La politica senza i politici e …i politici senza politica

Sempre più spesso sale forte in me una Irritazione  incontrollata e violenta, che è provocata dalle tante contrarietà e delusioni che ormai ogni giorno si incontrano  nel vivere in questo “nostro” sempre meno … “Bel Paese”.

Si, lo confesso …sono preso da un sentimento “sordo” che stento a contenere, di ’sdegno’ (rafforzato da tutti i suoi sinonimi: antipatia, disistima, dispregio, disprezzo ecc.), che mi fa sentire offeso come uomo e “cittadino”, per il profondo senso d’impotenza di poter cambiare le cose che alla fine mi pervade (…dover star qui senza poter far nulla) e mi rode.

Ma cos’è …rabbia? Si, è rabbia! Rabbia per come la “politica” si rappresenta o per meglio dire si presenta… al tempo d’oggi.

Ci avete fatto caso? Oggi giorno, sulla scena politica, si affacciano alcune ben distinte figure: l’uomo che fa politica contestandone il linguaggio, i modi, le tradizioni in nome di una politica modellata sul mondo degli affari; l’uomo che fa politica avendo bisogno di individuare costantemente un ‘nemico diabolico’ allo scopo di mobilitare i propri seguaci e di creare da se stesso le condizioni e le ragioni della propria esistenza; l’uomo che fa politica svestendo i panni dell’uomo politico per vestire quelli dell’uomo qualunque, allo scopo di tranquillizzare, rassicurare, minimizzare i conflitti e invitare alla concordia, facendo appello ai “buoni sentimenti” e alle “virtù” quotidiane.

Insomma, la logica che presiede la politica del terzo millennio (nella cosiddetta era …dell’antipolitica) è quasi sempre quella dell’immagine e null’altro e, qualche volta, anche del vittimismo.

Lo strumento è più o meno quello del marketing, che fa della politica classica un nuovo tipo di politica, diversa in tutto e per tutto da quella che gli uomini del passato hanno conosciuto, fatta di programmi, soluzioni alternative, ecc.

In questa “nuovo corso”, infatti, non ci si chiede più come l’uomo politico intenda risolvere i problemi del proprio Paese, bensì chi? Quale personalità, quale partito, quale gruppo intenda risolverli. Nasce così, con questa ’mentalità politica’, anche una nuova concezione della democrazia.

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Il passaggio ‘dal come al chi’ segna la transizione dal potere come ‘mezzo’ al potere come ‘fine’. Ciò che conta non è “come sono fatte le cose, ma chi le fa”.

Ecco, allora, che la politica diventa esclusivamente l’arte di conquistare il potere, cessando quasi di essere l’arte di saperlo usare una volta che lo si sia conquistato. La politica, se vogliamo rovesciare un celebre postulato, diventa allora una sorta di “continuazione della guerra con altri mezzi”, una vera e propria metafora della guerra. Le conseguenze sono facilmente immaginabili e non sempre condivisibili. Anche perché l’obiettivo primario della politica, come quello della guerra, diventa la distruzione dell’avversario, equiparato al nemico.

Sicché, la politica – intesa nel significato tradizionale del termine – riprende a esercitare la sua funzione di veicolo per la soluzione dei problemi, solo quando il ‘nemico’ è definitivamente debellato e la resa è senza condizioni. Da quel momento, e solo da quel momento, ‘fare politica’ può significare qualcosa di diverso dal ‘fare la guerra’.

Allo scopo di debellare l’avversario politico, in campagna elettorale o nel periodo che la precede, quando cioè maggiormente la politica diventa la metafora della guerra, si formano e combattono l’una contro l’altra “coalizioni distributive”, analoghe – per molti aspetti – alle coalizioni belliche. Tali coalizioni trovano la loro ragion d’essere unicamente alle seguenti condizioni: 1°) la presenza di un “nemico da debellare”; 2°) l’esistenza di un “bottino di guerra da spartire”.

La storia ci insegna basta pensare ai due conflitti mondiali del secolo scorso e alle eterogenee coalizioni che le hanno combattutte. E la stessa cosa accade, oggi, a quanto pare, in campo politico. Tra l’altro viviamo ormai un clima generale di “guerra” perenne… che vede deflagrare guerre vere in gran parte del Mondo, una delle quali sta insanguinando l’Occidente e il Medio Oriente con punte anche nel Maghreb, in Arabia, nell’Africa centrale, nelle Filippine, in Bangladesh.

