Coronavirus: «L’imperialismo» dei vaccini tra diplomazia e aiuti interessati. Ultim’ora: perchè è stato bloccato il vaccino Astrazeneca?

Sei domande sul vaccino Astrazenica. Quali Paesi hanno sospeso il vaccino Astrazeneca? Sono almeno 11, la maggior parte in Europa. I primi a bloccarlo sono stati Irlanda, Bulgaria, Danimarca, Norvegia e Paesi Bassi. Ieri anche la Germania, l’Italia, la Francia e la Spagna hanno di deciso di sospendere le somministrazioni in via del tutto precauzionale, così pure la Thailandia e la Repubblica Democratica del Congo. Mentre il Kenya ha confermato che utilizzerà il vaccino anti Covid Oxford-AstraZeneca per il suo piano di immunizzazione nazionale, respingendo le preoccupazioni sulla sua efficacia e sui possibili effetti secondari: lo ha reso noto un alto funzionario del ministero della Salute, secondo quanto riporta il Guardian. Ma in Africa la vaccinazione delle popolazioni sono un grosso problema. Infatti pochissimi i vaccini anti Covid per l’Africa: Ue e Usa hanno già acquistato abbastanza dosi di vaccino anti Covid per vaccinare due volte ogni suo abitante, ma l’Africa è rimasta pressoché senza. E anche con i vaccini, in quasi tutti i Paesi non c’è una logistica, siringhe e medici adeguati per una campagna vaccinale di massa. Un problema loro? Sbagliato. E se non ce ne occupiamo, rischia di essere un guaio per tutti. Ma tornando ad Astrazenica. Perché è stato sospeso? Perché in alcune persone che avevano ricevuto il vaccino, un numero molto limitato di casi, si sono formati dei coaguli di sangue e si teme che possa esserci un legame tra i due eventi. Nessuno ha ancora trovato la prova di questo nesso, ma la sospensione temporanea serve a fare ulteriori controlli per precauzione. Quindi non c’è ancora un legame confermato tra il vaccino e questi effetti? No. L’organizzazione mondiale della sanità ha detto che non ci sono prove di un collegamento tra il vaccino e i coaguli di sangue. Oggi (martedì) gli esperti dell’Oms si riuniranno per discutere della questione e così farà anche l’Agenzia europea per i medicinali (Ema). Giovedì arriveranno le conclusioni. Sia l’Ema che l’Oms hanno però detto che il vaccino dovrebbe continuare ad essere utilizzato. L’Ema infatti ritiene che ad oggi il numero di trombosi riscontrato nei vaccinati non sia maggiore di quello osservato nella popolazione generale. L’agenzia del farmaco del Regno Unito, Paese che ha fatto un uso massiccio di Astrazeneca – con circa 10 milioni di vaccinati – ha spiegato alla Bbc che “dato l’elevato numero di dosi somministrate e la frequenza con cui la trombosi sanguigna può verificarsi naturalmente, le prove che abbiamo non suggeriscono che il vaccino sia la causa”. AstraZeneca, in un comunicato diffuso domenica, ha spiegato che “un attento esame di tutti i dati di sicurezza disponibili sugli oltre 17 milioni di vaccinati nell’Ue e nel Regno Unito non ha mostrato alcuna evidenza di un aumento del rischio di embolia polmonare, trombosi venosa profonda o trombocitopenia”. I casi segnalati di coaguli di sangue sono meno di 40, ha spiegato l’azienda. Astrazeneca ha altri effetti collaterali? Gli studi clinici hanno mostrato alcuni effetti collaterali: i principali sono dolore e un aumento della sensibilità nel punto in cui viene fatta l’iniezione. Ci possono essere altre reazioni come la febbre, dolori muscolari o mal di testa. L’efficacia del vaccino è in dubbio? No. L’Ema e l’Oms ribadiscono che “i benefici dei vaccini continuano a superare i rischi” e che – dice l’Oms – non c’è nessun motivo per non usare “il vaccino di AstraZeneca”. L’efficacia di Astrazeneca contro le forme sintomatiche di Covid-19 si aggira intorno al 60%. Qual è la posizione dell’Italia? Il presidente del Consiglio ha spiegato