Democrazia: cosa pensare del panorama politico italiano?

La prima cosa che mi viene in mente riflettendo sul sistema politico italiano è che si tratta ormai di un sistema “distorto e inefficace”. Si direbbe più una “idiocrazia” che di una vera democrazia… La prima parte della parola è anch’essa di origine greca e viene tradotta come “persona ignara”. In medicina, il termine definisce il più profondo dei tre gradi di ritardo mentale ‘idiozia’. Nella vita di tutti i giorni viene utilizzato per caratterizzare una persona stupida, ritardata, limitata.  Combinando le due parti, otteniamo per l’appunto: “idiocrazia” è una parola che ci dice che il nostro sistema politico, mette il potere nelle persone con basso quoziente intellettivo. Non è un problema esclusivamente italiano, perché forse è strutturale alla stessa forma politica della democrazia. Come funziona la “democrazia”? Privilegiando certe scelte rispetto ad altre, in base al proprio gruppo d’appartenenza ideologica (ma oggi le ideologie si dice che non esistono più!)… ma forse è più semplice pensare se parliamo di politici che questi guardano alla politica come al proprio parco-buoi elettorale. La nostra politica si basa sulla rappresentanza e non sulla competenza …questo è il vero problema! Il meccanismo naturale è questo: “se io sostengo questa tesi, in quanti voti elettorali si potrà tradurre?”. Un sistema assolutamente demagogico e finalizzato non ai reali bisogni e interessi del paese, ma del proprio successo personale in ambito elettorale. La democrazia oggi non pone più alcun limite a questa istintiva tendenza degli uomini politici e dei partiti che li rappresentano. Mentre la società consumistica traduce tutto in corrispondente valore di denaro, i politici all’interno di essa traducono ogni pensiero e azione in possibili voti. Guardiamoci bene intorno rispetto a questo dramma che è stata… pardon, che è la pandemia Covid-19, e a un dibattito politico misurato su di un’ora in meno di coprifuoco. Il risultato è che (per Costituzione) si creano molti fronti, chiamati poi ad una fusione quasi innaturale in prossimità delle elezioni (e a dire il vero, oggi, in una costante propaganda politica elettorale su ogni appuntamento di voto amministrativo quanto politico) in sostanza arrivando sempre a far coagulare forzatamente i due fronti opposti, che poi si tradurranno in “governo” ed “opposizione”. Il paradosso è che da alcuni anni alcuni partiti indossano contemporaneamente “felpa” e “giacca e cravatta” mischiando i due ruoli… i così detti: partiti di governo e opposizione alla stesso tempo. Come può funzionare bene un sistema nel quale l’unico obiettivo dell’opposizione è solamente quello di denigrare qualsiasi decisione governativa per sperare di catturare più voti e vincere le elezioni successive? Ipotizziamo che (per pura combinazione!) salga al governo una coalizione veramente capace (governo Draghi?) che in qualche anno riesca obiettivamente a dare un forte impulso al paese, risolva molti problemi, ecc. ecc. Pensate che l’opposizione ne riconoscerebbe i valori? Chiaramente no! Se contemporaneamente nel governo siedono partiti che praticano contemporaneamente i due ruoli. Pensate che, considerando l’ottimo lavoro svolto, le forze dell’opposizione (esterne e interne al governo) potrebbero appoggiare la coalizione governativa per un’altra legislazione guardando solo al bene comune del Paese? Ma ci rendiamo conto di quanto è impraticabile un atteggiamento di questo tipo nello schema del nostro sistema politico? Il nostro sistema parlamentare porta ad un ruolo distorto delle due parti contrapposte, come quello dei nostri tribunali, che mettono due opposte fazioni a recitare la parte dell’inquisitore e del difensore. E’ ovvio che ognuno dei due vorrà vincere lo scontro (prescindendo dalla reale innocenza o colpevolezza) e userà qualsiasi mezzo pur di riuscirci. Questo sistema uccide il principio cooperativo e solidaristico, che invece dovrebbe privilegiare l’interesse superiore del paese. Il risultato è che l’elettorato ne resta frastornato e disorientato, finendo inevitabilmente per allontanarsi dalla politica. La frase più diffusa da noi è: “tanto non cambia niente, tutti uguali”. Se il cittadino ascolta gli esponenti governativi gli sembra che abbiano operato al meglio, così come se dà ascolto all’opposizione si convince che il governo è composto da incompetenti, ladri, bugiardi e via dicendo, che stanno mandando in malora il paese. Lo scontro