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Noi italiani… noi europei, siamo al centro di questa guerra che, nonostante le apparenze, non è tra civiltà e neppure tra religioni. È una guerra tra fondamentalisti e liberali, tra classi evolute e periferie, tra benestanti e poveri, tra corrotti e onesti e perfino tra giovani ‘scapestrati’ e giovani ‘consapevoli’.

Insomma è la crisi di un’epoca ed è anch’essa ‘globale’ perché i suoi fuochi sono sparsi in tutti i continenti e si intrecciano e si alimentano tra loro.

Il Mondo è ampiamente sconvolto da questa crisi e dalla guerra che ne deriva, il fondamentalismo e il terrorismo e, per combatterlo in nome della libertà anche la libertà è …costretta a limiti più restrittivi con buona pace della “Democrazia”.

Comunque la mia rabbia: non ha colore o ideologia e vuole chiamare in causa l’arroganza della politica a 360 gradi …contro tutti coloro che sono pronti a sacrificare una concezione della politica e della Democrazia costruita sulla pace tra i popoli, il welfare e la sicurezza delle persone, nonché e purtroppo capita …persino l’onore della gente, sull’altare dell’opportunismo politico.

Oggi, ovunque nel Mondo, la maggior parte della gente ha perso la fiducia nei politici.

Corruzione, cospirazioni e scandali politici sono diventati la norma in ogni paese ed in ogni partito, per cui moltissimi politici hanno perso la fiducia anche dei propri sostenitori. Molti credono che la Politica generi automaticamente la corruzione, di qui il detto: “dove c’è potere c’è corruzione”.

Nessuna meraviglia quindi se la maggioranza delle persone non ha fiducia non solo nei politici, ma anche nella Politica in quanto tale. Molti si rifiutano di votare, non credono più che il voto possa portare dei cambiamenti significativi. Non votare per i propri rappresentanti è un voto di “sfiducia” per quel tipo di governo della Democrazia.

Nessuna meraviglia quindi se taluni pensano che il parlamento vada rimpiazzato con un dittatore. Altri che rifiutano l’ipotesi di un dittatore, poiché comunque non vedono alternative, si rassegnano e abbandonano la Politica ai politici.

Ciò peggiora le cose, perché in questo modo si lascia che la società venga gestita da politicanti preoccupati più del loro potere personale che degli interessi della collettività.

Ora non ho intenzione di aprire  …una ‘crociata’ personale  con questo post e da questo blog. Sarà quindi meglio che specifichi alcuni concetti: il mio non è un attacco a qualcuno o a qualcosa dettato da una scelta politica di parte, non vado alla ricerca di infangare l’avversario (…il nemico) con tematiche populistiche… con le quali contrastare la Politica e soprattutto i politici.

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Non condivido il populismo e non sono contro la Politica.

Sono invece contro quello che sempre più è il suo …fantasma!

Sono contro la semplice contestazione che – sembra ormai essere una nostra prerogativa nazionale. Non c’è  di che andare fieri – in Italia, cresce sempre più una certa ‘acredine’ del linguaggio, una mirata arroganza verbale che nasconde l’inconsistenza dei contenuti delle proposte Politiche del vivere civile.

L’avversario di deve, prima ancora di contrastare nella sostanza – opponendogli la visione programmatica delle proprie idee – demonizzare a parole, attaccare, svilire, financo insultare. Si fa o si pensa di fare Politica …avendo la cura, quasi maniacale, di non cadere nel contenuto. Di non criticare il pensiero avversario, facendo emergere la forza persuasiva del proprio.

Giammai parlare di programmi, di idee, di progetti futuri concreti, esponendone le modalità pragmatiche della loro realizzazione. Farlo …distoglierebbe dall’arte della delegittimazione, come unica virtù politica contemporanea.

Siamo ormai solo all’arroganza dei comportamenti e delle parole che nascondono il vuoto della Politica e dei valori su cui fondare la convivenza di una comunità civile.

