Governo & Regioni: uno scontro/confronto sempre più paradossale che ci porterà a sbattere…

Va in scena l’antica strategia dello scaricabarile. Non solo fra le stesse istituzioni anche fra istituzioni e i cittadini…

“Il Paese deve muoversi insieme. E per questo il Governo deve ricorrere a misure nazionali”. Sono i Governatori, a chiedere a gran voce che il prossimo passo della strategia anti-Covid dell’Esecutivo poggi su un intervento unitario, non polverizzato in interventi territoriali. Un posizionamento che poggia su un ragionamento. Questo: «la curva dei contagi sta salendo in modo esponenziale dappertutto, l’indice di contagio è un fatto nazionale, non più limitato ad alcune zone del Paese. Tocca al Governo tirare su una strategia univoca, non dispersiva e a macchia di leopardo. Senza scaricare la gestione interamente su Governatori e Sindaci». Cosa succede?  Non sembra il secondo tempo dello stesso film …è proprio tutto un altro film. Ma come nella prima fase della pandemia, gli italiani sono stati costretti a guardare perplessi e attoniti allo scatenarsi di un vero e proprio conflitto istituzionale (conflitto per la verità già in corso da tempo… ma a bassa intensità) tra Stato Centrale, Regioni e Comuni o meglio grandi Aree Metropolitane. Con le seconde che chiedevano completa autonomia dal Governo centrale nel decidere ed attuare le misure di contenimento del Virus, in nome di una competente conoscenza delle strutture sanitarie regionali e territoriali… e delle necessità delle loro Comunità, quasi  il virus fosse diverso per i Lombardi rispetto ai Campani o ai Liguri e via così, diverso anche tra i Milanesi e i Napoletani, i Torinesi, i Genovesi e i Romani. D’altronde il titolo quinto, vede affidate  alle Regioni le competenze della Sanità. Certo che si tratta di una pandemia globale che colpisce l’insieme delle  Regioni in cui istituzionalmente è suddiviso il nostro Paese, che è dotato di un Servizio Sanitario Nazionale per quanto articolato sia sul territorio… va ricordato che l’Italia non è uno Stato Federale e quindi è il Centro che decide, indirizza e controlla quanto occorre fare a riguardo della salute pubblica. Bene. No. Anzi male. Abbiamo assistito a scontri verbali al ‘calor bianco’, tra Fontana e altri Governatori (ma non si chiamano Presidenti di Regione?) e tra questi e il Presidente del Consiglio Conte e i suoi Ministri… aprendo diatribe politiche su tutto: mascherine, tamponi, guanti e camici, ospedalità pubblica e privata e numeri delle unità di terapia intensiva, gestioni delle RSA, orari di apertura dei servizi pubblici e privati, scolarità di presenza o da remoto, lavoro in Smart working, la mobilità sui mezzi di trasporto e gli spostamenti tra comune e comune e/o da regione a regione… insomma, hanno litigato su tutto! E oggi, continuano a farlo e lo fanno stravolgendo quanto sostenuto per settimane, quando per l’appunto chiedevano di poter decidere in autonomia gli interventi per i propri territori in base all’andamento del contagio. Una vera e propria guerra su come contrastare il virus che replica e amplia il conflitto  politico tra la Maggioranza giallorossa  e Opposizione di destracentro. Paradossalmente sembra che l’avversario non sia il Covid-19 “maledetto virus” e le sue fatali conseguenze per la salute e la vita del “popolo sovrano”, ma invece i vari livelli delle nostre istituzioni che si scontrano l’un l’altra con una modalità del tipo: “…e qui comando io e questa è casa mia, e io voglio sapere chi viene e chi va”. Uno spettacolo preoccupante e paradossale. Ma alla fine almeno della prima fase non senza urla al cielo e lasciando sul terreno numerose e irrisolte contraddizioni che hanno confuso e sconcertato ancor più gli italiani… si è andati avanti ad affrontare il virus animati da #andratuttobene e #neusciremomigliori, appellandosi all’orgoglio italiano e alla solidarietà tra umani… seppur anch’essa a ‘bassissima intensità’. Adesso non più. Ora ecco i campioni della nostra politica a lottare paradossalmente all’insegna del classico italico “scaricabarile”. Una fuga indecente  delle proprie responsabilità. Già proprio così, Politici e Virologi hanno cercato e hanno trovato il colpevole dell’emergenza bis, sono: “i cittadini poco responsabili”. La novità della seconda ondata del virus è che ora nessuno più lo governa. Nella prima fase si accusava che c’era un uomo solo al comando – Giuseppe Conte -, ora non ne abbiamo più nessuno. E non è che sia confortante. Questo ennesimo conflitto tra Regioni e Governo che si scaricano l’un l’altro  le decisioni che nessuno vuole prendere per non risultare impopolare e soprattutto non essere accusato di fare danni irreparabili all’economia. Qualche Governatore finge di decidere, e poi quando capisce come Vincenzo De Luca di avere causato un grande malcontento perfino nei suoi freschi elettori, fa subito mezza marcia indietro (le scuole riapriranno in Campania per i più piccoli). Un altro governatore, come quello della Lombardia, Attilio Fontana annuncia coprifuoco e chiusure dopo che gran parte dei sindaci glielo chiedono, ma poi si accorge che il suo Kapò Matteo Salvini è furioso e la firma sotto l’ordinanza non l’ha ancora messa. I sindaci (vedi Sala e De Magistris si lamentavano per provvedimenti che danneggiano i loro territori urbani e vogliono avere più voce in capitolo.  