danneggia parimenti entrambe le fazioni e le leggi che vengono prodotte saranno dei compromessi tra due o più idee opposte (idee opposte spesso per “partito preso”, che non per convincimento razionale). Il nostro sistema politico, poi, con due camere chiamate a valutare le stesse leggi, porta inevitabilmente le fazioni opposte a scontrarsi e boicottarsi e a inconcepibili lungaggini. E per giunta il nostro sistema mediatico di diffusione dell’informazione è distorto dalla consapevolezza che “solo una brutta notizia fa notizia”, per cui anche un governo che agisca bene passa inosservato! Le problematiche e le scelte cui è chiamata la gestione governativa sono tante e molto complesse, coinvolgendo strati sociali differenti, spesso con interessi opposti, economie nazionali che devono confrontarsi con tutto il resto del mondo, eredità tragiche del territorio devastato da precedenti politiche scellerate, esigenze di sviluppo e realizzazione di grandi opere, sistemi scolastici, salute pubblica, rapporti diplomatici e conflitti con paesi esteri, importantissime questioni etiche e morali, diritti di categorie da proteggere, evasione fiscale, sicurezza, insofferenze razziali, ecc. ecc. Senza tirare in ballo il particolare problema delle interferenze religiose e del mondo della politica e della finanza, dei sindacati e delle lobbies, che pur ci sono e che si fanno sentire pesantemente, condizionando e compromettendo ulteriormente le possibilità decisionali sui problemi sociali ed economici. Pensiamo solamente a cosa succederebbe se un nuovo governo accogliesse l’idea che i trasporti di merci sarebbe molto meglio se viaggiassero di più su rotaia anziché sulle autostrade (famoso a riguardo il fu piano generale dei trasporti e della logistica del 2001, che guardava ad un sistema dei trasporti più integrato e meno squilibrato tra le varie modalità). Se ciò venisse ri-proposto probabilmente ci sarebbe di nuovo un blocco dei trasporti per via dello sciopero del trasporto merci su gomma, che è la principale modalità dei nostri trasporti . Quindi sarebbe alla fine una mossa alquanto impopolare e disastrosa, che non ha funzionato una volta e che probabilmente non funzionerebbe nemmeno oggi. Un bombardamento di problemi, uno scenario di guerra. E dentro questo scenario cosa fanno le forze politiche? Qual è il loro maggiore impegno? Dividersi e sparare a zero sull’avversario! Altro che risolvere i problemi del paese! Mi meraviglio sempre quando sento che, malgrado tutto questo, qualcosa viene pur fatto, che qualche legge (pur sempre zoppicante o tortuosa) riesce a passare, che qualche grande opera di ammodernamento viene avviata (magari per cadere poi alla legislatura successiva, che non ne vede l’utilità di proseguimento). Abbiamo presente quante “cattedrali nel deserto” ci sono nel nostro paese? E i cittadini? Beh sono a loro volta strumentalizzati dalle forze d’opposizione contro qualsiasi iniziativa che possa anche minimamente comportare dei sacrifici diretti o indiretti per loro. E’ molto facile produrre scontento, rabbia e volontà di lotta, quando un progetto presenta una strada che deve passare proprio vicino a casa vostra, o una discarica nel vostro comune, o una nuova tassa contro la vostra categoria, e via dicendo. Fare leva sull’egoismo è prassi di politica quotidiana e serve solamente a bloccare i programmi o le necessità improrogabili. La nostra forma sociale è chiamata ogni giorno a scegliere tra sacrifici in nome del progresso, sacrifici in nome della qualità dell’ambiente, sacrifici in nome di una maggiore equità di distribuzione dei beni o dei diritti. Sempre sacrifici e mai vantaggi?! Pensiamo a come un ambiente ideale andrebbe inteso, ovvero: privo di asfalti, cementi, binari, fabbriche, case, aeroporti, ecc. ecc. Ma ci andrebbe veramente bene? O ci sarebbe una rivoluzione, se un governo decidesse di garantire solamente la qualità ambientale? I cittadini da parte loro vorrebbero sempre il massimo dei diritti senza piegarsi a nessun dovere, il ché è forse istintivo, ma impossibile e anche ingiusto. Stando a queste distorsioni come si può pensare di governare ed essere applauditi anche quando si lavorasse al meglio? Come dicevo, il problema vero è la corsa al potere, che innesca il principio di intolleranza, disfattismo e ostruzionismo verso l’operato del governo in carica, in vista di vantaggi per le successive elezioni. Questo meccanismo in alcuni paesi non si presenta in toni così gravi come da noi. Negli