Coronavirus: la tanto temuta seconda ondata del virus è arrivata… come affrontarla?

Ormai in molti abbiamo capito che non #andratuttobene che non sta andando per niente bene. Voglio bene all’Italia. Perché è il luogo della terra in cui sono nato, cresciuto, in cui ho imparato la lingua, gli usi e i costumi, la storia millenaria priva di una struttura statale unitaria fino al 1861, la sua straordinaria bellezza artistica e paesaggistica, i suoi tremendi difetti antisociali, il suo facile trasformismo politico, la capacità del suo popolo di voltagabbaneggiare spesso e volentieri… Voglio bene all’Italia, ma non posso provare questa empatia verso tutto il popolo italiano, di cui faccio parte. Perché non è umanamente possibile riuscire, in una comunità vasta, come così pure in dimensioni più ristrette la propria città o la propria provincia, ritrovarsi in sintonia con i cosiddetti “sentimenti comuni” che di volta in volta si sviluppano. So che vado controcorrente e che sarò accusato di essere “anti-patriottico“, ma non me ne importa nulla, perché non è la “patria” che mi interessa, ma il Paese, quello con la “pi” maiuscola, che conosce molto poco sé stesso ed ancora meno lo Stato e la Repubblica. Vado controcorrente non con gioia e allegria, ma pensando che siano davvero patetiche tutte le manifestazioni tricoloreggianti dei mesi passati, veri e propri esercizi di esorcismo collettivo… cantare alle sei della sera dai balconi di molte abitazioni, affacciarsi e sventolare la bandiera, appendere lenzuola bianche con sopra scritto per l’appunto: “Andrà tutto bene”. Sì, ho poca simpatia per queste forme di espressione di una italianità che è frutto solo della paura e non invece di un vero amore per il nostro Paese con una adesione piena e forte ai princìpi della nostra Costituzione… Quindi: “Non andrà tutto bene. Non sta andando per nulla bene”. Si sta diffondendo un panico sottile, pervasivo, che rischia di bloccarci prima ancora che a farlo possa essere un non auspicabile nuovo confinamento nelle nostre case. Sembra di rivivere una frase del grande filosofo francese Edgard Morin: “quando l’immediato ci divora, lo spirito si smarrisce”. A forza di ripeterci che l’Italia si è comportata meglio di altri e che la Lombardia è riuscita a resistere a un vero e proprio  tsunami, ci siamo dimenticati (troppo in fretta) delle lugubri settimane dello scorso marzo. Per sino l’OSM ha lodato le italiche virtù.  Tant’è che la sensazione di libertà che ci ha accompagnato nei mesi estivi ha contagiato un po’ tutti, amministratori compresi e alla fine dalla prima fase della pandemia non siamo usciti migliori, ma solo più fragili. In Lombardia la Regione più polemica nei confronti del Governo centrale, a fronte dell’emergere di palesi limiti e contraddizioni nell’agire della Regione in merito alla sanità pubblica a beneficio di quella privata, in risposta a ciò, c’è stato un irrigidimento progressivo da parte dell’amministrazione regionale, impermeabile a qualsiasi cambiamento. Ora si ripiomba improvvisamente (ma non imprevedibilmente) nel clima di sei mesi fa. Che cosa è accaduto nel frattempo? L’impressione è che ci sia stato solo un intervallo, senza che questo abbia portato a una reale riorganizzazione di un sistema che ha fatto acqua da tutte le parti. Il risultato è che ci si sente tutti un po’ più soli e fragili di fronte a una macchina sanitaria che fatica a mettere in rete la generosa disponibilità dei singoli. Lo ripetono da mesi i pediatri e i medici di base, lo fanno capire gli operatori ospedalieri, lo denunciano gli epidemiologi, lo percepiscono i cittadini. La politica dovrebbe garantire la tenuta del sistema e far sì che ciascuno si senta parte di una rete che lo sostiene e lo protegge. Negli scorsi mesi in troppi si sono preoccupati solo di proteggere o promuovere se stessi. Invocare collaborazione e coesione nel momento in cui si riaffaccia l’emergenza, “l’immediato che ci divora”, è un’operazione che rischia solo di creare ulteriore panico e smarrimento. Prepariamoci quindi a mesi molto complicati, perché purtroppo la tanto temuta seconda ondata della pandemia di Coronavirus è arrivata ed è un onda parecchio alta. A dirlo sono i dati che vedono l’Italia, il 15 ottobre