La Globalizzazione è finita e Trump ne è la prova?

Sono sempre di più coloro che scrivono dicendo: “È la fine di un’epoca”. Riferendosi alla fine dell’utopia della globalizzazione.

Una globalizzazione che aveva come progetto di creare: “un uomo nuovo e un mondo nuovo”. “Un uomo nuovo è anche un consumatore ideale… a cui andavano cancellate radici e tradizioni, conformemente allo schema ideale del consumo”.

Inoltre il mondo nuovo era quello verso il quale “esportare la democrazia” …come se fosse un qualsiasi “prodotto” di consumo.

Sì, da oltre vent’anni tutto l’establishment politico, senza alcuna distinzione tra centrodestra e centrosinistra, tutto il mondo economico/finanziario e tutta (o quasi) la cultura occidentale, hanno esaltato …le magnifiche sorti della globalizzazione fondata sul “dio mercato” e la diffusione della democrazia occidentale al resto del mondo.

Il movimento “NO GLOBAL” nel migliore dei casi è stato indicato quale nemico del progresso, e i suoi seguaci quali nostalgici dell’epoca della pietra, se non addirittura pericolosi delinquenti che volevamo sabotare l’inarrestabile cammino dell’umanità. Quando non venivano appellati quali veri e propri “pazzi”.

La Storia, sembrerebbe invece dargli ragione…

Fin dal 1999 a Seattle, poi nel 2001 dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, c’era chi indicava i rischi che l’umanità stava correndo: Susan George, presidente di Attac Francia, spiegava che se non si fosse fermata la finanziarizzazione dell’economia una crisi spaventosa, avrebbe travolto l’Europa; Walden Bello, sociologo filippino ammoniva: “La crisi è relativa al capitalismo e alla sua tendenza a trasformare ogni risorsa in un prodotto da vendere, un sistema antitetico all’interesse della biosfera”. Mentre dalle discariche di Nairobi, padre Alex Zanotelli prevedeva un continuo ricorso alla guerra per proteggere le ricchezze di pochi in un mondo nel quale, allora, nel 2001, il 20% della popolazione possedeva l’80% delle ricchezze. In quegli stessi mesi venivano raccolte centinaia di migliaia di firme per la “TobinTax” ma tutti, economisti e politici respingevano queste questioni come fossero pensieri deliranti indicando chi se ne faceva promotore …come fossero dei pazzi visionari di impossibili catastrofiche sciagure.

La Storia, sembrerebbe invece dargli ragione…

Oggi, secondo Credit Suisse, l’8,6% della popolazione possiede l’85% della ricchezza del mondo; la terra, il cibo e l’acqua, elementi indispensabili per ogni forma di vita, sono sempre più oggetto di conquista e privatizzate: oltre 45 milioni di ettari principalmente in Africa, ma anche in Asia, in America Latina e perfino in Europa sono nelle mani delle multinazionali; la povertà cresce ovunque, e non risparmia certo l’Ue dove il 23,75% della popolazione è a rischio di povertà e di esclusione sociale.

Negli ultimi anni sono scoppiati almeno 17 conflitti: nove in Africa, tre in Medio Oriente, uno in Europa, tre in Asia. E’ difficile negare che dietro ad ognuno vi sia la lotta per il controllo delle risorse energetiche e di importanti risorse minerarie. Ma la crescita esponenziale delle differenze sociali anche nei Paesi Ocse, produce un significativo aumento dell’insofferenza verso l’establishment che è in difficoltà nel continuare a garantirsi quel consenso popolare necessario per procedere ulteriormente nella concentrazione delle ricchezze.

E’ in questo contesto che si sono svolte le elezioni presidenziali Usa: con i “poteri forti” che ruotavano attorno ad Hillary Clinton gli stessi che hanno guidato la globalizzazione degli ultimi vent’anni, e che anche nel loro stesso Paese… sabbiamo “scoperto” sono odiati da grandi masse che forse non a torto… li individuano come i responsabili della loro condizione di miseria. Per “i pentiti” non è prevista alcuna espiazione, e corrono alla corte del nuovo signore… il miliardario Trump, che si è mostrato molto abile nel cavalcare le proteste: ai lavoratori diventati disoccupati a causa delle delocalizzazioni promette quelle stesse politiche protezioniste che Wto e Usa hanno negato ai Paesi Africani; alla classe media, impoverita e privata del proprio ruolo sociale, indica le responsabilità della finanza rapace di Wall Street; ai poveri dà in pasto i migranti, trasformati nella causa delle loro disgrazie.

L’immagine sapientemente costruita è quella del guerriero che si oppone al potere globale. I media fanno a gara nel definire Trump no global. Nulla di più falso ma l’occasione è troppo ghiotta: da un lato continuare ad attaccare la credibilità dell’unico movimento che ha cercato di rappresentare un’alternativa possibile e ragionata al liberismo selvaggio e che oggi trova alleati quali Sanders e Corbyn rappresentanti di un pensiero di “sinistra” che sopravvissuto all’ideologia della fine delle ideologie (destra, sinistra non esistono più… grande e grave menzogna); dall’altro diffondere l’idea che lo stesso periodo del liberismo finanziario si è concluso: e che seppur con i suoi disastri e le sue ingiustizie… è iniziata una nuova era verso la quale è necessario guardare con speranza… Nessun “mea culpa” né alcuna espiazione per i “pentiti”, che sono diventati gli apripista, la pattuglia in avanscoperta, per vedere come i poteri economici e finanziari possono ricollocarsi a fianco di colui che ha saputo ricostruire un blocco sociale (molto eterogeneo e contraddittorio rispetto agli stessi bisogni e specifici interessi) ma che alla fine sono di sostegno agli interessi che loro conoscono bene per via delle antiche frequentazioni… Trump no global? Nulla di più falso ma l’occasione è troppo ghiotta… Il potere politico Usa da un lato cercherà di giocare direttamente un ruolo primario, scavalcando le istituzioni internazionali in favore di accordi commerciali bilaterali fondati sull’antico “divide et impera” Ue compresa; dall’altro, libero da padrini elettorali, risponderà agli interessi economici diretti di Trump e del suo cerchio. Non è un caso che le azioni dell’industria farmaceutica e automobilistica abbiano fatto un enorme balzo in avanti solo poche ore dopo le elezioni. Trump ha ben compreso che il potere economico per dispiegare al massimo i suoi interessi ha necessità di un sostegno popolare, almeno nel Paese che oggi si pone come il centro dell’impero. Per questo sosterrà per i suoi concittadini politiche protezionistiche, vietate in ogni altro angolo della terra, e cercherà di mostrarsi attento alle urgenze sociali di chi lo ha votato a cominciare dall’aumento dei posti di lavoro… Ma sui reali interessi che l’amministrazione Trump sosterrà non ci sono dubbi. E’ sufficiente ricordare alcune delle figure che ha nominato nei punti chiave della futura amministrazione: al Tesoro Steve Munchin, ex Goldman Sachs; al Commercio il miliardario Wilbur Ross; segretario di Stato, Rex Wayne Tillersonmin, proveniente dalla Exxon Mobil; al Lavoro Andrew Puzder, amministratore delegato della catena di fast food Hardee’s and Carl’s, solo per citarne alcuni. Nulla da spartire con le idee del movimento No Global e con la critica che rivolge a questa globalizzazione senza regole, oggi più che mai dominata dal mercato.

Non credo che su questo punto sia necessario spendere altre parole…

“E’ sempre tempo di Coaching!”

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