Governo: fratelli di Papeete. La salvinizzazione del governo Meloni e l’irritazione crescente di Mattarella…

Il nazionalismo terra-terra della premier sembra già superato dal sovranismo populista già visto nel Conte 1. Dai primi provvedimenti sembra che a dettare la linea sia ancora il capo leghista… «Questa non è più una Repubblica delle banane». La frase di Giorgia Meloni che non si capisce quanto consapevolmente insulta il Paese, visto che l’Italia non è mai stata una Repubblica delle banane e caso mai corre ora il rischio di diventarlo, sembra di Matteo Salvini per quanto è rozza, ed essendo la rozzezza un elemento caratterizzante il partito di Salvini, ecco che tra un esecutivo a trazione Fratelli d’Italia e uno a guida leghista non è dato scorgere differenza alcuna. Forse non tutti se l’aspettavano, magari ipotizzando o auspicando una destra “repubblicana” e conservatrice, invece eccoci qua tornati al punto di partenza del sovranismo-populismo dell’esecutivo Conte-Salvini, con centinaia di migranti in mezzo al mare senza un approdo in vista, le conseguenti figuracce con l’Europa, con il potenzialmente criminale messaggio del “liberi tutti” sul Covid, con l’incredibile ukaze contro i rave ma in realtà contro qualunque manifestazione non gradita al ministro Matteo Piantedosi, non a caso ex stretto collaboratore di Matteo Salvini quando questi sedeva al Viminale. La “salvinizzazione” del governo Meloni non deve essere sfuggita al Quirinale dove ben si conoscono e non si apprezzano le posture e i tic del capo leghista: soprattutto la norma relativa all’immediato reintegro dei medici no vax ha suscitato al Colle un autentico disappunto prima di tutto perché non si tratta di una misura necessaria e poi perché semmai va nella direzione opposta a quella evocata da Sergio Mattarella quando il 28 ottobre disse che «il Covid non è stato ancora sconfitto». Il presidente della Repubblica si guarda bene, in questa fase di avvio del nuovo governo, dall’esternare frizioni con l’esecutivo ma certo al Quirinale dovrebbe regnare persino stupore per il dilettantismo col quale sono state scritte le norme del decreto, a partire da quella contro i rave, e non sarebbe strano se crescesse una preoccupazione per come l’Italia sta gestendo – cioè non gestendo – la questione delle navi con i migranti tra cui molti bambini a bordo. Qui Meloni sta proprio copiando Salvini ma la questione è chiara: tutte le navi che soccorrono delle persone in mare devono rispettare le norme che prevedono che gli sbarchi debbano avvenire nel primo porto sicuro, anche per prossimità geografica a dove è avvenuto il salvataggio, essendo che il diritto internazionale, nel caso dei soccorsi in mare, non prevede legami tra la nave che batte la bandiera di un certo Stato e quello stesso Stato: dunque sono sciocchezze le frasi di Meloni&Salvini nonché il Ministro Piantedosi sulle «bandiere» delle navi Ong che trasportano i migranti. Su questo, come sul decreto-rave, il governo sarà costretto a fare marcia indietro se non vuole correre il rischio di un massacro di innocenti per colpa del governo italiano. E il paradosso è già in essere, a Catania: a bordo della Humanity restano 35 persone, sbarcati 144 migranti, donne e minori non accompagnati, gli altri tutti uomini, respinti, in disprezzo di ogni regola internazionale e di ogni anelito di umanità. Le Ong precisano: “Illegale ripartire senza far scendere tutti”. L’Europa ci misurerà anche su questo. Infatti, anche la visita della presidente del Consiglio a Bruxelles, a parte «la personale cortesia» come Alcide De Gasperi alla Conferenza di Parigi dopo la Seconda guerra mondiale definì l’atteggiamento ostile dei Paesi vincitori, non è stata un granché. Anche qui c’entra Salvini, uno degli uomini politici che a Bruxelles è tra i meno stimati, essendo considerato poco meno che un nemico dell’Europa e un amico di Putin, e nei palazzi dell’Unione hanno colto subito come l’influenza del capo leghista nel governo, malgrado il penoso risultato elettorale, sia notevolissima, a partire dal ministero dell’Economia, che è quello che a Bruxelles è il più sotto esame. Dunque, il nazionalismo terra-terra di Meloni nei fatti è superato dalla più aggressiva linea dei leghisti, che appena liberatisi di Draghi hanno aperto le cataratte del peggiore sovranismo e della più vieta intolleranza. Tutto questo per il momento viene coperto dalla presidente del Consiglio, convinta di poter fare la faccia feroce in Italia e quella più umana a Bruxelles: ma non ci cascherà nessuno. E questa destra si espone al sotterraneo disagio di Forza Italia, o perlomeno di una sua parte, fino all’esplicito dissenso che si tramuta in rottura di un personaggio come Letizia Moratti che in Lombardia tenta una scalata alla Regione in chiave anti-Fontana e anti Lega. Salvini sembra quindi esprimere la vera sostanza della politica del governo, Meloni sembra eseguire con convinzione. Marciano insieme sapendo che il loro futuro politico si gioca sul binomio legge e ordine e sui decantati «interessi nazionali» da difendere. La loro scommessa dunque è a destra, anzi all’estrema destra. È bene averlo chiaro, anzi chiarissimo…

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