con 8.804 nuovi casi, I morti sono stati 83, il doppio rispetto al giorno prima. Raggiunto il Record di tamponi sono stati 162.932. Si sono registrati in Lombardia 2.067 nuovi contagi, a fronte dei 1.844 del giorno prima. Ventisei le vittime, il giorno 14, erano state 17. I tamponi nelle ultime 24 ore sono stati 32.507 rispetto ai poco più di 29mila sempre del giorno precedente. La provincia di Milano conta la metà dei nuovi casi: sono 1.053 in tutta la provincia, di cui 515 a Milano città. Nella provincia di Monza e Brianza sono 196, a Varese 170. A Brescia i nuovi positivi sono 106, a Lodi 81 e a Pavia 79. Più indietro la provincia di Bergamo con 71 casi, 63 a Como e 51 a Lecco. In provincia di Cremona se ne contano 34, a Mantova 30 e a Sondrio 22. L’istituto Gimbe precisa che: “i casi Covid sono raddoppiati e c’è stato il boom di ricoveri nell’ultima settimana”. Crescono quindi ancora in modo importante ricoveri e terapie intensive. Sul fronte scuola, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, sono quasi 6mila gli studenti contagiati e oltre mille sono i docenti. Intanto il Covid continua a dilagare in tutta Europa. E 80 scienziati di tutto il mondo bocciano l’immunità di gregge. In quanto: “Non ferma il virus”. Con già oltre settemila e più contagi registrati nella giornata di mercoledì 14 ottobre, a fronte di poco più di 100 mila tamponi. Il Ministero della Salute aveva già rafforzato gli indirizzi che ogni cittadino dovrebbe utilizzare ogni volta che torna a casa. Regole di comportamento fondamentali utili a tutelarsi e tutelare anche i propri cari. Perché se a oggi pare impossibile cancellare il rischio contagio, si possono e devono tuttavia seguire regole per ridurre le possibilità di infezione. La prevenzione del contagio infatti deve partire ben prima di entrare in casa. La mascherina poi si dovrebbe tenere anche in casa se in famiglia si hanno soggetti anziani o immunodepressi. Si tratta in questo senso di un ulteriore forma di tutela di quei soggetti considerati più a rischio di infezioni anche non da Coronavirus. E il Governo,  con l’ultimo Dpcm il 14 ottobre, ha fermato le feste consigliando cene in casa con un massimo di sei persone e l’utilizzo della mascherina che si può abbassare mentre si mangia ma è consigliabile ritirarla su per fare quattro chiacchiere. Con persone non conviventi che sono venuti a trovarci e un ulteriore consiglio è quello di arieggiare spesso l’ambiente. Igienizzare anche le superfici considerate sensibili, ovvero quelle dove per un motivo o per un altro si possono fermare germi, batteri e virus… Studi hanno dimostrato che semplicemente con l’alcol etilico il virus muore immediatamente. Una pulizia giornaliera della casa può dare quindi una grossa mano a salvaguardarci. Purtroppo contemporaneamente sono suonati altri campanelli d’allarme: il Primario del Sacco di Milano il Prof. Galli, ha detto in un’intervista che: “il Pronto soccorso del suo ospedale è ormai invaso. Quindi occorre mettere uno stop alle urgenze del 118”. Inoltre: “Sto cercando di occuparmi di tutti i pazienti che ho già qui. Mi pare un tragico déjà vu. Lo temevo già da agosto, ma speravo di sbagliarmi e invece…”. “La situazione a Milano si sta facendo molto allarmante, al limite della saturazione. E ci sono forti criticità anche altrove. Abbiamo assoluto bisogno di far funzionare le ultime indicazioni del decreto del governo. Sperando che siano sufficienti. Diversamente la strada già tracciata è quella degli altri paesi europei che stanno richiudendo tutto. Qualche segnale che stavamo andando a sbattere si era ben visto. Un peccato averlo ignorato. E tra quindici giorni se non facciamo qualcosa, saremo come la Francia, la Spagna, il Regno Unito”.  