Governo: Conte riunisce la maggioranza. Ma la vera verifica è destinata a slittare…

Non c’è alcun dubbio che una verifica della tenuta della maggioranza  e della sua agenda futura  è sempre più necessaria… ma proprio l’emergenza Covid impone prudenza nel percorso di confronto interno allo schieramento governativo. Conte riunisce comunque la maggioranza raccogliendo le spinte ad un confronto del Partito democratico e di Italia viva.  Ma la verifica vera e propria è probabilmente destinata a slittare ancora. Certo i leader di maggioranza si ritrovano tutti intorno al tavolo insieme al premier Giuseppe Conte, ma l’incontro – dicono tutti già prima di iniziare – sarà solo un primo contatto, una specie di prova generale, perché in realtà sarà difficile entrare nel vivo della discussione. Il fatto è che sia Matteo Renzi che Zingaretti avevano cominciato a chiedere una “verifica” di Governo, un “tagliando”, con anche un possibile rimpasto già subito dopo le regionali, quando ancora l’epidemia sembrava sotto controllo. Entrambi i partiti pensavano di poter ridiscutere programma e assetto di governo, per poter poi affrontare in questi mesi la delicata partita del Recovery plan e impostare il prosieguo della legislatura. Discorsi diventati invece impensabili, in questo momento di recrudescenza del virus: “sarebbe da pazzi oggi mettersi a parlare di rimpasto o di equilibri politici”, ammette un esponente democratico. “E’ probabile che si parlerà più dei contagi e dei lockdown che di politica”. E non a caso Conte, ieri sera lo ha detto esplicitamente rispondendo ad una domanda in conferenza stampa: “Non mi è stato chiesto da nessuna forza politica di operare dei rimpasti”. Certo, oltre al rimpasto c’era da discutere “l’agenda”, ma anche in questo caso – assicura una fonte dei dem – “si farà solo un primo giro d’orizzonte”.  Nella riunione di giovedì sera Giuseppe Conte, convocata nella location inconsueta del suo appartamento personale, per dare un tono di informalità, ottiene il massimo ottenibile dai leader dei partiti che compongono la sua maggioranza:  di fatto una tregua almeno fino al 2023.  Conte propone ai leader della sua maggioranza un patto di legislatura con la priorità di una riforma costituzionale del Titolo V. Il presidente del Consiglio fa la proposta di mettere il prima possibile ordine nei rapporti tra Stato e Regioni. L’obiettivo, dopo gli scontri degli ultimi mesi, e anche di queste ore, è quello di riportare la competenza sulla sanità a livello centrale. All’uscita Zingaretti e Crimi si mostrano soddisfatti. Il leader del Pd parla espressamente di “un patto di legislatura che vada oltre il Covid”, il capo politico M5s si spinge a dire che “siamo al lavoro per rinnovare l’accordo di governo”, e che “arriveremo uniti a fine legislatura”. Parole non esattamente in sincrono con quelle di Renzi. Il senatore di Rignano ammette che c’è stato “un passo avanti”, commentando quasi stupito la “sintonia forte soprattutto con il Pd, ma il suo orizzonte pare essere assai più limitato: “Entro fine mese si capirà se ci sono i presupposti per questo patto”. L’abilità del capo di governo è stata quella di procrastinare il “faccia a faccia” con gli altri partner del governo infilandola in un imbuto dal quale le pressioni per tagliandi e rimpasti faticano a uscire. La speranza di Italia viva e dell’ex premier era invece quella di arrivare a una sistemazione di obiettivi e della squadra di governo in questo inizio d’autunno. Ma alla fine dell’incontro Renzi: “Ho spiegato chiaramente che a me non interessa il rimpasto, ma i contenuti”, ribadendolo altresì ai suoi dopo l’incontro. È stato definito un piano di lavoro per i prossimi giorni, da realizzare entro la fine del mese, con due tavoli – fanno sapere a tarda sera da Palazzo Chigi. Il primo lavorerà per «aggiornare l’accordo di governo e per definire quei progetti di riforma istituzionale che peraltro sono già in buona parte sul tavolo della maggioranza». Il secondo tavolo lavorerà per «definire alcuni obiettivi e strategie di politica economica e sociale da perseguire in via prioritaria. È emersa, infine, la comune determinazione a lavorare tutti insieme avendo come orizzonte dell’azione di governo la fine della legislatura nel 2023». Accantonata definitivamente così per ora l’idea del rimpasto, la strada scelta dal Premier per serrare la maggioranza oltre la gestione della pandemia è stata quella di fare una revisione dell’architettura istituzionale per mettere ordine nei rapporti