che “la decisione di sospendere in Italia la somministrazione del vaccino Astrazeneca è stata adottata insieme al ministro della Salute Speranza e in linea con gli altri Paesi europei, ed è temporanea e cautelativa, in attesa delle prossime valutazioni da parte dell’Ema” previste come già accennato per giovedì prossimo 18 marzo… Ma vediamo più esattamente cosa si muove dietro le quinte di una distribuzione alquanto poco solidale di questi particolari farmaci? Ci ricorda Giorgio Ferrari, dalle pagine del Blog Avvenire.it che: «Nell’estate del 1853 l’ammiraglio Matthew Perry guidò uno squadrone di navi dallo scafo dipinto di nero che irruppe nel porto di Tokyo per costringere gli shogun ad accettare di stabilire un rapporto commerciale fra il Giappone e gli Stati Uniti. Se non lo avessero fatto, questo il messaggio affidato al commodoro Perry e ai suoi cannoni dal presidente americano Millard Fillmore, le navi a stelle e strisce avrebbero bombardato la città. Cinquant’anni dopo venne adottato universalmente un termine per definire la volontà di espansione geopolitica delle grandi potenze. Lo si chiamò ‘imperialismo’. A dispetto di quanto si possa credere, l’imperialismo non è mai passato di moda e i suoi fini sono rimasti immutati. Al posto delle cannoniere oggi ci sono strumenti di persuasione più sofisticati. Come il possesso di materie prime. O come per l’appunto i vaccini». Orbene, centosettant’anni dopo l’incursione di Perry, esattamente alle 6 del mattino del 29 dicembre 2020, un Boeing 777 cargo della Turkish Airlines proveniente da Pechino è atterrato all’aeroporto di Istanbul con a bordo un lotto di 3 milioni di vaccini anti-Covid prodotti dall’azienda cinese Sinovac Biotech. Altri 50 milioni di dosi dell’antidoto sono attese nelle prossime settimane, sempre a un prezzo di favore. Una replica di quanto avvenuto un mese prima nell’aeroporto brasiliano São Paulo-Guarulhos. Là ad attendere l’aereo cargo cinese c’era anche João Doria il governatore dello Stato di San Paolo. Si trattava di un carico prezioso e talmente strategico da indurre le autorità a scaricare rapidamente la carlinga del velivolo e trasportarne il contenuto in una località segreta. Ma difficilmente un carico di quella mole poteva sfuggire agli sguardi indiscreti del personale di terra. Perché a bordo del Boeing c’era una serie di container refrigerati che contenevano 120mila dosi di CoronaVac, primo lotto di una partita di 6 milioni di dosi del vaccino anti-Covid della Sinovac che fin dal suo primo apparire nella fase di sperimentazione ha offerto incoraggianti risultati, parzialmente riconosciuti anche dalla rivista The Lancet Infectious Diseases, vera e propria Bibbia della ricerca mondiale sui farmaci. Il resto del carico sarebbe arrivato poco dopo, in modo da poter essere utilizzato fin dai primi giorni di gennaio del corrente anno. Con un vantaggio tecnico rispetto a vaccini consimili: il CoronaVac può essere conservato in un refrigeratore standard ad una temperatura fra 2 e 8 gradi centigradi, gli stessi previsti per un normale vaccino anti-influenzale, ben lontani da quei -72 che altri preparati richiedono. La bassa temperatura di sicurezza garantisce tra l’altro la stabilità del vaccino per almeno tre anni, rendendolo adatto al trasporto in luoghi remoti. In altre parole il CoronaVac made in China è un asset strategico. Come le armi da guerra, come i sistemi radar più sofisticati, come la cyber war. Ma su quel Boeing c’era qualcosa di molto più importante di una semplice partita di vaccini. Le fiale di Corona-Vac sono un prezioso biglietto d’ingresso per la corsa alla presidenza del Brasile del sessantatreenne João Doria, rampollo dell’influente famiglia originaria di Genova e rivale dichiarato di Jair