Fa notizia anche l’ulteriore focolaio a Roma con 23 positivi all’ostello della Caritas della Stazione Termini. Il fatto che è stato dichiarato un Mini-lockdown ad Arzano in Campania, dov’è scattata immediata e continua la protesta dei commercianti. Mentre in Campania sono stati superati i mille positivi in 24 ore (tra il 14 e il 15 ottobre). Sono, infatti, 1.127 i contagi di cui 72 sintomatici e 1.055 asintomatici facendo salire il totale, da inizio pandemia, a 21.772. Si registrano anche 9 decessi (avvenuti negli ultimi cinque giorni, ma registrati solo il 14, e solo 317 sono i guariti. A comunicarlo l’Unità di crisi della Regione. I tamponi effettuati nella giornata del 14 ottobre sono stati 13.780. Per quanto riguarda il report dei posti letto su base regionale: quelli in terapia intensiva complessivi sono 110, di cui 66 occupati mentre per la degenze sono 820 complessive e ben 762 sono già occupate. A fronte di questi dati in Campania il Governatore De Luca ha ordinato la chiusura delle scuole fino al 31 ottobre. La Ministra Azzolina si è infuriata. Al Giro d’Italia 2020, sono risultati positivi ben 17 poliziotti e va crescendo di giorno in giorno il numero dei ciclisti infettati dal Covid. Anche Valentino Rossi è risultato positivo al Covid e altrettanto Federica Pellegrini. Aumentano ovunque le situazioni dei contagi in Italia. Le cifre preoccupano e crescono i timori di dover velocemente emettere ulteriori restrizioni, dopo quelle già ricordate dell’ultimo Dpcm. La stretta del governo va verso il “coprifuoco”. Ci sono dieci regioni a rischio lockdown. Il presidente del Consiglio vuole evitare una chiusura generalizzata, ma è pronto a introdurre nuove regole per bar e ristoranti. Le stesse aziende premono: meglio una serrata ‘breve’ adesso che uno stop a Natale, che rischia di costare fino a 16 miliardi di perdite a settimana. Così, sulla scia delle misure adottate in Francia, si ragiona su un possibile coprifuoco alle 22, per provare a calmierare la curva del virus – così scrive il Corriere. La paura è che i provvedimenti appena varati non bastino ancora a evitare il peggio. E Il Governo Conte 2 sembra far muro escludendo l’ipotesi di una chiusura totale, proprio ora che l’economia mostra qualche segno di ripresa. La strategia è di aspettare due o tre settimane per capire gli effetti delle nuove misure del dpcm. Ed eventualmente introdurre una serrata per fine ottobre, così da scongiurare lo stop durante le feste di Natale. Il Premier però starebbe ragionando, con scienziati e ministri, l’ipotesi di introdurre velocemente altre regole restrittive, sulla falsariga di quelle adottate da Emmanuel Macron in Francia. Il coprifuoco serale. Il prossimo consiglio dei ministri dovrebbe varare dunque un ulteriore provvedimento che imporrebbe a bar, ristoranti e altri esercizi pubblici di abbassare le saracinesche alle 21 o alle 22, con controlli e multe per chi non rispetta le regole. Sulla proposta di estendere lo smart working per evitare la ressa sui bus sono tutti d’accordo, tra Governo e Regioni mentre dentro la maggioranza si litiga sulla didattica a distanza per le scuole superiori. I presidenti delle Regioni – soprattutto dopo che il governatore Vincenzo De Luca – ha chiuso le scuole in Campania mandando su tutte le furie la ministra Lucia Azzolina – continuano a insistere. E il Pd ha proposto il 50% di didattica digitale nei licei, alternando casa e scuola. E se l’onda alta del virus spaventa la Campania, da Nord a Sud si susseguono le ordinanze restrittive. Una serie di chiusure che potrebbero essere solo l’anticipo di veri e propri lockdown locali. Visto che il Report del monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità indica che ben dieci regioni sono a un livello di rischio «moderato», ma «ad alta probabilità di progressione rapida». In questo momento sono a rischio Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta, quest’ultima con l’Rt più alto (1,53), seguita dal Piemonte con un Rt a 1,39. A Milano il sindaco Beppe Sala si dice preoccupato dell’Rt sopra 2, pur escludendo «interventi radicali». Ma con oltre 500 casi al giorno solo in città, si profila il coprifuoco alle 22 e gli orari di ingresso scaglionati nelle scuole. Purtroppo ieri 16 ottobre il quadro generale dei contagi è peggiorato ulteriormente. Si è impennata ancora la curva epidemica in Italia, superando per la prima volta la soglia psicologica dei 10mila casi. Sono 10.010 i nuovi positivi registrati nelle ultime 24 ore, contro gli 8.804 contagiati e registrati l’altro ieri, e per di più con 150.377 tamponi, 12mila meno di ieri. Il totale sale così a 391.611 casi dall’inizio dell’epidemia. In calo i decessi, 55 ieri (l’altro ieri erano 83), per un totale di 36.427. Preoccupano