Sembra, infatti, che i partiti siano perennemente in campagna elettorale, infatti quella delle consultazioni Amministrative per il rinnovo dei sindaci delle nostre grandi città, che  si terrà entro il giugno  dell’anno prossimo, è di fatto già iniziata e in modo serrato da qualche tempo. Lo scontro è aperto  a partire dalla Capitale e dalle dimissioni della sua Giunta a metà mandato. A Milano come a Napoli e a Bologna dove sono in scadenza i Sindaci e le Giunte che le hanno governate.  E ancora una volta ci si interroga su chi? Dovrà essere il nuovo Sindaco e non su cosa dovrà fare… continua così la “paura” a sbandierare manifesti programmatici, a palesare ricette e  svelare le armi di “risoluzione” dei problemi di massa che colpiscono le nostre città (funzionamento dei trasporti e della viabilità, strutture ospedaliere e ambulatoriali, asili nido e scuole, servizi generali alla cittadinanza e lotta, all’inquinamento) attraverso un’amministrazione efficiente e corretta che ne controlli la diffusione e l’accesso da parte dei cittadini e ne controlli altresì i costi e la qualità degli stessi.

Tutti si muovono in modo mellifluo, mutando posizione e idee giorno dopo giorno. Il risultato è la vacuità, l’ondivaghezza della “Poltica senza i politici e… i politici senza la Politica”.

I Politici parlano senza convincere, partecipano senza entusiasmare nessuno, e senza nemmeno tentare di ridare fiducia agli elettori disillusi. In questo contesto di ‘vuoto pneumatico di serietà’ – e anche di chiarezza e nettezza – si inseriscono le dichiarazioni aspre e rancorose di tutti contro tutti.

Non è importante – o forse per alcuni, sì – chiedersi se abbia ragione qualcuno o se solo quel che si dice abbia la funzionalità di slogan pirotecnici, al fine di far parlare di sé e dar risalto a chi… anziché parlare di contenuti …che altrimenti potrebbero rappresentare impegni da assolvere poi, una volta eletti. Messe così le cose spesso si riduce il tutto ad “antipolitica” sia le opposizioni sia le critiche, si cerca, una strategia mediatico-politica, per smarcarsi dalla discettazione sulle idee politiche e sulle visioni opposte.

Lo fanno apposta, allora?! Si, per continuare nella ‘trappola’ dell’arrogante e insultante propaganda politica che aumenta solo il rischio di allontanare ancor più gente dal partecipare al voto.

Invece, a me pare giunto il momento, a partire da questa volta, di cercare un vero confronto politico, basato proprio su modalità comparative e sincretiche tra le proprie idee e quelle degli altri.

“Guardate, signori elettori, noi abbiamo questi progetti; vorremmo le nostre città e l’Italia così: queste le nostre ricette, queste le modalità pratiche di realizzazione. Queste invece quelle degli altri, che a noi non piacciono, che non riteniamo convincenti: perchè, perchè, perchè…

E’ dunque questo il vero male della Politica italiana?

Aver concentrato l’attenzione di vent’anni, gli ultimi ‘complessi’ vent’anni, sul Chi, allontanando quasi con fastidio il Perché e il Come?

Aver fatto della Politica un’arma di pura demonizzazione dell’avversario, identificato come il ‘Male’ assoluto, per mantenere nascosta la fragilità delle proprie proposte?

E’ forse per questo che leader, vecchi e nuovi, non sono abituati alla dialettica politica e rifuggono il confronto, in quanto non abituati né preparati?

Se coloro che leggono si mettono, nei panni di un giovane, magari ventenne, ancora più “perduto” di quella generazione di 30 e 40enni, che preso il “potere” …vedranno comunque prima la fine del tunnel.

Che dovrebbe pensare di fronte a questo scempio della rappresentanza?  Cosa di fronte all’impossibilità reale di ascoltare un progetto, un’idea, una proposta intorno alla quale unire e confrontarsi? Cosa di fronte all’amara consapevolezza che spazio per Noi non ce n’è, a parte frasi ipocrite e trite dichiarazioni d’intenti?

I giovani si osteggiano, le rendite di posizione acquisite si difendono e l’avversario si demonizza. E’ questa la Politica che ci meritiamo?

Aver dimenticato l’arma potente del confronto e della relazione con l’altro da sé, smantellando il confine della propria posizione, apre alla sua inconsistenza. Le parole non rimbalzano contro quelle dell’avversario, ma si disperdono nell’aria. E i contenuti, cari politici, dove sono? E le alleanze? Non potete tenerci sulla graticola senza un’idea, non dico chiara, ma almeno precisa del vostro futuro e di chi vi voterà. Sono anni che aspettiamo nettezza e coerenza.

