Governo: Renzi ha tirato troppo la corda, il governo in cerca dei “Costruttori”…

Ventiquattro ore fa lo strappo di Renzi apre ufficialmente la crisi di governo.  In ballo non c’è solo la sopravvivenza dell’esecutivo giallorosso. Quella che Renzi a messo in scena è anche l’ultima ‘sanguinosa’ resa dei conti a sinistra, con il suo definitivo attacco contro l’unità del Pd… con la volontà di spaccare il suo ex partito e di portare una buona parte di ex renziani eletti con le liste da lui composte verso Italia Viva. Invece Pare si veleggi verso il Conte2 bis o se preferite il Conte ter, che non è un comma ma un altro governo, o meglio quello attuale ma senza le ministre di Italia viva, il partito di Matteo Renzi che rischia come quello che andò per suonare e fu suonato. Almeno la giornata di ieri è filata via su questo canovaccio, alla ricerca del Conte bis bis. La prova del nove si avrà lunedì con Giuseppe Conte alla Camera prima e soprattutto martedì mattina in Senato poi, per un voto-thrilling («1 X 2», dice Renzi). La caccia impazza. In Parlamento, nelle stradine del centro di Roma. Corre sui display dei cellulari. Dopo gli sfracelli di martedì, fra il comizio in mezzo alla strada di Conte e la conferenza stampa dinamitarda di Renzi, le parolacce del Pd, le furberie dei grillini, ieri come da copione si è cominciato a costruire una via d’uscita. Che è questa. Conte ha ottenuto il via libera di Sergio Mattarella a presentarsi in Parlamento per sfidare il senatore di Scandicci avendo in tasca una nuova maggioranza: M5s-Pd-LeU-Tabacciani. Chi sono questi ultimi? Sono i famosi responsabili, più eleganti di Mimmo Scilipoti (non ci vuole molto), più onesti di De Gregorio (non ci vuole niente), più o meno al livello di Giulio Tremonti e un altro che si chiamava Grillo, non Beppe ma Luigi, che Berlusconi convinse a venir dalla sua parte nel lontano 1994. Tutto lecito, è la democrazia parlamentare “bellezza”, come ha dottamente spiegato Dario Franceschini al Pd, laddove Nicola Zingaretti evocava, forse agognava, quelle elezioni anticipate che lo manderebbero all’opposizione ma da unico e incontrastato leader della sinistra, capo della cerchia romanocentrica che governa il Nazareno. Già, la tenaglia Pd-M5s con l’apertura ai responsabili – pardon: “Costruttori” – secondo uno schema che gli faceva schifo ma che Beppe Grillo ha sdoganato due giorni fa, ha incastrato Renzi. L’offensiva “responsabile”, che già produce interviste a Paola Binetti dopo secoli e pone il Maie (Movimento autonomo italiani estero) al centro della scena e rimette in pista personaggi di vario tipo che costituiranno un gruppo parlamentare variopinto e fantasioso miscelato nel segno ideologico del mastellismo degnamente rappresentato dalla di lui moglie Sandra: forse non sarà esattamente quello che ci vuole in questa fase ma tant’è. Ci prova, Conte, tentando di sfondare il gruppo dei senatori renziani che non di sa se reggerà o no. Se in aula perderà si aprirà una normale crisi, e i giochi si riapriranno. Ma se finisce col Conte 2 bis, nel trascolorare di una normale dialettica fra partiti in una fantasmagoria parlamentare da Italia pre-liberale, sarà l’esito del fallimento di un’offensiva renziana nata per dare un colpo all’egocentrismo dell’avvocato e distruggere Zingaretti e il Pd, ma che ha scatenato una pesantissima reazione contro Italia viva, bombardata dai media e considerata avventurista a livello di una larghissima parte dell’opinione pubblica, oltre che dalla inevitabile rappresaglia grillopiddina che esclude per sempre i renziani dall’alveo del governo con l’anatema della inaffidabilità, ultima bolla un po’ papale un po’ staliniana tipica dei vincitori della partita. Ci sarà tempo per capire, soprattutto da parte di Renzi, se si sia tirata troppo la corda, se non sarebbe stato meglio portare a casa le notevoli modifiche al Recovery Plan e la sottrazione del controllo dei servizi dalla mani dell’avvocato e fermarsi. Se soprattutto si sia sottovalutata l’ira incontenibile del partito, il Pd, che Renzi prese in barba dei soliti continuismi e strattonò fuori dai suoi argini tradizionali con modalità spesso scandalose per quel mondo: ed è il Pd, il gruppo dirigente e il suo popolo, che oggi a Renzi presenta il conto con gli interessi, forse nell’idea di spegnerne le velleità una volta per tutte. Nel voto del Senato ci sarà anche questo. Non solo la sopravvivenza di Conte avvocato Giuseppe ma l’ultima “sanguinosa” resa dei conti a sinistra. Prima che parta un altro film: il Senatore fiorentino con le mani libere forse ancora più cattivo e un governo più fragile, più esposto ai raffreddori di un lungo inverno politico…

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