ancora le terapie intensive, +52 (l’altro ieri +47), che arrivano così a 638, mentre i ricoveri ordinari crescono di 382 unità (l’altro ieri +326), e sono ora 6.178 in tutto. Il numero degli attualmente contagiati sale a 107.312 di cui 6.178 ricoverati con sintomi (+382) e 638 in terapia intensiva (+52). Sono in isolamento domiciliare 100.496 pazienti mentre sono guarite o sono state dimesse 1.908 persone. È quanto emerge dal bollettino quotidiano del Ministero della Salute. La regione con il maggior numero di casi è ancora la Lombardia con 2.419, seguita dalla Campania con 1.261 e dal Piemonte con 821. Sono state 59.128 le persone controllate ieri dalla polizia nell’ambito dei servizi disposti per il rispetto delle norme anti Covid. È quanto rende noto il Viminale, aggiungendo che le persone sanzionate sono state 178. Sono 24, invece, le persone denunciate per inosservanza del divieto di allontanamento dalla propria abitazione o dimora perché in quarantena dopo essere risultate positive al Covid 19. Sono state, inoltre, 7.498 le attività commerciali controllate, con sanzioni per 27 titolari, e 9 locali chiusi, di cui 3 a titolo provvisorio. In ogni programma televisivo si ripetono ossessivamente le medesime domande ai Virologi… o a questo o quel cronista informato dei fatti, o ai tanti  opinionisti di mestiere (i famosi tuttologi) che dir si voglia. La domanda più gettonata è proprio frutto dell’ansia che pervade tutti: ci sarà un altro lockdown totale? Seguita subito dalla domanda sul Vaccino… quando sarà pronto…ci sarà il vaccino entro la fine d’anno o dovremo aspettarlo più a lungo? Mentre dentro a ognuno di noi cresce la rabbia… per il profondo senso d’impotenza che ci prende. Ricordiamo, la clausura forzata, la frustrazione che nasce e si alimenta col restringimento degli spazi di libertà costituzionali, sociali e civili che fino a pochi mesi fa abbiamo vissuto, senza tuttavia preoccuparcene troppo, anzi con convinzione, dando conto di un inaspettato italico senso di civico…  trovavamo forza e significato nello stare facendo qualcosa d’importante per la salute di tutti quanti a partire dalla nostra. Ci ripetevamo che così tutto sarebbe presto tornato alla ‘normalità’… e avremmo potuto tornare presto a percepirci così anche come esseri sociali… oltre che umani. Con l’estate è sembrata tornare completamente questa possibilità. Cedendo a enormi pressioni economiche diventate la priorità di fronte al baratro del Lavoro e dell’occupazione… E’ stato suonata un “liberi tutti”. Tante parole sono state fatte sul  “virus clinicamente morto”, addirittura nuove critiche e polemiche hanno messo in dubbio: se fosse stata la scelta giusta quella di chiudere tutto?! Se il Governo non avesse sbagliato tutto esagerando… e peggiorando una situazione economica già disastrata? Sta il fatto che alla fine ci siamo tutti elogiati: “come siamo stati bravi, autodisciplinati, siamo addirittura un modello rispetto al resto del Mondo”. E alla fine (grazie anche ai cattivi esempi di  coloro che mostravano di considerare la mascherina un optional, in Italia abbiamo abbassato la guardia). Questa la triste verità rivelata dalla curva dell’acquisto di mascherine. Certo qualcosa ci è sempre mancata e qualcos’altro ci ha sopraffatto.  Mancava la partecipazione diretta alle scelte… per capirci mancava quella che Gaber definiva la libertà delle libertà. Veniva meno il potere di esprimerci nella quotidianità della vita, anche in quei pochi contatti che avevamo e che ci facevano sentire comunque collegati con il mondo intero, nonostante magari il nostro maggior tempo si svolgesse entro le mura di casa o nel circostante, nel limitrofo delle nostre abitazioni.  