Bolsonaro. Con la sua crociata contro l’aborto e la depena-lizzazione delle droghe il governatore Doria punta a sfidare nel 2022 Bolsonaro. E una delle armi sarà proprio il CoronaVac cinese, da opporre all’AstraZeneca, che Bolsonaro, dapprima negazionista, quindi – a fronte di un’ecatombe nazionale che finora ha fatto 175mila vittime – ha scelto, convertendosi alla necessità di una vaccinazione di massa. Naturalmente, i due di cui sopra, non tengono conto che la scorsa settimana l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva è stato scagionato definitivamente da tutte le false accuse giudiziarie e candidandosi come ha già detto che ha intenzione di fare è lui il favorito alle presidenziali 2022. Ecco che, accanto all’accaparramento dei vaccini da parte dei Paesi ricchi, Cina e Russia utilizzano i loro antidoti anche per allargare le rispettive sfere di influenza geopolitica… Come s’intuisce, non si tratta soltanto di una legittima competizione commerciale fra due aziende. Big Pharma ci ha abituato a simili scenari. Già una decina d’anni fa un rapporto di Eurispes parlava di ‘imperialismo sanitario’, dal momento che le prime dodici compagnie farmaceutiche mondiali erano concentrate in pochi Paesi, su tutti gli Stati Uniti (e sui vaccini, anche il neo presidente Biden è per un’America first) seguiti da Russia, India, Canada, Israele e, da non molti anni, la Cina. Un ‘moloch’ oligopolistico, in grado di orientare e condizionare la salute di milioni di individui. Grazie soprattutto a una poderosa offensiva di marketing, perché principale (ma diremmo unico) scopo delle aziende farmaceutiche è quello di vendere i propri prodotti. Oggi però siamo a un salto di qualità. E mentre da Macron a Putin, da Xi Jinping a Modi tutti a parole proclamano – sulla scorta dell’appello lanciato fra gli altri dalle organizzazioni della People’s Vaccine Alliance – la necessità etica del vaccino come ‘bene pubblico globale’, nel retrobottega della politica e dell’industria farmaceutica si affilano le armi. Perché chi offre e somministra il vaccino guadagna e conquista potere e influenza. La Cina lo ha compreso fin dai primi momenti. La partita di giro è a suo modo semplicissima. Secondo uno studio di Airfinity, i Paesi ricchi, nei quali risiede il 14% della popolazione mondiale, hanno già acquistato il 53% di tutti i più promettenti vaccini sul mercato. Viceversa ben 67 Paesi a basso e medio-basso reddito come Kenya, Myanmar, Nigeria, Algeria, Pakistan e Ucraina, dove si registrano ormai oltre 2 milioni di contagi, rischiano di essere lasciati indietro. Ed è qui che la Cina, ma anche la Russia, offrono e offriranno a prezzi scontati i propri CoronaVac, il proprio Sputnik V. Un’offerta allettante, già presa in considerazione oltre che dal Brasile da Argentina, Uzbekistan, Bielorussia, Messico, Ungheria. La Cina punta ad affermarsi sul proscenio mondiale come grande potenza tecnologica oltre che come insostituibile partner commerciale. Perché la concessione del vaccino reca con sé un indotto fatto di refrigeratori, magazzini di stoccaggio, sistemi di distribuzione, presidi sul territorio per la vaccinazione di massa. Una versione umanitaria – ma non certo meno intrisa di avidità – del ‘land grabbing’, la corsa predatoria all’appropriazione di terre per la produzione di monoculture e l’estrazione mineraria, di cui la Cina è campione mondiale, seguita a poca distanza dagli Stati Uniti, dal Canada e poi da Regno Unito, Russia e Svizzera. Una corsa che secondo la Focsiv non è del tutto estranea al diffondersi della pandemia, vista la sistematica distruzione degli ecosistemi e il conseguente cambiamento climatico che il ‘land grabbing’ può provocare. Ma poiché pecunia non olet, il business planetario ha investito