L’andamento dei mercati finanziari nel 2016…

La prima metà del 2016 è stata caratterizzata da una serie di fattori che hanno accresciuto l’incertezza tra gli operatori e determinato un andamento dei mercati finanziari più deludente delle attese. Ma quali fattori persisteranno nei prossimi mesi e quali mercati potranno offrire una protezione migliore nelle fasi di risk-off?
Dall’inizio dell’anno i mercati finanziari si sono comportati in modo diverso da quello che la maggior parte degli analisti si attendeva. Nell’UEM, solo gli indici di prezzo obbligazionari governativi e corporate sono riusciti a superare i valori di inizio anno. L’azionario sta recuperando nelle ultime settimane, pur con differenze geografiche e settoriali: per il bancario i primi sei mesi del 2016 si sono chiusi con perdite pesanti
(Fig. 1).
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Figura 1: Mercati finanziari UEM (indice, 1/1/16=100)* Fonte: Thomson Reuters, elaborazioni Prometeia; dati al 20/7/16.

* Indice obbligaz. governativo JP Morgan, all maturities; indice obbligaz. corporate BofA/Merrill Lynch, all maturities; indici azionari DS-Markets. Indici Total Return.

Prima della forte volatilità di inizio anno, si credeva che i mercati azionari, e in generale i titoli più rischiosi, potessero essere ancora sostenuti dalle misure espansive di politica monetaria che, allo stesso tempo, avrebbero evitato una ulteriore caduta dei rendimenti sui titoli governativi più sicuri. Non è andata così!

Le nuove misure introdotte dalla Banca Centrale Europea lo scorso marzo hanno contribuito a ridurre ulteriormente i tassi a lungo termine ma, al contrario di quanto osservato con le prime misure di QE, non sono riuscite ad avere un effetto positivo sui mercati azionari.

L’andamento dei mercati finanziari è stato guidato soprattutto dal forte aumento dell’incertezza e i fattori che hanno fatto impennare l’avversione al rischio non sono certo mancati.

Già dalle prime settimane dell’anno si sono intensificati i timori di un forte rallentamento delle economie avanzate, a partire dagli USA, effetto delle difficoltà nei paesi emergenti, dopo che già nell’agosto 2015 la caduta della borsa cinese aveva fatto sentire i propri effetti negativi sui mercati internazionali.

Anche le future mosse della Federal Reserve hanno contribuito ad accrescere l’incertezza nei primi mesi dell’anno creando, più in generale, un clima di maggiore scetticismo sulla effettiva capacità della politica monetaria, dopo anni di tassi molto bassi, di incidere sull’economia e riportare l’inflazione sui livelli obiettivo. Nell’area euro le misure espansive della BCE hanno sì contribuito a frenare la caduta del credito e ridurre i tassi sui prestiti, ma l’inflazione è rimasta vicina allo zero e le aspettative di lungo termine non sono riuscite a risalire.

Un terzo fattore negativo per i mercati è stata poi la revisione delle attese sulle prospettive di redditività del settore bancario, europeo ma non solo. La pressione sui margini di tassi bassi ancora più a lungo e i rischi per il finanziamento derivanti dall’entrata in vigore del bail-in e l’ammontare elevato di crediti deteriorati hanno portato i mercati a rivedere le attese sulla redditività futura delle banche.

Infine, incertezze di natura politica, tra cui ovviamente Brexit, ultimo solo in ordine di tempo. Fattori che hanno portato a un progressivo e marcato deterioramento del clima di fiducia, in particolare a inizio 2016 e dallo scorso mese di giugno, come si evince dall’andamento dell’indice di volatilità implicita sul mercato azionario Usa (VIX), una proxy dell’avversione al rischio a livello globale.

(Fig. 2).
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Fig. 2: Indice VIX di volatilità implicita sul mercato azionario Usa (%)* Fonte: Thomson Reuters, Chicago Board Options Exchange, elaborazioni Prometeia; dati al 20/7/16.
* L’indice VIX misura le volatilità implicite nei prezzi delle opzioni a 30 giorni sull’indice azionario S&P 500.

Ma questi fattori di volatilità sono ancora presenti? Caratterizzeranno anche i prossimi mesi sui mercati?

La buona notizia è che i timori sulla crescita globale sembrano essersi ridotti, nonostante lo shock del referendum britannico. Nell’UEM il PIL del primo trimestre ha accelerato oltre le attese e la ripresa dovrebbe proseguire anche nei prossimi mesi, seppur a ritmi inferiori; per gli USA dovrebbe esserci un maggiore slancio rispetto ai primi mesi dell’anno, con crescita media annua intorno al 2%. Anche le condizioni sui mercati dei paesi emergenti sono più favorevoli, con segnali di stabilizzazione e in alcuni casi di ripresa dell’attività economica.

Non sembra invece superata l’incertezza sulle prossime mosse della Fed ed è ancora presto per valutare l’efficacia del QE2 della BCE. Le pressioni sul sistema bancario europeo dovrebbero inoltre rimanere elevate nei prossimi mesi, con la pubblicazione dei risultati degli stress test di fine luglio e il nuovo round di SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) BCE a novembre, che potrebbe determinare richieste di aumenti di capitale per gli istituti bancari.

L’elemento di maggiore incertezza rimane comunque il risultato della negoziazione tra governo italiano e Commissione Europea su un possibile intervento di sistema per alleggerire il settore bancario tricolore di almeno una parte dei crediti deteriorati. Superata infine (almeno temporaneamente) la questione degli aiuti alla Grecia, restano le incertezze legate al post-Brexit, alle tensioni politiche in Turchia dopo il tentativo di colpo di Stato e agli appuntamenti elettorali in Europa e USA – a partire dal referendum costituzionale in Italia e le elezioni presidenziali in USA di novembre fino alle elezioni in Francia, Germania e Olanda nel 2017.

Non possono quindi escludersi nuove fasi di risk-off, nelle quali i titoli governativi più sicuri possono offrire la protezione migliore. È quanto emerge dal ranking delle attività finanziarie costruito sulla base della loro performance durante le fasi di alta volatilità (dal 2001 al periodo precedente a Brexit), identificate mediante l’indicatore KERA applicato al VIX. [1] Il modello di ranking mostra che, tra i titoli corporate, la categoria che si è comportata meglio nelle fasi di risk-off è stata il non finanziario USA, seguito dai titoli Investment Grade UEM e, tra questi, il non finanziario. Gli indici azionari ovviamente sono andati male nelle fasi di risk-off, con l’area euro che ha perso meno delle altre, almeno prima di Brexit. E tra i titoli meno in difficoltà ci sono stati, ancora una volta, i non finanziari.

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