Italia: 2) un paese sottosopra, c’è un disperato bisogno di una forza riformista e liberale per salvare l’Italia…

L’Italia è un Paese sottosopra, come fare per rimetterlo a posto? Le strade sono relativamente poche purtroppo: 1) L’evoluzione della Lega da Salvini a Giorgetti/Zaia e quindi entrata convinta nel PPE, fine dei deliri anti euro, fine delle urla anti immigrati e una politica di attenzione al superamento della burocrazia e di un progressivo arretramento dello stato nell’economia. È fattibile solo se Salvini fa un passo indietro enorme e quindi ha una probabilità di accadimento oltremodo bassa, forse 0,1%.  2) L’evoluzione del Pd da Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Dario Franceschini, Goffedro Bettini e  Massimo D’Alema a una nuova stagione con Giorgio Gori, Stefano Bonaccini, Tommaso Nannicini, Matteo Orfini. Qui le probabilità sono sempre infime anche se non proprio infinitesime come nel caso precedente, forse un 2 o 3, ma forse anche un 4 per cento. In più ci sarebbe una nuova minoranza interna che come è successo con Renzi sarebbe un fuoco amico costante per recuperare al più presto il controllo della Ditta. 3) L’aggregazione in un nuovo soggetto magari a guida Marco Bentivogli (new entry: dal sindacato industriale alla politica e al momento con la caratteristica di essere un indipendente rispetto alle forze politiche esistenti) delle forze liberali e riformiste che esistono e sono ormai più che evidenti anche nell’elettorato. Dipende poi dalla legge elettorale se l’aggregazione è preventiva (legge attuale) o successiva (legge proporzionale). Se la parte “buona” della Lega (Giorgetti, Zaia, ma anche Garavaglia), la parte veramente riformista del Pd citata sopra che oggi fa da soprammobile a Bettini, ma anche un pezzo di sinistra Gianni Cuperlo, quel pezzo di Forza Italia che spera di esistere anche dopo Berlusconi, vedasi Mara Carfagna e forse anche persone come Guido Crosetto di questo mondo fossero uniti in un nuovo soggetto politico come si suol dire di “centro-centro”, ma genuinamente riformista e liberale con uno sguardo limpido anche a sinistra, sarebbe possibile creare una quota di elettorato che risulterebbe imprescindibile per qualsiasi nuovo governo nel 2023. Il centrodestra definito come Lega e Fratelli d’Italia non avrebbe la maggioranza, e nemmeno il sogno di Bettini di un’alleanza stabile con i Cinquestelle avrebbe una reale speranza (ammesso e non concesso che ne abbia mai avuta una). Vista la mobilità dell’elettorato e la pochezza dell’offerta attuale, un simile schieramento potrebbe anche raccogliere un consenso imprevedibilmente alto, richiamando al voto una considerevole parte dell’attuale ampio astensionismo. La probabilità che questo succeda è ugualmente bassa, forse arriva in prima battuta a un 10-12%, ma sufficiente a porsi come un soggetto politico da cui non si può prescindere per governare. Tra l’altro la categoria destra/sinistra di questo schieramento verrebbe superata dalla categoria molto più rilevate oggi riforme vere/immobilità assoluta. Proprio i due governi Conte sono l’emblema dell’assoluta immobilità e del riformismo zero, molto per manifesta incapacità, ma anche per la totale assenza di visione sia nei partiti che li sostengono sia nelle persone. Per fare riforme vere bisognerebbe entrare nella burocrazia e nel groviglio legislativo corporativo creato in 40 anni di malgoverno con rare e brevi interruzioni, partendo dalla riforma della giustizia, del fisco, della burocrazia, della modalità legislativa e del rapporto stato/regioni. Bisogna esserne capaci (e non è per nulla facile, men che meno per persone che non hanno esperienza di governo e/o amministrativa), avere grandissima determinazione e anche qualche anno a disposizione (almeno una legislatura ma ne sono necessarie almeno due) per i tempi infiniti del nostro sistema. 4) Se non succede nulla alla fine governerà lo pseudo centrodestra di Salvini/Meloni. Questo attualmente è lo scenario più probabile (70/80 per cento di possibilità). Tanto più probabile se Salvini abbandonasse parzialmente i toni estremi (gli riuscirebbe difficile ma certamente lo smottamento della Lega non gli sfugge e da abile animale politico ne capisce i motivi), Meloni imbarcasse in FdI qualche volto presentabile mandando in pensione i Larussa e le Santanchè (questo invece sarebbe più facile) e Berlusconi (gigante tra i nani di oggi) continuasse ad essere una forza di attrazione tra i moderati anche nel 2023. Che cosa veramente impedisce il decollo dell’ipotesi 3, che è ad avviso (per la verità non di molti osservatori) allo stato attuale evidentemente la migliore per il paese? Palesemente le ambizioni personali e anche il coraggio di alcuni di questi leader. Se si osservano le dichiarazioni e le convinzioni di Matteo Renzi, Carlo Calenda, Giogio Gori, Marco Bentivogli, Luigi Marattin, Matteo Orfini ma anche nel