gennaio 2015. Ad oggi il nostro Paese ha sì ridotto il deficit, ma rischia di entrare in rotta di collisione con l’Europa perché la riduzione è più modesta di quanto previsto dalla regole europee.

Si arriva quindi al delicato dossier lavoro. Secondo il presidente del Consiglio ci sono “quasi mezzo milione di posti di lavoro stabili in più” nei due anni di governo Renzi. Se si confronta il numero di dipendenti permanenti a febbraio 2014, quanto Matteo Renzi si è insediato a Palazzo Chigi, e quelli diffusi oggi dall’Istat la crescita è di 472 mila di posti.

Le sorprese però spuntano scorporando il dato per classi di età. Se si considerano i dati diffusi oggi dall’Istat negli ultimi 12 mesi l’incremento è di 299 mila occupati, dovuto a un aumento di 359 mila unità nella fascia over 50, 16 mila nella fascia 25-34, mentre l’occupazione è diminuita nella fascia 15-24 (-7 mila). e 35-49 (-69 mila). In altre parole l’occupazione cresce quasi esclusivamente nella fascia di lavoratori più anziani, prevalentemente a causa della riforma delle pensioni che ha allungato la vita lavorativa degli occupati.

Quanto ai 764 mila contratti a tempo indeterminato in più registrati dall’Inps tra gennaio e dicembre 2015, come segnalato da molti, 578 mila riguardano trasformazioni di contratti a termine e apprendisti. Soltanto 186 mila rappresentano nuovi contratti di lavoro.
Dato che peraltro si avvicina ai 135 mila posti fissi di lavoro registrati dall’Istat nello stesso arco di tempo. Come ordine di grandezza insomma, il numero di nuovi posti fissi di lavoro creati grazie al Jobs Act e agli sgravi nel 2015 si avvicinerebbe molto più a queste somme rispetto al mezzo milione citato da Renzi (o ai 764 mila di cui parla spesso).

Il premier quindi passa in rassegna i successi della spending review del governo, mettendo a confronto la strategia del governo con quella inizialmente messa a punto dal Commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli. 24,9 miliardi contro i 20 di Cottarelli, scrive Renzi su Facebook.

Se si confrontano i documenti ufficiali, i risparmi di spesa previsti dal piano Cottarelli erano di 7 miliardi nel 2014, 18 miliardi nel 2015 e 34 miliardi nel 2016. Il governo ha realizzato risparmi per 3,6 miliardi nel 2014, saliti a 18 miliardi nel 2015 e a 25 nel 2016. Il presidente del Consiglio sventola con  soddisfazione  anche  i

dati su export e investimenti, che “compongono” lo 0,8% di crescita sancito oggi dall’Istat.

italia suLe esportazioni salgono del 4,3%, un buon dato ma non eccezionale se si considera che nel 2014, con un tasso di cambio euro/dollaro sensibilmente meno favorevole per le nostre imprese, l’aumento era stato del 3,1% rispetto all’anno precedente. Renzi parla, ancora una volta, di dato migliore delle previsioni. Nella nota di aggiornamento al Def, a settembre, si prevedeva infatti un contributo alla crescita del Pil dall’export del 4,1%, ma allo stesso tempo un aumento degli investimenti dell’1,2%. I dati diffusi oggi dall’Istat registrano sì per la prima volta l’inversione in territorio positivo, ma il dato è più basso delle aspettative del governo (+0,8%). Si arriva quindi ad uno dei cavalli di battaglia del premier, il boom di mutui certificato dall’Abi (+97%). Un dato che riguarda soltanto le nuove erogazioni, cioè il numero secco di nuovi mutui concessi e che non tiene conto dei finanziamenti estinti. Un po’ come comunicare il numero di nuovi contratti di lavoro senza dire quanti nel frattempo sono cessati. Il dato complessivo – che per un terzo è composto da surroghe, cioé trasferimenti di mutui ad altre banche – è senz’altro positivo ma va contestualizzato con le statistiche dello stock complessivo dei mutui. Come scrive l’Abi nel rapporto di febbraio “sulla base degli ultimi dati ufficiali disponibili, relativi a fine 2015, l’ammontare complessivo dei mutui in essere delle famiglie ha registrato una variazione positiva dello 0,7% nei confronti di fine dicembre 2014″. Segnali di ripresa quindi, ma molto più contenuti di quanto alcune statistiche sembrano suggerire.

C’è anche dell’oro tra ciò che luccica nella lista di buone notizie citate dal premier. Grazie al combinato disposto di bonus 80 euro, taglio Irap e cancellazione dell’Imu la pressione fiscale è scesa, benché in misura marginale. Le tasse, in altre parole, stanno scendendo. Anche i numeri diffusi oggi dall’Agenzia delle Entrate danno segnali incoraggianti: gli incassi della lotta all’evasione ammontano nel 2015 a 14,9 miliardi di euro. “Un anno record” secondo il premier. Temperando gli entusiasmi del premier si potrebbe definire più semplicemente un anno migliore di quello precedente. Nel 2014 la raccolta era stata di 14,2 miliardi, appena 700 milioni di euro in meno. In percentuale, un aumento del 5%.

Se non sono bugie… sono sicuramente …fanfaronate!

 

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Commenti

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