Italia: è diventato un paese senza sinistra in cui viene chiamata sinistra una cosa che non lo è…

La cosa che unisce quasi tutti i politici che parlano di Sinistra e che intervengono su quella che Ezio Mauro ha chiamato “#dannazione della Sinistra”, è che loro stessi per primi, non sono più socialisti o comunisti ormai da decenni… La cosa che univa quelli del 1921 è che erano invece tutti socialisti e comunisti. Come spiegò Turati intervenendo a Livorno, sui fini ultimi erano tutti d’accordo. Tutti lottavano per il socialismo e il comunismo, poi divergevano sui mezzi per arrivare a quel fine in quel determinato momento storico. La #dannazione della sinistra italiana però non è cominciata nel 1921 perché socialisti e comunisti poi si riunificarono nella lotta contro il fascismo, nella Guerra di Spagna, nella Resistenza, ricostruirono un sindacato di classe unitario, conquistarono insieme la Repubblica sconfiggendo i conservatori abbarbicati alla monarchia, determinarono una Costituzione avanzatissima, conquistarono migliaia di comuni, fondarono ovunque cooperative e centri di cultura, costruirono una sinistra fortissima e condussero lotte formidabili organizzando contadini, operai, artigiani, ceti medi e il meglio della cultura italiana. Si considerarono per decenni parte di un movimento operaio unitario persino quando dagli anni ’60 la loro collocazione politica si diversificò con l’ingresso dei socialisti nell’area di governo e la nascita del centrosinistra. In tutte le battaglie sociali e culturali erano uniti e mantennero sempre in piedi le organizzazioni unitarie. Dopo la guerra e poi negli anni ’60 discussero anche di una possibile riunificazione tanto comune era il DNA. La foto simbolo di quella unità incisa nei cuori di milioni di persone è quella del socialista Sandro Pertini chino sulla bara del comunista Berlinguer. La rottura vera si consumò negli anni’ 80 quando Craxi guidò i socialisti fuori dal socialismo tanto che fu definito dalla stampa internazionale come “Thatcher di sinistra” entrando in rotta di collisione con Berlinguer che intendeva rinnovare ma non abbandonare la lotta per il socialismo. Con Craxi il Psi smise di essere un partito della classe lavoratrice per assumere il ruolo di partito referente del potere economico e portatore dell’allora nuova moda neoliberista… Tutti i caposaldi della tradizione unitaria del movimento operaio e socialista furono progressivamente abbandonati. Craxi divenne l’alfiere dell’attacco alle conquiste degli anni’ 60 e ’70 e financo del decisionismo presidenzialista. In politica estera un sostenitore dell’installazione dei missili USA. Nel caso di Craxi, come di tutte le socialdemocrazie europee, cambiò la sostanza senza cambiare il nome. Nel caso degli ex-comunisti ebbero il buon gusto di cambiare il nome oltre che la sostanza. Alcuni come Occhetto potevano anche essere in buona fede ma il risultato fu un partito che non aveva più alcuna ispirazione autenticamente socialista e anticapitalista e che avrebbe fatto a gara con la destra nel far passare le ricette neoliberiste. Il “crollo del Muro” fu una scusa per liberarsi di un ostacolo alla propria omologazione che era cominciata da tempo. Ovviamente tale mutazione della sinistra storica ha ragioni profonde e non può essere ridotta a un “tradimento” delle classi dirigenti che fu semmai conseguenza di un processo assai più complesso. Ma questo post è già lungo e quindi tralascio… Alla fine degli anni ’80 la vera #dannazione della sinistra, si era consumata: l’Italia aveva perso entrambi i partiti di massa socialisti, che le classi lavoratrici avevano costruito dalla fine dell’ 800 e nel corso del Novecento. Lo stesso sindacato veniva disciplinato perché il grosso dei suoi dirigenti facevano riferimento a quei partiti. Solo piccole minoranze resistettero rimanendo ancorate a un progetto che avesse ancora un’ispirazione di classe e anticapitalista (Rifondazione Comunista, il Manifesto, le aree di movimento che facevano riferimento alla tradizione operaista, un’area di intellettuali critici). Questa resistenza è stata comunque sconfitta e per gran parte riassorbita… Oggi la sinistra, intesa come espressione politico-sociale autonoma delle classi lavoratrici, di ispirazione anticapitalista e socialista/comunista in Italia (ma non solo) non esiste più. Non c’è in parlamento e tantomeno nei media. Siamo diventati un paese senza #sinistra e in cui viene chiamata sinistra una cosa che non lo è. Abbiamo una politica a una dimensione in cui la sinistra non rappresenta più quello che era ai tempi di Turati e Gramsci, di Nenni e Togliatti, di De Martino e Berlinguer. Oggi “la sinistra” è come il partito democratico USA, tutt’al più uno schieramento capitalistico progressista che discetta di ridistribuzione del reddito quando va bene… A chi va quindi l’eredità della classe lavoratrice? Deve ancora essere ricollocata, ci sono minoranze che non si rassegnano a questa #dannazione. Sono deboli e inadeguate rispetto al contesto generale ma mai come in questo momento storico sociale ed economico (povertà, diseguaglianze, sfruttamento, nuove schiavitù, esclusioni sociale ed economica) vale la pena di discuterne e almeno provare a ricollocarla dentro gli attuali schieramenti politici…

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Commenti

  1. Massimo Nozzi  Settembre 23, 2021

    Non mi è chiaro se per sinistra anticapitalista si intende marxista perché credo che ormai l’idea della socializzazione dei mezzi produzione sia un ideologia tramontata definitivamente con la caduta del muro di Berlino
    Se non è così che cosa si intende per anticapitalismo, una terza via che non può prescindere dalla legittimità della proprietà privata
    In alternativa non rimane che il sempre giusto riformismo che senza abbattere il capitalismo lo vuole semplicemente rendere più regolato più umano e più giusto ovvero la tanto vituperata socialdemocrazia tedesca

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    • skrull_1948  Settembre 24, 2021

      Ciao Massimo,
      “Mi fai le pulci?”
      Si, si tratta del “…sempre giusto riformismo” come lo chiami tu, ma che non continui ad arretrare sotto l’attacco di un neoliberismo che stravolge e cancella ogni regola di controllo del mondo del lavoro in nome del/dei mercati. Ricostruire una vera rappresentanza di una sinistra riformista dentro l’attuale quadro politico e un’insieme di politiche attive del lavoro, che evitino le frane occupazionali degli ultimi decenni.

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