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Forze troverete insolita, questa mia presa di posizione, magari addirittura poco accorta: con il rischio di crearmi  qualche problema e rischiare da solo il mio “futuro”.  He!He!He!  Già il mio futuro da “pensionato”.

Ecco un altro problema della nostra Politica, siccome …tutti “tengono famiglia” alla fine si acceta di vivere la nostra vita …accontentandosi di fare la ‘comparsa’ e di non contrastare e dispiacere il “potere”.

E’ così che, alla fine, abbiamo, e continuiamo a condividere un po’ tutti quanti, la ‘corresponsabilità’ storica di una cattiva gestione della politica e delle sue risorse al giorno d’oggi.

Nessuno si fa più carico di una battaglia che è di tutti e che va combattuta in prima linea proprio a difesa della Politica e della Democrazia, invece, si pensa: è meglio non rischiare nulla… e difendere personali posizioni di carriera e/o vantaggi economici.

Certo molti di noi, con sacrificio e responsabilità civile e professionale continuano a far funzionare al meglio le cose loro affidate: perché in fondo …è la nostra terra, ci sono i nostri amici, i nostri familiari, i nostri vecchi, i nostri figli. Ma questo non basta più!

Bisogna tornarsi a chiedere: La politica che cos’è? Nessuno sa più che cos’è! Se ha ancora senso parlare di destra, di sinistra e di centro? Se forse ha più senso parlare di “sopra e di sotto”. Parlare di Sud e di Nord del Mondo. Se in politica abbiamo bisogno di un leader,  di un uomo solo al comando… o se siamo persone politicamente adulte, che vogliono …pretendono di discutere, partecipare e decidere del loro futuro?! Sapendo che abbiamo bisogno di una visione del mondo e del nostro Paese a …30 anni, non a due mesi dall’ultima scadenza elettorale!

Occorrono quindi idee …per una buona politica.

Bisogna riscrivere le regole della democrazia, aprirne le porte, abolire la concentrazione del potere ed i privilegi dei rappresentanti, cambiarne veramente le istituzioni che non funzionano. E allo stesso tempo bisogna inventare un soggetto nuovo (i partiti sono in profonda crisi da tempo ormai) che sia in grado di esprimersi con forza nella sfera pubblica e di raccogliere questo bisogno di una nuova partenza.

Oggi la politica in Italia, ‘il palazzo’ per intenderci, non rappresenta affatto parti intere del paese (basta pensare che oltre il 40% degli aventi diritto non vota più) occorre quindi proporsi di creare nuovi percorsi in cui i cittadini riescano ad appropriarsi, attraverso processi democratici diversi, del potere di contare e di decidere. Occorre che un numero sempre più grande di cittadini informati e attivi non che qualificati, possano discutere e decidere facendo di una rinnovata  ‘democrazia’ la loro bandiera.

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Oggi le decisioni sono sempre prese altrove – non a livello comunale ma regionale, non nel parlamento italiano ma a Bruxelles, non a Bruxelles ma a Francoforte, non alla BCE ma dai ‘mercati’ ecc.. 

Bisogna innescare un processo opposto che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere. Bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale, espandendo tutti quegli spazi in cui il governo e il cittadino sono vicini l’uno all’altro.

La democrazia rappresentativa ha bisogno, dunque, sia di una sua riforma interna in senso proporzionale, sia di essere arricchita da nuove forme di democrazia partecipativa:  partiti politici attuali sono così diventati organizzazioni completamente anacronistiche rispetto ad un modello di democrazia che non può più esaurirsi solo nella rappresentanza e nella delega.

Occorrono  soggetti nuovo, che nelle sue regole e pratiche, metta l’accento sull’inclusione. Dentro questo spazio, non più separato dalle istanze della società, si muoverebbe una pluralità di attori politici nuovi.

La ‘buona politica ‘avrebbe bisogno di concentrare intelligenza, passione, energia attorno a questioni di rilievo ed invece si trova prigioniera della autoreferenzialità degli schieramenti.

Necessità di ridefinire i valori ideali, per restituire speranza, fiducia nel futuro senza di cui ogni impresa per migliorare il Mondo e la globalità diviene un vano sogno.