centrodestra: Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia, Guido Crosetto, Giovanni  Toti, Mara Carfagna la distanza è veramente minima. Tutti vorrebbero uno Stato che funzioni davvero con competenti e non figuranti, tutti vorrebbero la difesa del lavoro (quello vero non parassitario o assistito alla Alitalia maniera), tutti vorrebbero una libera impresa convinta di avere anche un ruolo sociale e non protesa solo al moltiplicarsi del profitto, magari attraverso i “ristori” a pioggia. Una impresa sana, che possa comunque prosperare per investire innovando… e non invece l’invasione dello Stato nelle imprese decotte con un’occupazione assistita con le risorse della fiscalità generale. Tutti vorrebbero una lotta vera all’evasione fiscale, tutti vorrebbero finalmente l’aumento della produttività e il controllo degli sprechi di spesa pubblica. In politica estera tutti sono fortemente atlantisti e europeisti. “Basta con la politica come arte del galleggiamento tra un’elezione e l’altra. La vita pubblica italiana si è polarizzata tra un populismo sovranista e una sinistra che ha solo aggiornato il suo vecchio armamentario. Ma l’alternativa liberal-democratica è ancora possibile.” Ha scritto Luigi Marattin sul Foglio lo scorso settembre è un’ottima sintesi. Quindi il grandissimo problema è quello delle persone. Le persone citate, e in particolare alcune di esse (l’esempio è Renzi), fanno molta fatica, nonostante critichino i partiti personali, a non essere loro stessi partiti-persona. Per metterli sotto lo stesso tetto servirebbe un leader carismatico molto forte (che non esiste e non esisterà a breve) oppure uno sforzo titanico di riduzione delle loro ambizioni personali. Purtroppo, non abbiamo in Italia un Barack Obama che impone Joe Biden al Partito democratico e vince, perché non esiste il Partito democratico e nemmeno Obama e forse nemmeno il 78enne Biden. Marco Bentivogli – neo politico ma sindacalista di lungo corso – sembrerebbe la personalità più in grado di aggregare proprio per storia e personalità. Ma le persone citate c’è da dubitare fortemente che saranno capaci di accettare una leadership ancorché coinvolgente, aggregante e non “personalistica”, invece di perseguire il sogno (irrealistico) della propria leadership!? Francamente non si sa che cosa si possa fare per cercare di convincere questi soggetti a iniziare un processo convinto di aggregazione pur partendo da posizioni politiche personali vicinissime tra di loro. La buona politica è la ricerca di affinità e di aggregazione. Oggi la distanza tra Salvini e Giorgetti o tra Gori e Bettini è molto maggiore (e del tutto incolmabile) nei fatti rispetto a quella tra tutti i soggetti citati. Sono ancora tutti schiavi del passato, della loro storia personale e anche ahimè delle ambizioni o convinzioni di “superiorità” relativa, oppure della incrollabile fiducia di rimodificare lo status quo all’interno dell’organizzazione da cui provengono nonostante plurimi segnali opposti. L’Italia avrebbe un disperato bisogno di una forza politica di centro riformista e liberale che sia sensibile ai temi sociali e economici dei prossimi venti anni (sviluppo sostenibile, ecologia, difesa del buon welfare, produttività, innovazione) contro i populismi di destra e di sinistra. E le persone citate saprebbero anche governare, cioè fare succedere davvero le cose come dice spesso molto correttamente Calenda. E’ pensabile che prenderebbero anche una valanga di voti. Continuare a pensare invece all’uomo nuovo solo al comando ma che non conosce i meccanismi legislativi o come districarsi nella palude burocratica romana senza esperienza, è del tutto velleitario. Qualche uomo nuovo potrebbe aiutare con competenze specifiche, ma molto difficilmente potrebbe essere uno dei leader in questo contesto. E sì non ci sono soluzioni certe, purtroppo, se non aprire una finestra (meglio sarebbe un portone) su un ragionamento cruciale che accada davvero nel mezzo di una crisi Covid, con il debito pubblico al 170 per cento, una crisi demografica senza precedenti e dopo circa quaranta anni di disastroso malgoverno elettoralistico… Ricordiamo ciò che sta succedendo in America dove, come scritto in un precedente post:  “se c’è una lezione in questa elezione è che si vince con l’equilibrio tra progressismo e contemporaneità…” Qualcuno ha idee migliori su come farlo succedere? Ne va del nostro futuro e soprattutto del futuro dei nostri figli e nipoti che con lo status quo sono destinati inesorabilmente ad avere una condizione sociale molto peggiore della nostra, profezia amarissima che i due governi Conte, frutto delle elezioni 2018, hanno reso davvero molto più probabile. Liberarsi di Conte e dei populisti di destra e di sinistra è sicuramente l’unica e strettissima via per evitare il fallimento annunciato. Salvini e Meloni peggiorerebbero la situazione, ma oggi restano l’esito più probabile…

(fine)

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