Oggi, dopo aver pensato che tutto fosse finito, o meglio che il virus era ancora tra noi,.. ma sotto controllo, eravamo in grado di gestirlo. Qualcuno addirittura sosteneva fosse mutato… fosse diminuita la sua carica virale ecc. ecc.. Tornata finalmente la ‘normalità’. Tornata più precisamente la libertà di essere, pensare e fare quel che volevamo. Se è pur vero che senza l’essere sociale anche il pensiero ne viene limitato, che noi siamo un misto di coscienza e di essenza sociale e che da questa seconda traiamo il nutrimento della nostra intimità emotiva, dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri, eccoci tornati ad essere singoli individui liberi e svincolati da ogni responsabilità collettiva…  Ecco perché ci sentiamo di nuovo “sconvolgere” dai numeri in crescita della pandemia che corrono di nuovo verso la moltiplicazione esponenziale dei casi di contagio e a tutto ciò che ne consegue. No, non #andràtuttobene. Non sta andando affatto tutto bene. Tornano i vincoli di un agire responsabile. L’impressione che abbiamo nel vedere nel sentire nel leggere ciò che sta di nuovo avvenendo con il dilagare del virus. Qui da noi e nel Mondo. Ci fa presagire che se non si ferma tutto di nuovo, se non si richiudono tutte le fabbriche, se per venti giorni un mese e anche più, non si ri-blocca la produzione non essenziale e non si lasciano a casa tutte le lavoratrici e i lavoratori coperti dagli ammortizzatori sociali previsti dalle misure (seppur forse ancora insufficienti) del governo, non #andratuttobene. Quindi, la limitazione quasi totale del movimento, dell’incontro con i nostri simili, delle relazioni affettive con i nostri cari, ed anche la mancanza degli scontri, della dialettica, delle polemiche politiche, come fossero delle chiacchiere da bar, delle liti per la fila in posta o al supermercato dove ora si rimane diligentemente distanziati soltanto per la paura del Coronavirus, tutto questo ci condiziona pesantemente, nel pensarci circondati da qualcosa che è materialmente infinitesimamente, molto più piccolo della nostra massa corporea ma che è incontrollabile, invisibile, ingestibile e di cui siamo tutte e tutti alla mercé. No, #nonandratuttobene. Non sta andando per niente tutto bene: i morti che ogni giorno contiamo ci parlano di un comportamento sociale che elude le più elementari norme di contenimento del virus: attingendo a quell’egoismo di cui gran parte della nostra popolazione soffriva già prima dell’epidemia, c’è chi lo utilizza spavaldamente, pensando ormai di poter fare pic-nic, feste all’aperto, partite di calcio notturne, ipotizzare feste di laurea e, in fondo, ritenersi ‘immuni’ dalla possibilità del contagio. Nessuno, purtroppo, lo è.  Ne lo sarà più. Fosse non altro per il rispetto di quei 36.000 morti e più, che già contiamo dalla fine di febbraio ad oggi, e che ancora saliranno. Dovremmo tutte e tutti discutere, perché :“…La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione… ” sapendo che è possibile esser liberi solo nel rispetto della salute e dei diritti degl’altri. Evitando comportamenti, individuali , privi di qualsiasi buonsenso, di qualunque responsabile cautela verso sé stessi e verso la collettività. Il miglior modo per ricordare tutti quei nostri concittadini morti in modo anonimo, senza parenti accanto, in una stanza di ospedale affollata dall’impegno strenue di medici e infermieri, salutati da lontano da un solo parente nel momento del trasporto funebre, è assumere su noi stessi una vera coscienza, un senso comunitario dettato non solamente dalla paura ma dalla volontà precisa di giovare al Paese che è un concetto ben più alto della patria esclusivamente nazionalista, fatta sempre e solo di confini, distinzioni e peculiarità escludenti… E forse non andrà nemmeno tutto così male se la nostra coscienza civica, di cittadini responsabili che vigilano tanto sulla propria salute come di quella reciproca, adeguandosi alle restrizioni ad oggi imposte, quanto sul valore della democrazia, che non può smarrirsi mai, nel mare magnum dell’emergenza permanente. Occorre rimanere ben attenti nel distinguere le fasi dell’epidemia: dall’inizio al picco, dal picco alla fine. Se sarà stato così, lo sapremo soltanto quando l’epidemia sarà definitivamente cessata. Solo all’ora i nostri tanti egoismi potranno riemergere ancora più forti e pronti ad essere nuovamente sedotti dai profittatori dell’odio e del disprezzo generalizzato.  Quando il nemico invisibile, il piccolo patogeno che sconvolge il mondo, sarà sotto controllo, allora sapremo se avremo ancora bisogno, per vivere, di tornare a vedere nel più debole rispetto a noi, il nuovo nemico su cui scaricare tutte le nostre frustrazioni sociali e antisociali…

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