La buona politica soffre di “solitudine” perché sta indebolendosi la partecipazione.

Niente giustifica la non partecipazione alla politica. Se la politica è prevalentemente cattiva e rende marginale o irrisa quella buona, è prima di tutto responsabilità nostra come cittadini.

Il nostro impegno, il nostro dovere di informarci, dire la nostra, partecipare, scegliere renderebbe la politica migliore, le istituzioni più vicine ai cittadini, gli eletti con il nostro voto più competenti, rigorosi, coerenti.

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Il nemico più grande non solo della buona politica ma della stessa Costituzione è …l’indifferenza!

Invece, l’egemonia del presente domina lo spazio del dibattito nel nostro paese. E l’emergenza perenne di molte questioni del nostro paese  …impediscono d’immaginare una politica capace, attraverso decisioni alte e partecipate, di pensare le ricadute di ogni singola scelta sulla generazione futura.

Classe dirigente e futuro del Paese vanno di pari passo. Nel nostro Paese ha perso di significato il concetto di una classe dirigente responsabile, preoccupata anche dell’interesse generale, fiera di dirigere, non sfacciata nell’esigere. Dedita per prima a dare il buon esempio. Le élite italiane anche quando sono forti nel consenso sono deboli in competenze;  il ricambio avviene ancora troppo per cooptazione.

Chi ha a cuore il futuro del Paese, la formazione di una classe dirigente di qualità, le riforme e il ritorno alla crescita, ha molto di che preoccuparsi.

C’è bisogno di riforme e federalismo vero, serve un clima di responsabilità nazionale per fare almeno le più profonde e ineludibili riforme istituzionali, ma occorre farle bene… non farle solo per consolidare il potere e il ruolo del politici di turno…

La crisi della politica rende necessario per ognuno di noi dare un contributo per tenere unito il Paese e fare gli interessi generali, mettendo da parte gli interessi di bottega. Tutti insieme pensiamo al bene comune e ad avere unità d’intenti. Rifondiamo il rapporto tra politica e cittadini, per dare agli italiani la possibilità di contribuire a determinare la legge elettorale e la forma di Governo, attraverso referendum confermativi.

Occorre richiamare o meglio ‘reclamare’ la necessità di fare un passo in avanti per una nuova classe dirigente  e anche di una nuova generazione,  ma occorre farlo con “umiltà” non con l’arroganza  della “rottamazione tout court” di quelli venuti prima di questo o quel presunto “super-uomo nuovo” della politica.

Prima di voler cambiare gli italiani dobbiamo cambiare il modo di far politica.

I partiti politici hanno il dovere di intercettare la domanda di buona politica e chiedere ai cittadini di scendere in campo per rinnovare il paese e le sue istituzioni.

La buona politica deve essere fatta di competenza, spirito di servizio, buon senso, giustizia sociale, pragmaticità e dall’idea fondamentale che ciascuno è responsabile della comunità presente, in cui vive ed opera e della comunità futura che lascerà in eredità ai propri figli spetterà proprio alla società civile, il compito di impegnarsi per essere motore di questo cambiamento.

Concludendo occorre adottare una sorta di  “Decalogo per una buona politica”: Per la disaffezione all’impegno politico e la distanza fra una classe dirigente, le istituzioni e i cittadini, servono: la riforma della politica, il suo rinnovamento, l’ispirazione democratica e la volontà di partecipazione, l’esperienza individuale, l’apporto dei movimenti territoriali, un movimento collettivo basato su principi quali la trasparenza, onestà, buonsenso, concretezza e in primo luogo spirito di servizio per la propria comunità. 

I suoi valori fondanti sono: Lo spirito di servizio e senso del dovere, trasparenza e coerenza; integrità e sobrietà delle persone; il rispetto della legalità e delle regole, contrastando ogni forma di connivenza con le attività di tutte le mafie; partecipazione diretta e coinvolgimento nelle scelte; cultura democratica e solidarista;  la pacatezza nel confronto politico e il riconoscimento del giusto. 

I suoi modelli di comportamento: la responsabilità e la trasparenza, la tempestività nelle decisioni e nell’operatività, efficienza, efficacia.

Senza tutto ciò non solo non c’è la Politica …ma ci restano solo ‘pessimi politici’ senza alcuna Politica!

E’ sempre tempo di Coaching!

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