Elezioni: l’elettore razionale non esiste, ma andrebbe inventato entro domenica…

Domenica si vota. E la situazione politica appare sempre più caotica. I partiti sovranisti sono in testa nonostante mostrino quotidianamente di essere sempre più profondamente antitaliani. Il paradosso è che gli unici che voteranno in un modo sensato, sono quelli che invocano «il papà del reddito di cittadinanza». Mentre si evidenzia che una scelta ragionevole per votare sarebbe solo quella di lasciare a Palazzo Chigi Mario Draghi l’uomo delle istituzioni più autorevole e rispettato d’Occidente. (mentre Lui esclude di volerci restare o meglio tornare) Si, insomma, nel caos assoluto e incerto di quel che le elezioni produrranno, si discute anche del mito dell’elettore razionale che ha illuso generazioni di strateghi politici e anche questa volta inseguirlo serve solo a farsi del male. Sì, perché l’elettore razionale non esiste. Basta vedere i sondaggi che premiano le proposte più stravaganti e masochiste. La maggioranza relativa degli italiani domenica voterà per i leader che si definiscono sovranisti, nonostante i loro partiti abbiano come programma preciso e unico, la demolizione delle protezioni, delle coperture e dei privilegi politici, sociali e finanziari che le tradizionali alleanze internazionali garantiscono all’Italia e che un personaggio unanimemente rispettato come Mario Draghi può rafforzare e addirittura moltiplicare. Se ci fossero elettori sovranisti e nazionalisti razionali dovrebbero fare campagna contro Giorgia Meloni e contro Matteo Salvini, due che con le loro proposte porterebbero (porteranno?) il Paese al fallimento e al commissariamento, se solo fossero in grado di realizzarle. Il paradosso come si accennava più sopra è che l’unico elettore razionale oggi è quello dei Cinquestelle. Chiedo scusa per la combinazione “razionale” e “Cinquestelle” nella stessa frase, ma perlomeno chi al Sud (ma anche al Nord) prende il reddito di cittadinanza è normale che, di fronte agli altri partiti che propongono di cancellarlo o di modificarlo, nella situazione data, scambi il proprio voto con la promessa di Giuseppe Conte, che in Sicilia chiamano «’u papà d’u reddito», di mantenerlo e anzi di rafforzarlo. Tutti gli altri italiani, se un elettore razionale esistesse davvero, dovrebbero al contrario scegliere Draghi, che nel frattempo è stato eletto “miglior Statista dell’anno”, che i nostri vari leader politici invece si sono battuti, tutti contro tutti, per cacciare con ignominia. Draghi (diamo a Cesare quel che è di Cesare) ha sicuramente salvato il Paese dalla pandemia, ha preparato un Pnrr per la ripartenza, che chi lo aveva proceduto non era stato in grado nemmeno di scrivere per bene. Ha ottenuto i finanziamenti e i fondi europei, ha dato credibilità, centralità e soprattutto autorevolezza all’Italia e ha addirittura guidato l’Europa e il mondo sulla crisi russa e su quella energetica. Se oggi siamo vivi, se oggi siamo in ripresa, se oggi stiamo investendo i soldi europei lo dobbiamo in gran parte a Mario Draghi, e a chi ha trovato il modo di farlo arrivare (il presidente della repubblica Mattarella). E se oggi l’Ucraina resiste e caccia indietro gli invasori russi un po’ è anche merito suo, di Mario Draghi, del leader che per primo ha escogitato il modo di congelare gli asset esteri della Banca centrale russa e che poi ha guidato Emmanuel Macron e Olaf Scholz nello storico, emozionante e ammirevole viaggio a Kiev. Che in testa ai sondaggi ci sia invece il partito più anti-draghiano e più antitaliano d’Italia, quello guidato da Giorgia Meloni, è la dimostrazione esatta che l’elettore di questo tempo impazzito non è un’entità razionale. E sia chiaro nemmeno gli autori e gli estimatori del Terzo polo (Calenda, Renzi & C.) che tentano di tornare in parlamento a difesa di una agenda Draghi (ma quali sono oltre ciò le proposte politiche del Terzo polo?) sapendo già che Draghi non ci sarà, non brillano certo di razionalità… e si capisce benissimo, che tentano l’avventura elettorale mettendo insieme i loro smisurati ego, sperando che così in due, si possa fare almeno un 5% e forse qualcosa di più, per poter restare in parlamento. A che fare? Non certo …due Draghi. Meloni sputacchia «è finita la pacchia» contro l’Europa, mettendo così a rischio la straordinaria solidarietà dimostrataci dalle istituzioni europee