Guerra: Putin è finito in un cunicolo, la sua guerra sembra ormai senza vie d’uscita diplomatiche…

Putin si è infilato in un cunicolo. Lo “Zar risorto” (scrive il Time) e la sua guerra non sembra avere vie d’uscita diplomatiche. Ma c’è veramente qualcuno al Mondo che vuole chiudere la guerra russa in Ucraina? Probabilmente Zelensky sì, e gli ucraini con lui, ma da soli non possono farcela. Vero, Putin ha fallito la fase uno e non è detto che riesca a vincere nella fase due. Ma a questo punto non può più tornare indietro. Dopo tanto rullare di tamburi, con enorme consumo di carburante, grande usura di mezzi e spreco di energie in oltre un semestre di improbabili “esercitazioni”, sono già trascorsi un paio di mesi dalle prime cannonate, ma il sanguinoso stallo in Ucraina non si è ancora risolto. Ogni giorno ci sono più morti e distruzioni, ma il conflitto non s’arresta. Vale quindi la domanda: lo si vuole effettivamente risolvere? Cominciano a sorgere seri dubbi… Volodymyr Zelensky certamente lo vorrebbe, e per questo continua a chiedere armi per resistere all’invasione russa e chiede supporti diplomatici all’Occidente… Ora bisogna capire se Joe Biden, consentirà l’apertura di una reale trattativa in tempi brevi. E’ di ieri, una dichiarazione che non lascia dubbi su i tempi lunghi di questo conflitto: «Vogliamo vedere una Russia indebolita al punto che non potrà più fare il genere di cose che ha fatto, invadendo l’Ucraina. Crediamo che l’Ucraina possa vincere, se avrà l’equipaggiamento giusto – dice il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, dopo aver incontrato a Kiev il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – risposta – l’Occidente sta cercando di distruggerci dall’interno – gli replica il presidente russo – Vladimir Putin. Occorre stroncare nel modo più risoluto qualsiasi delitto nel territorio della Federazione russa. I nostri avversari sono passati alla fase del terrore, alla preparazione di attentati mirati. Ma noi conosciamo nome per nome gli agenti occidentali che lavorano con gli organi di sicurezza ucraini. E sappiamo che dietro tutto questo c’è la Cia». L’ultima operazione della guerra segreta che gli ucraini hanno deciso di portare in profondità nel territorio russo arriva ieri alle quattro del mattino a Bryansk, a cento chilometri dal confine. Due incendi disastrosi e simultanei scoppiano in due grandi depositi di carburante vicino alla città. La situazione offre al ministro degli Esteri russo Lavrov l’occasione di minacciare l’Occidente: «C’è il pericolo reale di una Terza guerra mondiale»”.  Già, così anche   Vladimir Putin può continuare a parlare, a dire tutto e il suo contrario, senza mai lasciar capire in modo intellegibile ciò che effettivamente vorrebbe “fare”. Certo, dal punto di vista tattico e dell’impiego delle forze, che, come può accadere agli autocrati, forse non sono del livello e della qualità che gli avevano fatto credere, è incappato in una lunga serie di errori. Ma è sotto gli occhi di tutti (e gli esperti militari osservano increduli) che la sproporzione delle forze a suo favore è tale che, in due mesi, almeno un obiettivo limitato avrebbe anche potuto raggiungerlo. Invece no, solo da poco, con la così detta “fase due” del conflitto, si è concentrato sulla città costiera di Mariupol e del Donbass (russofono e in parte anche filorusso) dando ormai per scontato il possesso della Crimea. Sta anche lasciando intendere che, una volta acquisito questo obiettivo, sarà disponibile a trattare per concludere la guerra. Ma anche su questo, come su tutto ciò che dice, è lecito porre seri dubbi. Certo, per i russi Mariupol è importante. Il possesso della città, che Putin, ad eccezione della fabbrica di acciaio, nei cui tunnel sono