Elezioni: quali sono i doveri di Carlo & Matteo, qual è il senso politico del Terzo polo e un senso lo ha veramente?

Quattro le condizioni da rispettare per non sprecare un’occasione. Possono Carlo Calenda e Matteo Renzi rappresentare veramente  una novità vigorosa del panorama politico italiano? Penso di sì, ma non certo a tutte le condizioni. Possono incarnare una svolta in qualche modo utile alla nazione dopo la peggior legislatura di sempre (sul piano delle alleanze politiche di governo)? Penso di sì, ma non certo a tutte le condizioni. Provo allora a indicare i punti che darebbero un senso compiuto a questa avventura politica che è nuova ma non certo nuovissima, considerando che i protagonisti sono su piazza da un certo tempo (il governo Renzi con Calenda viceministro è del 2014). Punto primo: occorre prendere atto del risultato delle elezioni. Non è cioè vero che va bene qualsiasi numero, perché solo un successo almeno discreto dell’operazione può dare slancio al tutto, anche in considerazione del fatto che con elevatissima probabilità gli eletti della lista andranno all’opposizione. In soldoni occorre un risultato il più possibile lontano (verso l’alto) dal 5% per non immalinconire da subito l’avventura. Punto secondo: Calenda e Renzi devono prendere atto con onestà intellettuale che il loro patto deve andare ben oltre le candidature per essere una cosa seria. Quindi occorre saldare l’accordo elettorale in modo granitico per farlo diventare a tutti gli effetti un accordo politico, capace di generare una nuova e vera forza liberale/riformista (di cui c’è un gran bisogno in Italia) in grado di proporsi agli italiani in quanto tale per un periodo medio-lungo, per crescere e avendo come obiettivo minimo le prossime elezioni politiche (teoricamente nel 2027). Punto terzo: la lista messa su in pochi giorni deve diventare un movimento articolato e presente sul territorio. In verità Azione e Italia Viva hanno già fatto passi avanti in tal senso, ma c’è molto da lavorare per aprirsi in modo robusto e costante ad innesti di società civile che da tempo sono fuggiti a gambe levate da ogni impegno politico (si guardi ai candidati di tutti i partiti al Parlamento per averne conferma). È impresa faticosa e logorante costruire un nuovo e vero partito, ma proprio per questo indicativa di una scelta strategica e non tattica. Punto quarto: l’approccio liberale e riformista va interpretato in modo radicale e con scarsissima inclinazione verso il compromesso al ribasso. Quindi si può lavorare con massimo senso di responsabilità istituzionale, avendo però anche ben chiaro che ogni adesione a future maggioranze di governo può avvenire solo in presenza di una solidissima piattaforma programmatica, perché ammucchiate varie sull’onda dell’emergenza servono a ben poco e fanno una brutta fine persino quando le guida uno come Mario Draghi. Calenda e Renzi (se smettono di fare i “pierini” della situazione scardinando governi e altri partiti, rappresentano un’occasione potenzialmente preziosa per una parte della borghesia italiana, da tempo priva di punti di riferimento. Se troveranno quindi una prima conferma fra due settimane sarà loro dovere non sprecarla, ricominciando a litigare su chi è il Capo e su qual è il senso del terzo polo e se lo ha veramente…

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