durante il Covid e nel post Covid. Che lo faccia anche nel momento in cui la solidarietà risulta ancora più necessaria, non solo per continuare l’opera di ricostruzione e di ripartenza, ma anche perché stiamo entrando nel momento decisivo della crisi energetica, è ancora più incredibile. Così come è imbarazzante che lei e il suo gemello di anti-italianità Matteo Salvini si siano schierati con il portavoce europeo di Putin che risponde al nome di Viktor Orbán. Contro le istituzioni europee sulle ripetute e palesi violazioni dello Stato di diritto in Ungheria. Il risultato è che l’Europa fermerà i finanziamenti all’Ungheria, finché Budapest non porrà rimedio alle porcate fatte in casa su giustizia, leggi elettorali, informazione, diritti civili e politici. Mentre i sedicenti patrioti Meloni e Salvini tentano di far diventare l’Italia un centro di democrazia illiberale, una colonia di Putin e farle togliere duecento miliardi di aiuti e di finanziamenti europei. Vogliono demolire come l’amico Orbán lo Stato di diritto? Ah, se solo ci fosse un elettore razionale. Ma non c’è. Meloni, inoltre, chiede anche di rinegoziare il Pnrr, cioè vorrebbe continuare a ricevere i soldi europei ma senza adottare le riforme necessarie a modernizzare il Paese e a farlo ripartire senza antichi privilegi e storiche inefficienze. Tradotta in italiano, la proposta di Meloni vuol dire farci perdere i soldi che ci sono stati assegnati più che a qualsiasi altro Paese (e non perché siamo bravi o belli ma perché l’allora governo Conte 2 in affanno nel disastro sanitario dovuto alla pandemia e in quelli economici dovuti alla dimensione del nostro debito pubblico più di qualunque altro Paese europeo, aveva sollecitamente richiesto alla Ue. Fine! Rinegoziare con gli altri 26 Paesi dell’Unione e con l’Europa vuol dire uscire dal Pnrr e perdere oltre ai soldi anche lo scudo protettivo della Bce in caso di inesorabile crisi di differenza (spread) fra il valore dei nostri bond rispetto a quelli tedeschi, con la conseguenza che rifinanziare il debito pubblico sarà più difficile e più costoso per gli italiani. A questo si aggiunga anche il progetto di legge costituzionale a firma Meloni, mai ripudiato, sulla prevalenza del diritto interno su quello europeo, la cui conseguenza è la fine del mercato interno che ci ha fatto diventare la seconda industria manifatturiera d’Europa e quindi il disastro economico anche nelle zone del paese dove oggi le cose vanno bene. Insomma, la leader sovranista Meloni offre la prospettiva più antitaliana possibile ai suoi elettori, ma ne sarà cosciente o no? Dietro di lei c’è il suo principale alleato, Matteo Salvini, che dice in modo più confuso e meno coerente le stesse cose, ma in più si contende con il grillino Conte la leadership del partito più putinista d’Europa, lasciando alla Meloni il ruolo di rappresentante italiana dei vassalli ungheresi di Putin e dei nemici americani dell’Occidente di stanza a Mar-a-lago (e presto, si spera, che Trump risieda in qualche residenza federale che ospita i golpisti). Nonostante tutto ciò, il Pd purtroppo è destinato a una catastrofica sconfitta e a un futuro sempre più incerto, in mano a un gruppo dirigente che continuerà (Letta si Letta no) a far la caricatura di dirigenti post-comunisti e post-democristiani di un tempo, con l’unico obiettivo di sopravvivere a sé stessi. Anche l’unico vero messaggio elettorale del Pd, ovvero l’appello al voto utile perché la sfida sarebbe solo a due, tra Meloni e Letta, in questa situazione, appare privo di senso logico, prima ancora che politico, visto che è lo stesso Pd a temere che il vantaggio di Meloni sia così grande al punto che potrebbe ottenere il 70 per cento dei seggi. Un elettore razionale, se ci fosse, saprebbe bene che l’unica volta che si è votato con questa legge elettorale l’allora terzo polo, i Cinquestelle, ha vinto le elezioni e che poi, in Parlamento, visto che siamo una Repubblica parlamentare in cui le maggioranze si formano in aula, si sono fatti tre governi di segno diverso e opposto. Un elettore razionale, ad avercelo, capirebbe perfettamente che il voto è tutto utile, e che inutili semmai sono i ricatti dettati dalla necessità di coprire un fallimento politico. L’elettore razionale non esiste, ma andrebbe inventato. Possibilmente, entro domenica…

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