Covid-19: Draghi o non Draghi i segnali di Meloni e Salvini alla galassia no vax ci ricordano il rischio che ancora corriamo…

Auguriamoci che tutto vada per il meglio, che nuove varianti o altre sorprese non ci riprecipitino indietro, con effetti non prevedibili sulle reazioni della popolazione. Perché in molti sono già ai nastri di partenza, pronti ad alimentarle e sfruttarle nel modo peggiore. A quanto pare, l’unica cosa su cui Giorgia Meloni e Matteo Salvini vanno ancora d’accordo è la necessità di non vaccinare i propri figli. Va detto che la surreale rincorsa tra i due, su un tema così delicato, potrebbe essere un effetto ottico determinato dal ciclo delle notizie e dei talk show. In questo caso, infatti, a rilanciare tutto il campionario degli pseudo-argomenti dei no vax sul vaccino «in sperimentazione», sul vaccino che non proteggerebbe dal contagio e sui giovani che avrebbero maggiori possibilità di essere colpiti da un fulmine che di ammalarsi gravemente per Covid, a onore del vero, è stata la leader di Fratelli d’Italia. Ma la sua uscita ha sollecitato una domanda analoga a Salvini, il quale ha risposto che neanche lui farà vaccinare la figlia. Si tratta in ogni caso di prese di posizione pubbliche molto significative da parte di due dei principali esponenti della destra italiana. Significative perché sui vaccini persino i più sfrenati campioni del populismo mondiale, come Donald Trump e Boris Johnson, hanno tenuto una linea ben diversa. Anche qui, per essere precisissimi, bisognerebbe dire più il secondo del primo, ma è pur vero che lo stesso Trump, con tutte le sue ambiguità, quando ha parlato in un comizio delle sue tre dosi e il pubblico ha cominciato a fischiarlo (a riprova di quale pubblico si fosse ingraziato fino a quel momento), ha reagito con fermezza, vantandosi anzi di avere salvato milioni di vite proprio grazie all’impegno sui vaccini. Naturalmente né Meloni né Salvini si sono mai sognati di schierarsi apertamente e nettamente contro i vaccini, perché perderebbero molti più voti di quelli che guadagnerebbero. La politica non è però sempre un gioco a somma zero. E anzi caratteristica della politica attuale è proprio la possibilità di sommare diversi spezzoni di elettorato con proposte e messaggi anche diametralmente opposti, almeno fino a un certo punto. Ed è giusto per non superare quel punto che il segnale diretto ai no vax deve mantenere un certo livello di ambiguità, così da essere riconosciuto e apprezzato da chi lo condivide, ma non infastidire troppo gli altri, e possibilmente passare addirittura inosservato. È quella che gli americani chiamano politica del fischietto a ultrasuoni (dog-whistle politics), ed è un’arte in cui l’estrema destra eccelle da sempre (un buon esempio è attaccare George Soros per avere finanziato Più Europa parlando di «soldi degli usurai», come fece qualche tempo fa un indimenticabile manifesto di Fratelli d’Italia). Resta da capire perché Meloni e Salvini continuino a considerare conveniente un simile gioco. L’impressione è che, nella migliore delle ipotesi, ritengano utile mettere una fiche sulla galassia no vax, nel caso in cui le cose dovessero mettersi male, la situazione sfuggire di mano e lo scontro radicalizzarsi. Cara destra, oggi Nanni Moretti direbbe: “Con questi dirigenti non vinceranno mai”. Infatti, dopo il passo indietro di Berlusconi e il fallimento di Salvini nel ruolo di Kingmaker per un nuovo inquilino del Colle con conseguente appannamento della sua leadership nel centrodestra, si registra una desolante immaturità della Meloni, a partire dal personale per arrivare al planetario: democrazia parlamentare, vaccini, Russia. Tre risposte della leader di Fratelli d’Italia che dimostrano che per saper governare ci vuole ben altro. In una lunga intervista concessa alla Stampa, e titolata sulla sua preparazione a governare il Paese, Giorgia Meloni riesce passo dopo passo a dimostrare la sua radicale impreparazione a tutto. Si potrebbe prendere l’intera intervista, risposta su risposta, e riscriverla daccapo nel senso di un’idea di leadership, di maturità democratica, di contezza delle cose del mondo, a cominciare dal mirabolante passaggio in cui la Segretaria di Fratelli d’Italia denuncia la sospensione della democrazia perché “noi siamo gli unici in Europa in cui il premier non ha avuto alcuna legittimazione da parte del popolo, ma solo dal Parlamento, che ormai è poco rappresentativo del Paese”. In tre righe, si riesce a ribaltare con una giravolta e un colpo di tacco il succo della Costituzione, in cui c’è scritto che siamo una democrazia parlamentare, per cui la legittimazione del presidente del Consiglio può discendere soltanto dal Parlamento. Intendiamoci, simili ambiguità percorrono la destra radicale in tutto il mondo, ma almeno in Europa si tratta per l’appunto delle frange più estreme: qui, se ai leader di Lega e Fratelli d’Italia aggiungiamo anche le posizioni di una parte del Movimento 5 stelle, che verosimilmente comprende anche l’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, siamo dinanzi a un fenomeno ben più largo… Auguriamoci che tutto vada per il meglio, che nuove varianti o altre sorprese non ci riprecipitino indietro, con effetti non prevedibili sulle reazioni della popolazione. Perché in molti sono già ai nastri di partenza, pronti ad alimentarle e sfruttarle nel modo peggiore. In ogni caso, la persistenza di queste posizioni in una così larga parte della destra italiana (comprendendo nella definizione anche quel pezzo del Movimento 5 stelle, com’è giusto fare) ci ricorda quali rischi ci aspettino, fuori dalla bolla di razionalità e pragmatismo in cui siamo miracolosamente riusciti a rinchiuderci con il governo Draghi. E con la rielezione di Mattarella, che altro non è stato che il modo più efficace di difendere quel precario e miracoloso equilibrio. Ma la situazione lì fuori, quanto ai rapporti di forza reali nella società, non è così diversa da quella del 2018: la differenza principale è che un quindici per cento circa di voti populisti sembra essere passato dal Movimento 5 stelle alla Lega nel 2019, e dalla Lega a Fratelli d’Italia tra 2020 e 2021 (che siano effettivamente gli stessi o si siano dati il cambio con altri ha poca importanza: astenersi esperti di flussi elettorali). Sta di fatto che il vaccino contro il populismo, evidentemente, non lo abbiamo ancora trovato…

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