tra Stato e Regioni, che in questi mesi e soprattutto in questi giorni sono arrivati ai ferri corti. Il che significa rimettere mano al Titolo V della Costituzione per modificare la riforma del 2001, che divideva le materie di competenza tra Stato e Regioni, individuando però delle materie “concorrenti” che in questi anni hanno dato non pochi problemi. L’intento è di riportare a livello centrale molte delle competenze ora in mano alle Regioni, a cominciare dalla sanità. Una centralizzazione che era prevista anche dalla riforma costituzionale renziana, poi bocciata con il referendum. Ora, dopo quattro anni, sembra esserci la convergenza tra gli alleati. Restano distanti invece le posizioni sul Mes. Zingaretti e Renzi, forti anche del richiamo arrivato dal Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, hanno rimesso sul tavolo l’attivazione del prestito del Fondo Salva Stati per ottenere subito 36 miliardi per le spese sanitarie dirette e indirette. Crimi ha ribadito il suo no. Prima del chiarimento dei grillini agli Stati Generali, una risposta su questo fronte non può arrivare. Zingaretti e Renzi comunque vogliono un governo più deciso, meno attendista, lo hanno ripetuto più volte in queste settimane. Il Partito democratico insiste anche nella richiesta di trovare un dialogo con le opposizioni, anche perché è convinto che di fronte ai nuovi lockdown e alle proteste di piazza serva una risposta di tutto il nostro sistema istituzionale. Renzi, poi,  nella riunione ha ripetuto che la maggioranza può andare avanti “se fa le cose che servono al Paese”, lasciando appunto intendere che finora non è stato fatto abbastanza. Tutte manovre guardate con qualche sospetto da Leu, che non apprezza troppo gli ammiccamenti all’opposizione di Renzi, ma nemmeno quelli dei democratici. “Condividiamo l’esigenza di affrontare in maniera collegiale questa fase, è del tutto evidente che viviamo una fase straordinaria. Bisogna rafforzare dialogo tra le forze di maggioranza e avere la condivisione di un progetto unitario di gestione della crisi.  C’è da sperare che la discussione collegiale non diventi la scusa per rimettere in discussione equilibri di maggioranza”. Il Presidente di Leu Federico Fornaro chiosa: “Credo e spero che nessuno ponga questo problema, sarebbe difficile da spiegare al paese. Darebbe frecce all’arco della propaganda della opposizione”. Anche negli ambienti del Movimento 5 stelle si tende a circoscrivere l’importanza dell’appuntamento, dello scorso 5 novembre o almeno ad evitare di enfatizzarla. Fino a qualche settimana fa lo stesso Conte aveva chiarito che la verifica di maggioranza sarebbe stata posposta alla conclusione degli Stati generali, il “quasi congresso” del M5S che terminerà con l’assemblea plenaria del 15 novembre. Vito Crimi si siede quindi al tavolo con la convinzione che si tratti di un necessario “tagliando” delle cose fatte e da fare nel breve-medio periodo, soprattutto in relazione all’emergenza Covid 19 e al completamento delle riforme che avrebbero dovuto accompagnare il taglio dei parlamentari (“Bloccate dopo il niet di Renzi”, si fa notare). Insomma di fatto si è trattato solo del primo passo di un “percorso”, non certo la resa dei conti sugli assetti e sull’agenda di Governo per il prossimo biennio, che è rinviata a quando i 5 stelle avranno legittimato, negli Stati generali, “un nuovo gruppo dirigente, una nuova leadership” che li rappresenti nei rapporti con gli alleati e nella ridefinizione del patto di maggioranza. Magari fra un mese, in un nuovo vertice con i segretari della coalizione che supporta, tra uno scossone e l’altro, il Governo Conte 2. Per le stesse ragioni, anche negli ambienti stellati si tendeva già a escludere che potessero riaffacciarsi, nel conclave dello scorso giovedì col premiere e i leader di maggioranza, le pressioni per rimpasti e sostituzioni di ministri, come la titolare M5S dell’Istruzione Lucia Azzolina, sotto tiro da mesi da parte delle opposizioni ma talvolta anche degli stessi alleati: “Non è all’ordine del giorno e sarebbe una follia, in questa situazione, immaginare di fare cambi in corsa, con i nuovi che dovrebbero partire da zero”. Insomma, per ora no. Insomma, Conte ha provato a ricompattare la sua maggioranza contando anche sulla moratoria che l’emergenza Covid impone a tutti. Un percorso di “ascolto” e di “collegialità”, in attesa della vera verifica, rimandata a quando la situazione lo consentirà…

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