asserragliati gruppi armati e un buon numero di cittadini, dice di considerare ormai acquisito, consente di creare un corridoio militarmente percorribile tra la penisola di Crimea e tutto il Donbass (e non solo le due repubbliche filorusse d Donetsk e Lugansk). Ciò consentirebbe ai russi di congiungersi con le truppe già impegnate a sud e di conquistare anche la città di Dnipro, che faciliterebbe la strada per Odessa e il suo porto. Con ciò, l’Ucraina verrebbe geograficamente esclusa dal Mar d’Azov, che resterebbe per intero in mani russe. Ottimo risultato da sbandierare in patria, visto che il sud dell’Ucraina per secoli aveva fatto parte dell’impero degli Zar e, successivamente, dei sovietici. Ma fino qui siamo ancora ad azioni tattiche, il cui completamento potrebbe soddisfare Putin solo per un breve lasso di tempo. Le tattiche servono solo a portare avanti una strategia, che è soprattutto azione di pensiero. La strategia di Putin, al di là di alcune tappe di percorso comunque indispensabili, sembrerebbe guardare molto più lontano, ed è una strategia che forse gli occupa la mente sin dai tempi di Gorbačëv, di Eltsin e del collasso definitivo dell’Unione Sovietica. Se Samuel Huntington, come Francis Fukuyama, immaginavano un non troppo futuro “scontro di civiltà” ed un nuovo ordine basato sopra tutto su religione e cultura (forse in riferimento all’orientalista britannico Bernard Lewis e al suo libro sull’origine della rabbia musulmana. Putin aveva già intravisto per il dopo Guerra Fredda qualcosa di molto diverso. Era ed è semplicemente rancoroso verso l’Occidente. Ha sempre pensato di sfidarlo, per sostituirne la cultura di stampo democratico, che reputa farraginosa, inconcludente e invadente, con una cultura sempre occidentale, ma di matrice russa, maggiormente assertiva in termini di autorità e velocità decisionale. Tipica di quelle regioni che la Geopolitica definisce “geograficamente centrali”, quindi “isolate” dagli scambi culturali che caratterizzano chi ha sempre avuto accesso ai mari navigabili. Ma ora, si dirà, ci sono i trasporti aerei. Verissimo, ma è altrettanto vero che il formarsi di una cultura radicata, geneticamente ereditata, necessita almeno di un millennio. Certamente un solo secolo non basta. Ed ecco che riappaiono le anziane teorie geopolitiche di Maham, Mackinder, Spikman, Rougeron con le Mappe della seconda era geopolitica: il biologismo e la supremazia della nazione. E non bastasse persino l’odiato Haushofer, un tempo così diffuse, con la loro pur limitata capacità di predizione possono ancora aiutare a districarci anche tra quelli che potrebbero essere i pensieri, tutt’alto che improvvisati su immediati impulsi della mente, che guidano la lenta, ma continua, curva comportamentale del presidente Putin. Per lanciarsi nell’avventura, evidentemente attendeva solo che maturasse la congiuntura favorevole. Nell’elezione di un presidente Usa come Biden, assieme al dilagare di una pandemia globale, la rapida ascesa della Cina, all’asservimento energetico con le scelte “verdi” dell’Unione Europea e le spinte dei Paesi dell’Est all’interno della Nato, ha probabilmente creduto di individuare il momento di maggiore debolezza che andava cercando. Sull’efficacia e rapidità dell’opzione militare in Ucraina Putin si era sbagliato. C’é solo da sperare che si sia sbagliato anche sul momento sociopolitico che, purtroppo, oggi stiamo davvero attraversando… D’altronde nel Mondo dopo Kiev chi deciderà il suo complessivo assetto? Richard Haas in un articolo “What Does the West Want in Ukraine?”, di qualche giorno fa su Foreign Affairs lancia una Conferenza per ridefinire l’ordine internazionale dopo la guerra russa in Ucraina. Ma dice chiaramente che limitarla al ‘club occidentale’ escludendo i veri attori chiave come Cina e l’India, sarebbe un grave errore. Richard Haas autore di un noto saggio “The World” , sostiene nel sopra citato articolo su Foreign Affairs, l’esigenza di aprire immediatamente una ampia consultazione politica sugli scenari post conflitto tra Ucraina, Unione Europea, Stati Uniti e gli altri paesi che si sono opposti all’invasione russa in Ucraina. I risultati dipenderanno in parte dagli esiti dei combattimenti. Ma ciò che manca per Haas é la definizione da parte occidentale di alcune soluzioni politiche post-belliche che siano in grado di incidere sugli sviluppi militari in corso. A suo giudizio non tutti gli obiettivi dell’Ucraina possono, infatti, coincidere meccanicamente con quelli di Stati Uniti, Unione Europea o di altri attori. Haas sottolinea ad esempio come gli interessi Euro-Atlantici siano più ampi di quelli dell’Ucraina. Il confronto e il “braccio di ferro” con Mosca tocca infatti, aspetti globali quali la deterrenza nucleare e temi sensibili ad essa connessi come il nucleare iraniano o gli azzardi atomici della Corea del Nord. Tutto vero, ma quindi, perché limitare il confronto solo all’occidente? È notizia che l’India del Presidente Narendra Modi ha concluso una intesa con il Regno Unito. Ma sullo sfondo c’é da considerare il ruolo fondamentale della Cina di Xi Jinping. Penso che sia molto importante che la leadership ucraina dimostri la capacità di inserire il drammatico conflitto in corso in quel paese nel contesto di una politica estera a 360 gradi, non appoggiandosi solo all’Occidente e agl’Angloamericani in particolare. Anche per mantenere il sostegno dei tanti paesi che l’hanno sostenuta ed anche quelli che come l’India o la Cina che si sono astenuti. In gioco è la sovranità nazionale e il diritto di difesa degli Stati, non il tipo di regime politico di un paese… È ormai avviso comune, che la brutale aggressione decisa dal Cremlino contro l’Ucraina è un segno di frustrazione per il successo di tanti altri Paesi nonché della crescente insofferenza del Presidente Putin per la tendenza bipolare che sempre più caratterizza le relazioni internazionali nella gara tra Cina e Stati Uniti nonché per l’ingresso di nuovi attori come per l’appunto l’India, la Turchia, l’Indonesia, ecc.. Se Vladimir Putin in 22 anni di governo incontrastato non è riuscito a stare al passo degli Stati Uniti. della Cina o di altri paesi emergenti del G20 non è certo colpa di Washington, Pechino o Ankara e tantomeno dell’Ucraina. La verità è che la Russia è rimasta ferma in troppi settori illudendosi che bastasse corteggiare le élite politiche dominanti (a occidente come a oriente) per conservare le sue posizioni di rendita finanziaria. Reclutare ex primi ministri europei nel suo sistema di potere é una mossa utilissima nel breve periodo, ma alla lunga non regge. Non si deve dimenticare che in Cina (che pure ha tanti difetti) é in atto con qualche successo la lotta alla corruzione politica e ciò rende il rapporto Mosca e Pechino particolarmente delicato. Nessuno conosce quali informazioni specifiche sull’Ucraina si siano scambiate il 4 febbraio (inaugurazione delle Olimpiadi) i presidenti XI e Putin. Ma il clima generale del summit era apparso alla stampa internazionale positivo per il rilancio di una partnership strategica cino-russa (energia, difesa, ecc.) che Vladimir Putin aveva ideato ed avviato 25 anni fa (sin dal 1998) quando era vice di Eltsin. Tuttavia, in quell’occasione il Washington Post ha osservato l’assenza della parola “Ucraina” nel comunicato finale del vertice, quanto meno nella sua versione inglese. Altri analisti riferiscono di un qualche attrito sotterraneo tra Mosca e Pechino in relazione alle vicende del Kazakistan di