Stati Uniti, per esempio, una volta eletto il nuovo presidente i due schieramenti politici concorrono pacificamente (o quasi) alla gestione politica del paese, sostenendo il più possibile il presidente incaricato (ma con gli occhi bene aperti a detronizzarlo in caso di gravi inadempienze… e mi sembra giusto). Si certo, abbiamo conosciuto un tempo Nixon e lo scandalo politico del Watergate nel secolo scorso… e in questo Trump con l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti una rivolta attuata da parte dei suoi sostenitori contestare il risultato delle elezioni presidenziali e sostenere la richiesta di Trump al vicepresidente Mike Pence e al Congresso di rifiutare la proclamazione di Joe Biden alla Casa Bianca… ma alla fine tutto si è ricomposto dentro le regole del sistema Democratico americano. In Italia non esiste il sistema presidenziale e con tutta probabilità (nonostante qualche tentativo di forzatura istituzionale) non abbiamo ancora un sufficiente senso democratico e collaborativo per scegliere questo sistema politico. Allo stesso tempo abbiamo ancora il ricordo del fascismo e delle nefaste conseguenze. E allo stato attuale la forma parlamentare resta a mio avviso la migliore auspicabile. Ma allora, secondo questa visione, non c’è modo di governare un paese o è la nostra forma democratica ad essere sbagliata? Lungi da me pensare che una popolazione non sia governabile ne tanto meno voglio ripetere la storica frase di W. Churchill sulla democrazia (“È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”). Ma voglio invece sostenere che la politica dovrebbe anche saper correggere via via nel tempo, correggere i nostri sistemi democratici, cercando razionalmente le formule più adatte alla complessa gestione dei temi economici e sociali che si presentano, preservandone i valori ispiratori e non legando, vincolando la democrazia alle elezioni ed agli interessi/ambizioni di gruppo e personali. Prima di tutto prendiamo coscienza che non diffondiamo e non educhiamo a sufficienza i cittadini al concetto di “bene comune” e così non li si prepara ad accettare l’idea che nella società si debbano anche fare dei sacrifici o tenere nel cassetto certi desideri non sempre soddisfabili. Anzi, si fa di tutto per sollevare il maggior numero possibile di desideri, spacciandoli per “bisogni irrinunciabili”, a modo di veri e propri spot pubblicitari veicolando modelli di stile di vita discutibili. In quanto assolutamente distopici in quanto irraggiungibili dalla maggior parte dei cittadini! I temi che attualmente devolviamo alla gestione politica sono di due tipi: questioni etico-sociali e questioni a forte componente economica. Un politico qualsiasi può alternativamente ricoprire incarichi governativi di un tipo o dell’altro. Così spesso abbiamo a che fare con persone assolutamente incompetenti e dominate spesso da poteri esterni. A questa critica si risponde che il politico deve essere, per definizione, estraneo alla conoscenza tecnica dettagliata dei fatti di cui discute. Questo perché abbiamo già sperimentato governi cosiddetti tecnici e ne abbiamo riscontrato i limiti e i danni ed anche perché al servizio dei nostri politici ci possono comunque essere tecnici competenti, che forniscano loro tutti i dati di cui abbisognano. Se così fosse, allora, il politico sarebbe semplicemente il portavoce di uno stuolo di anonimi consiglieri tecnici, che sfuggono al giudizio del grande pubblico, non essendo coinvolti in prima persona dai suggerimenti che forniscono. Ma veniamo alla differenza tra democrazia diretta e indiretta. Mi sembra di poter escludere che il cittadino sappia occuparsi professionalmente e prendere decisioni valide su delicate e complicate questioni politiche. Per questo motivo la delega al politico è indispensabile, anche se su scelte di tipo sociale sarebbe sempre doveroso ascoltare la popolazione… Ma non mi spingerei oltre, visto che poi i referendum popolari sono facilmente elusi da leggi successive. E se molti cittadini non sentissero l’obbligo di rispettare alcuna regola democratica ritenuta comunque restrittiva di una libertà individuale indiscutibile! Forse bisognerebbe interrogarsi di più sul fatto se è democrazia …anche quella che tradisce ormai da lungo tempo …il desiderio del 50% dei suoi cittadini di un modo di governare diverso, che si richiami ai valori della nostra costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”…

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