Caos assoluto. Prima i vari contenuti di questi nuovi Dpcm (3 ravvicinati 13ott., 18ott., 24ott.,) emanati con titubanza dal Governo come avesse timore di “disturbare” proprio i Presidenti di Regione e i Sindaci delle grandi città. Titubanze e timori che hanno reso i 3 Dcpm  praticamente del tutto inutili a raffreddare l’inalzamento verticale della curva pandemica della seconda ondata. Ma è soprattutto la discussione sul Dpcm in via di definizione, quello che a questo punto uscirà con ogni probabilità domani e rappresenterà il risultato di questo ormai “insanabile” scontro/confronto tra le Regioni e il Governo (la riunione iniziata ieri è stata aggiornata a stamattina sperando di arrivare ad un accordo sul da farsi. Siamo al quarto Dpcm in appena venti giorni, quello che dovrebbe introdurre nuove e più pesanti restrizioni. Il punto è sempre lo stesso: a chi spetta l’onere di girare la chiave della stretta. Il grande timore dei Presidenti di Regione e dei Sindaci è quello di ritrovarsi inadeguati di fronte alla gestione dell’emergenza che si appresta a salire di livello con la creazione dei lockdown nelle grandi città e nei territori più a rischio. Vincenzo De Luca Presidente della Campania lo spiega chiaramente agli altri presenti alla riunione di domenica mattina: “Io le chiusure le ho fatte in molte località, ma siamo riusciti al massimo a gestire le vie principali, il resto è impossibile”. La grande criticità, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, viene individuata da De Luca e dagli altri Presidenti di Regione nell’impossibilità di avere una capacità di controllo capillare. Insomma, il blocco di una città si può pure fare, ma poi c’è il problema di come gestire il controllo di questo blocco. E i Governatori del Nord, a iniziare dal Presidente della Lombardia Attilio Fontana, sono ancora più tranchant: è proprio sbagliato pensare di risolvere tutto con le chiusure delle grandi città. La pensa così anche Giovanni Toti ed è Fontana a esternare il concetto in modo deciso: “No ai lockdown territoriali, se fermiamo Milano, fermiamo la Lombardia”. I Governatori fanno leva anche su un’altra questione per spingere il Governo a caricarsi sulle spalle l’impegno di una strategia nazionale. Avversata proprio da loro fino ad oggi. Lo dice sempre Fontana: “Una serie di interventi territorio per territorio, polverizzati e non omogenei, sarebbero probabilmente inefficaci e anche incomprensibili ai cittadini, che già oggi sono disorientati”. La discussione tra le Regioni e il Governo sulla responsabilità dell’indirizzo della nuova stretta arriva al punto da tirare in ballo gli umori dei cittadini. Sicuramente turbati da mesi di scontri politici che in questo periodo certo non aiutano il Paese a combattere la pandemia. E anche la possibilità, avanzata dai governatori di centrodestra, di circoscrivere e limitare il più possibile gli spostamenti degli anziani con più di 70 anni. E’ una questione che esplode in polemica quando Toti, a riunione in corso, twitta così, dopo aver ricordato i 22 anziani morti sabato in Liguria: “Sono persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”. Stupido Mascalzone!! Il Governo cerca di rispondere alla pressione che arriva dalle Regioni con uno schema che poggia su due gambe. Lo spiega bene il Ministro alla Sanità Roberto Speranza: “l’asticella nazionale delle restrizioni sarà alzata su alcuni punti, mentre in determinati territori saranno alzati i livelli di intervento”. E il Ministro Boccia completa il ragionamento, spiegando che il punto di riferimento per gli interventi sui singoli territori sarà il documento dell’Istituto superiore di sanità e il sistema di monitoraggio condiviso con il Cts e con le Regioni. Secondo a quanto prevede detto documento le restrizioni scattano automaticamente se l’indice Rt (quello che misura la contagiosità) supera un certo livello. E scattano anche in modo settoriale perché ogni comparto ha un suo indice. Quindi le scuole, i negozi e tutto il resto possono procedere anche in modo difforme, seguendo l’indicatore che segnala l’esigenza di chiudere o al contrario la