qualche settimana precedente. Quello che appare certo è che il 25 febbraio (il giorno successivo all’inizio della guerra) il colloquio telefonico tra Putin e Xi viene riportato con toni freddi e molto stringati da entrambe le parti. Sembra proprio che Putin abbia scelto di iniziare la guerra per una sua scelta solitaria di sfidare la Carta dell’Onu e il Mondo intero. Tuttavia, come nota Haas, come concluderla non dipenderà solo da lui. Sia Putin che Zalenski hanno molti interlocutori con cui fare i conti sia che si limitino ad un cessate il fuoco sia che intendano giungere ad un vero e proprio accordo di pace. In questa prospettiva l’Ucraina deve discutere i propri obiettivi non solo con l’Unione Europea, con gli Stati Uniti e con le altre nazioni che la sostengono in questa fase così drammatica della sua storia. C’è già un dialogo molto importante con la Turchia e con Israele, ma per un paese aggredito come l’Ucraina (e in nome della sovranità territoriale) il rapporto con altre potenze come Cina e India è fondamentale. Dunque, quali sono le vie d’uscita dal conflitto? Quali gli scenari possibili? I massacri di civili, i crimini di guerra e le atrocità commesse dalle forze russe rendono quasi impossibile per l’Ucraina (e per tutto il mondo) che la Russia venga “premiata” con concessioni territoriali che consentano il collegamento diretto della Crimea con la Transnistria (da più di 30 anni dominata da bande criminali) e con il Donbass. Sarebbe un precedente inaccettabile sul piano internazionale. Uno scenario da scongiurare.  È probabile che se Mosca dovesse perseguire ad ogni costo questo obiettivo il conflitto armato durerà a lungo, ma con grandi rischi di logoramento per le truppe russe… Una seconda possibilità potrebbe essere il “congelamento” ovvero più o meno uno status quo de facto con Crimea ed una parte dei territori conquistati nel Donbass dalle forze russe. Questo scenario è possibile se continua l’attuale fase di stallo. Secondo Haas potrebbe essere un accettabile prezzo da pagare per l’Ucraina che ha già pagato un altissimo costo di sangue e che dovrà impegnarsi in una gigantesca opera di costruzione. In questo caso per Putin le conquiste territoriali sarebbero modeste, ma potrebbe “vendere” il cessate il fuoco come una vittoria per aver ottenuto il non ingresso dell’Ucraina nella Nato (già respinto dall’Alleanza Atlantica, ma tanto nessuno se lo ricorda). In questi due mesi l’Ucraina ha avuto coraggio e dimostrato capacità di reazione. Oggi oltre a resistere contro armi proibite, missili e carri armati a Kiev, serve intraprendere una fase diplomatica realistica che non conti solo sulle sanzioni e gli aiuti occidentali. Sempre per Haas con il tempo l’Occidente con un mix di sanzioni, aiuti e diplomazia potrà progressivamente ottenere il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. Può darsi, ma sembra un approccio alquanto limitato. La cosa certa è che quando un paese è aggredito e lotta per la sua sopravvivenza e per la libertà del suo popolo non deve guardare solo a Ovest. Viene in mente Israele che ha una politica estera a 360 gradi. Anche per Kiev, quindi, vale un’azione diplomatica ed una comunicazione politica che guardi al Mondo… Difendere il diritto di esistere e di tutelare la propria sovranità è un valore universale. Questo è il principio che Putin ha commesso l’errore di violare… si è infilato in un cunicolo o se preferite in un vicolo cieco. Alla fine, Putin è finito prigioniero della sua stessa propaganda, con quel  “Indietro non si torna”. Il Cremlino ha convinto i russi della necessità “dell’operazione speciale”. Il “Partito della Vittoria” è ormai dominante. Ma la Russia rischia il crollo…

 

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