Governo Draghi: è apparsa la variante caos… l’impressione è che aumentino coloro che non vogliono Draghi al Quirinale (e dovrebbero dirlo adesso) e aumentano anche coloro che non lo vogliono più a Palazzo Chigi…

Non c’è dubbio c’è solo uno scenario peggiore dell’ipotesi che l’attuale Presidente del Consiglio lasci la guida del governo… nel pieno della quarta ondata del virus e con il Pnrr appena avviato, per andare al Quirinale. Ed è che alla fine non ci riesca, dopo averci provato. A quel punto inutile nascondersi dietro un dito… Perché un Draghi ‘affondato’ all’ascesa al Colle dovrebbe reggere a Palazzo Chigi dopo che la maggioranza che lo vuole Premier si è lacerata per la sua elezione a Capo dello Stato? Per quanti considerano prioritario evitare che l’Italia sia travolta dai contagi durante la pandemia e che vada in bancarotta un minuto dopo, quindi di fatto un’esigua minoranza di italiani, a giudicare dal dibattito politico di questi giorni… è questo il solo scenario che si intravede che Mario Draghi lasci la guida del governo non per andare al Quirinale ma perché non ci è riuscito, dopo averci provato. Di conseguenza, coloro che nei diversi partiti condividono quella semplice scala di priorità – non finire come il Brasile di Bolsonaro con il virus né come l’Argentina con il debito – devono parlare adesso, e devono farlo il più chiaramente possibile. È vero che solo pochi giorni fa un simile soprassalto di lungimiranza sembrava avere finalmente prevalso: uno dopo l’altro tutti i principali leader politici, da Enrico Letta a Matteo Salvini, da Silvio Berlusconi a Giuseppe Conte, avevano espresso in qualche modo una preferenza per la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi. Ma dalla semplice lettura dei giornali appare evidente che non è bastato. Infatti, la cabina di regia prima e il Consiglio dei ministri poi si spaccano sulla proposta del premier Draghi di congelare per un anno lo sgravio Irpef sui redditi sopra i 75 mila euro, in modo da spostare risorse contro il caro bollette. Alla fine il presidente del Consiglio cerca la mediazione e ottiene dal ministro Franco risorse per 300 milioni, superiori a quelle che sarebbero derivate dal contributo di solidarietà, ma senza toccare il taglio delle tasse per i più abbienti. Centrodestra e guarda un po’ Italia Viva esultano. E fioccano sui media i commenti sulla prima, vera, divisione nella maggioranza e conseguentemente sugli scricchiolii nel governo Draghi. A questo punto non ha neanche molto senso mettersi a fare l’esame delle dichiarazioni di ciascuno, a soppesare aggettivi e retropensieri. Forse è venuto il momento che a parlare non siano soltanto i leader. Come dimostrano anche i ripetuti incidenti parlamentari degli ultimi tempi, qualunque accordo è a rischio e nessun nome, neanche il più prestigioso, è ormai al di sopra del timore di elezioni anticipate e del desiderio di rivalsa di un larghissimo numero di grandi elettori, in buona parte sicuri della propria non rielezione, per l’effetto combinato del trionfo populista del 2018 e del taglio populista dei seggi del 2019. Se Draghi ritiene o è stato indotto a ritenere che per lui la salita al Colle possa essere una passeggiata, c’è da augurarsi che abbia fatto bene i conti. Ma se qualcuno nella attuale maggioranza, al momento decisivo, pensasse di sfilarsi (chi potrebbe essere?), farebbe bene a dirlo subito chiaro e tondo, prima che il presidente del Consiglio si esponga in alcun modo, per essere poi eventualmente costretto a una tardiva marcia indietro, uscendone a quel punto tanto indebolito da dover lasciare anche Palazzo Chigi… con un’Italia definitivamente alla deriva…

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