possibilità di tenere aperto. “Non si deve prendere una decisione univoca sulla scuola, ma deve dipendere dal grado di Rt in ogni Regione”, dice ancora il ministro Boccia, facendo quindi capire che la nuova stretta avrà un’applicazione territoriale, con il Governo a supportare le scelte degli enti locali. Poi ci sono le grandi questioni che riguardano invece l’innalzamento dell’asticella citata da Speranza. L’ultimo Dpcm, firmato da Giuseppe Conte appena una settimana fa, si è rivelato subito insufficiente. Ne serve quindi un altro. Uscirà quando si troverà il punto di caduta con le Regioni sui singoli aspetti… Ma la discussione va portata a un punto finale anche dentro la maggioranza di Governo, infatti il nuovo Dpcm, oltre allo scontro tra Governo e Regioni  vede anche la maggioranza spaccata su alcuni provvedimenti: «Dobbiamo tener presente anche i dati degli altri Paesi, il contagio cresce ed è preoccupante». Il premier Giuseppe Conte, nella riunione con i capigruppo della maggioranza, ieri non fa mistero della preoccupazione per i dati sul tavolo.  Al momento la saturazione delle terapie intensive è ancora gestibile, ma la curva dei contagi è destinata ancora a salire velocemente. «Così non reggiamo, e tra qualche settimana la situazione andrebbe definitivamente fuori controllo, dobbiamo intervenire in fretta». E’ il ragionamento del Capo dell’Esecutivo che fa da sponda all’ala “rigorista” del governo che da settimane spinge per una stretta più rigorosa. Ma allo stesso tempo occorre tener presente le proteste delle categorie e la rabbia di chi non vuole assolutamente il ‘coprifuoco’, anche se soft. Salvaguardare insieme la tutela della salute e dell’economia. Ecco il motivo per cui la misura più forte inserita nel nuovo Dpcm, quello stop ai locali e ai ristoranti in tutte Italia alle 18 è ancora in ballo. Fonti della maggioranza riferiscono che anche il Premier non sarebbe del tutto convinto la grande battaglia è tra il premier Conte e le Regioni. Il terreno su cui si gioca è il coprifuoco alle 21. Le Regioni lo chiedono al governo e l’idea piace ai ministri pd, ma Conte, spalleggiato da Italia Viva, non è d’accordo. Il premier vorrebbe “lockdown locali” decisi dalle Regioni in base al livello dei contagi, l’ormai noto indice Rt. Il confronto proseguirà questa mattina prima che Conte vada in Parlamento. Stasera o domani il nuovo Dpcm che dovrebbe anche contenere la stretta agli orari dei negozi, limiti agli spostamenti, la chiusura dei musei e la definizione delle lezioni a distanza per le scuole. Le misure dovrebbero avere la durata di un mese. Poi ci sono le regioni che propongono di allungare l’orario alle 23. Si sta quindi mediando, una soluzione potrebbe essere quella di arrivare fino alle 20 ma il Pd e il ministro Speranza insistono a mantenere la bozza originaria del Dpcm illustrata anche dal Premier ai capigruppo di maggioranza e opposizione. Sulle possibili soluzioni è da mettere nel conto anche l’esito delle informative del Premier oggi alla Camera e al Senato. Su alcune questioni l’orizzonte inizia a essere più chiaro. Il Ministro Boccia parla di interventi sulla mobilità interregionale. Le ipotesi sono ancora diverse, ma la più accreditata prevede il blocco: “gli spostamenti tra le Regioni saranno consentiti solo per motivi di lavoro o di salute”. Come detto iI governatori chiedono di accompagnare un coprifuoco generale  da fare scattare alle sei del pomeriggio e il Governo sta valutando questa misura a livello nazionale, allineando quelli che sono già in vigore in molte Regioni, e anticipandolo rispetto alle 23/24. E poi ancora la chiusura dei centri commerciali nel week end, mentre i Sindaci chiedono di fermare gli sportelli per le scommesse che si trovano dentro ai bar e alle tabaccherie. E poi c’è il grande tema della scuola. Anche qui i governatori chiedono di procedere con una misura nazionale. L’idea è quella di allargare la didattica a distanza, con quella in presenza che sarebbe garantita fino alla seconda o alla terza media. Ma le parole di Boccia vanno in un’altra direzione. Anche qui bisognerà capire se il tiro sarà nazionale o se toccherà ai singoli governatori e ai sindaci decidere sulla gestione di orari e chiusure di servizi e negozi. Uno scontro/confronto sempre più paradossale per delle decisioni che sono già in ritardo rispetto alla velocità di diffusione del virus e del gran numero di contagi in regioni quali la Lombardia, il Piemonte e la Liguria e nelle loro principali aree metropolitane… in Italia viviamo ormai perennemente in una situazione di emergenza continua… occorrono scelte responsabili e lungimiranti… altrimenti andremo definitivamente a sbattere…

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