Italia: prigioniera di un algoritmo populista. Siamo un paese senza alternative…

Più ci ostiniamo a rinviare le scelte difficili necessarie a fermare la curva dei contagi, più saremo costretti a prenderne di ancora più dure, quando sarà troppo tardi per evitare il peggio con maggiori perdite umane e al prezzo di più lunghi e dolorosi sacrifici… Ma questa è l’essenza della logica di governo a trazione populista… Dall’entrata in carica di questo Governo, i media stranieri hanno dedicato al nostro Paese copertine, articoli, commenti non sempre lusinghieri. Populismo, razzismo, xenofobia, inesperienza, governo antisistema sono tra le qualificazioni più utilizzate dalla stampa estera e dai giornalisti di tutto il mondo per descrivere la politica di casa nostra. Ieri nel nostro paese ci sono stati 32.961 nuovi casi,  su oltre 225mila tamponi, 623 le persone  morte ed è stato superato il milione di casi, mentre in tv si susseguono gli appelli di medici e infermieri al governo perché prenda misure restrittive più drastiche. I ricoveri sono triplicati rispetto a marzo, e i reparti stremati. Manca personale, ora basta con il ‘nascondino’ delle istituzioni. Mentre nelle farmacie di mezza Italia si chiede ai cittadini di riportare indietro le bombole d’ossigeno vuote – anche in regioni considerate tuttora «gialle» – dal nostro rigoroso sistema di monitoraggio. E anche ieri, come quasi tutti i giorni da un mese a questa parte, i retroscena hanno dato conto di un dibattito interno all’esecutivo, con gli esponenti del Pd, a cominciare da Dario Franceschini, in sintonia con il Ministro Speranza (Leu) che da tempo invocano misure restrittive più dure per fermare l’impennata dei contagi, e con il presidente del Consiglio che invita a tenere i nervi saldi, a non drammatizzare e soprattutto ad aspettare gli effetti delle misure già prese… Questo ritornello, intonato ogni settimana da Giuseppe Conte e dai suoi scienziati di fiducia, nel silenzio ormai assoluto dei Ministri 5 stelle (in altre faccende affaccendati) secondo cui bisogna sempre aspettare l’esito delle misure appena varate (quindi almeno altri quindici giorni), salvo poi vederne varare delle altre la settimana successiva, l’abbiamo sentito già quattro dpcm e altrettante settimane fa. Dunque viene da domandarsi come mai quegli esponenti del governo che da più di un mese chiedono misure più drastiche non riescano proprio a farsi sentire, nonostante i numeri e la situazione critica degli ospedali mostrata da tutte le televisioni. Ma è una domanda retorica, perché l’elenco degli argomenti su cui il Partito democratico e Leu con ad intermittenza Italia viva non sono riusciti a farsi sentire è stato già fatto tante volte e con le ultime vicende servirebbe molto più spazio di questo solo post. Se di mezzo non ci fosse la vita di tanti italiani, verrebbe quasi voglia di dire che se la sono cercata. Chi, come Franceschini, è stato tra i primi e più convinti sostenitori dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle, sin dal giorno dopo le elezioni del 2018… sia chiaro che si può discutere dell’opportunità tattica di tentare la strada di un governo di emergenza all’indomani della rottura dell’alleanza gialloverde, nell’autunno del 2019, per evitare che Matteo Salvini facesse cappotto. Lo confermo, sono personalmente convinto che fosse giusto tentare. Ma il punto è tutto qui. Un conto è cercare un accordo tattico per cause di forza maggiore… altra è consegnarsi mani e piedi alla logica dei 5 stelle. Sta di fatto che oggi tutta l’Italia paga il prezzo dell’assenza di alternative al populismo, egemone tanto al governo quanto all’opposizione. Al governo abbiamo infatti Conte che gioca a scaricabarile con le Regioni – con l’ulteriore assurdità di avere deciso un lockdown nazionale quando l’epidemia era localizzata e di voler