il vaccino del medesimo crisma delle materie prime. Come fino a oggi il petrolio e gli idrocarburi hanno potuto condizionare la vita economica di un Paese (pensiamo soltanto a come Hugo Chávez per anni sostenne finanziariamente Cuba regalandole vasti cespiti della propria produzione petrolifera in cambio dell’eccellente assistenza medica che L’Avana poteva assicurare al disastrato e arretrato sistema sanitario venezuelano, senza contare gli effetti degli choc petroliferi, su tutti quello del 1973), nel prossimo futuro chi gestirà e aprirà i rubinetti dei vaccini conquisterà posizioni di forza e di preminenza. Dalla Turchia al Brasile, dal Kenya al Pakistan, dall’Argentina all’Ucraina si espande l’offerta a prezzo vantaggioso di nuovi ritrovati per prevenire il Covid. Una cessione che non è solo business. In questa pelosa operazione caritatevole che vede cinesi e russi (ma non soltanto loro) pronti ad offrire a prezzi competitivi il proprio vaccino ai Paesi meno fortunati s’intreccia uno degli aspetti meno nobili (per non dir altro) di Big Pharma: quello di testare sulle nazioni considerate politicamente più fragili gli effetti sperimentali dei nuovi ritrovati. Lo aveva descritto con impietosa esattezza John LeCarré (scomparso poche settimane or sono) nel suo The Constant Gardener, storia di un vaccino contro la tubercolosi testato in Kenya sulla popolazione ignara ed inerme, con effetti letali per molti dei pazienti. Perché fino a questo momento un velo sottile di opacità attornia molti dei preparati russi e cinesi. «A priori – dice Cecil Czerkinsky, direttore della ricerca Inserm presso l’Università di Nizza – tutti i vaccini testati su larga scala funzionano, ma non sappiamo per quanto tempo proteggono. Anche perché le comunicazioni dell’industria sono principalmente dirette ai mercati finanziari piuttosto che alla comunità scientifica». E ancora: «Le informazioni scientifiche disponibili sui vaccini cinesi o russi probabilmente non sono false – riconosce Brigitte Autran, membro del comitato scientifico sui vaccini Covid-19 e medico dell’ospedale Pitié-Salpêtrière – ma lo è il modo di renderle pubbliche: mancano di precisione, trasparenza e rigore per essere sicuri. Senza contare il muro di opacità sull’etica delle sperimentazioni». E questo rimane il principale problema della diffusione dei vaccini anti Covid-19. Ma non per tutti, come si vede… Infatti, anche il blocco del vaccino Astrazenica da parte dei principali Paesi europei (Germania, Francia, Italia, Spagna e Olanda) nasconde una strategia politica che sulla produzione dei vaccini in questa fase mostra una faglia divisiva all’interno dell’occidente tra l’Europa e l’America. Infatti l’Europa, con in testa Draghi è in pressing sull’Ema. A Palazzo Chigi crescono rabbia e preoccupazione per i ritardi dell’Europa sui vaccini. Giovedì è probabile un nuovo via libera su Astrazenica ma la fiducia nel farmaco sembrerebbe  ormai in parte compromessa. Intanto la UE punta su Pfizer, nel secondo trimestre potrebbe arrivare a consegnare più del previsto, fino a 200 milioni di dosi e accelera su Sputnik V. L’Italia a fari spenti ha comunque fatto sapere ai partner che intende usare Sputnik e a Bruxelles è stato l’unico Paese a chiedere di acquistarlo con un contratto unico a livello Ue, come gli altri vaccini in uso oggi.  Vedremo nelle prossime settimane quali saranno gli effetti collaterali che gli interessi commerciali e quant’altro qui accennato avranno ulteriormente sul già ampio ritardo con cui prosegue la vaccinazione di massa in Europa, con eccezione dell’Inghilterra, che col vaccino Astrazenica (di cui ha avuto ampia fornitura) ha già vaccinato gran parte della sua popolazione…

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