oggi procedere regione per regione quando è diffusa in tutto il Paese – tingendolo di diversi colori. A questa assurdità si contrappone quella dei “governatori” che a loro volta, dopo essersi lamentati la primavera scorsa, di non aver potuto in autonomia, decidere le misure restrittive necessarie sui loro territori e aver ‘subito’ il lockdown imposto dal governo centrale, oggi rispondono contrariamente con lo scaricabarile sull’Esecutivo e urlano; “il governo decida lui se mettere il Paese di nuovo in lockdown”, in modo di poter continuare a lamentarsi… nascondendo dietro ciò le proprie palesi insufficienze organizzative sulle sanità regionali.  Mentre all’opposizione abbiamo Salvini, che ancora ieri si rifiutava esplicitamente di invitare le persone a stare a casa. Peraltro con un argomento, va detto, a suo modo razionale, in base al quale chi rispetta le norme ha diritto di andare dove vuole. E qui sta proprio l’equivoco di fondo dell’approccio contiano, che da un lato continua a rassicurare, evitando i provvedimenti più restrittivi, dall’altro, dinanzi alla conseguente impennata dei contagi, tenta di scaricarne la responsabilità sui cittadini colpevoli di frequentare quei bar, quei parchi e quei ristoranti che il governo ha deciso di tenere aperti… Da questo punto di vista, come si vede, Salvini non fa che portare alle sue logiche conseguenze la linea del presidente del Consiglio. Perché la linea – a onta della narrazione che li vorrebbe contrapporre, e di cui Zingaretti, Franceschini e tanti esponenti del Pd si sono riempiti la bocca in questi mesi – è esattamente la stessa. Al massimo si può notare una differenza di gradazione, laddove Conte manda avanti i membri del comitato tecnico-scientifico a spiegare che bisogna aspettare e che le misure già prese sono sempre adeguate e proporzionate (ogni volta come se fosse la prima volta), mentre Salvini invita a dare maggiore ascolto a quegli scienziati secondo i quali anche questo è già troppo, perché il problema è semmai l’allarmismo, e insomma il governo non dovrebbe fare di più, ma di meno… Questa sorta di bipolarismo fasullo tra due forme di populismo ottiene così, tra gli altri, il risultato non secondario di emarginare le voci di chi, anche tra gli scienziati, chiedeva e chiede da mesi, al contrario, di fare di più, denunciando il rifiuto di mettere in piedi un sistema di tracciamento degno di questo nome sin dall’estate scorsa e rinviando ogni discorso sulla richiesta e l’utilizzo del Mes per rimettere in piedi una sanità pubblica, dissoltasi nelle 20 differenti e insufficienti sanità regionali. Magari vagheggiando su un vaccino che già a dicembre verrebbe a risolverci tutti i problemi e a consentirci di passare un «sereno Natale». Se ci ostiniamo a rinviare le scelte difficili e  necessarie a fermare la curva dei contagi, saremo costretti a prenderne di ancora più dure e avremo così maggiori sofferenze e maggiori perdite umane. Ma questa è l’essenza della logica populista (guardiamo all’America di Trump), e tanto più di un movimento costruito attorno allo stesso algoritmo dei social network, e pertanto abituato a commisurare le proprie scelte politiche alla necessità di ottenere un consenso immediato, traducibile in visualizzazioni e mi piace (persino per scherzetti come la richiesta a suo tempo di impeachment del capo dello Stato, giusto due giorni prima di elevarlo a proprio «angelo custode»). E così, dinanzi alla seconda ondata del virus che travolge il paese senza praticamente incontrare resistenza, ai volenterosi ministri del Pd non sembra essere rimasta altra opzione che quella di mettere i like dei “mi piace o non mi piace” sulle scelte di Giuseppe Conte e dei suoi ormai 5stelle, così come leggiamo quotidianamente nei retroscena dei giornali…

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