Lavoro: blocco licenziamenti, perché Confindustria vuole cancellarlo? «Aziende devono ristrutturarsi». La Lega da loro una mano…

Ecco fatto: salta la proroga al 28 agosto del blocco dei licenziamenti. La fine del blocco è quindi al 30 giugno per le grandi imprese e al 31 ottobre per le piccole. Palazzo Chigi riscrive dunque la norma contestata. La retromarcia arriva dopo le polemiche di questi giorni e un riesame tecnico della norma. Dice il Ministro del Lavoro Orlando: “Ho proposto una proroga selettiva del blocco dei licenziamenti, perché profondamente convinto che occorrono tutti gli strumenti possibili, nessuno escluso, per affrontare il difficile passaggio di giugno; e la proposta del mini-blocco selettivo (fino al 28 agosto) era emersa al tavolo con le parti sociali, anche se non condivisa da tutti”. Ma poi, sottolinea ancora il Ministro Orlando: “Lega e Confindustria hanno alzato le barricate e Draghi si è trovato a dover fare una sintesi a ribasso – personalmente – sono particolarmente amareggiato per le ricostruzioni fantasiose di questi giorni relative a un presunto “inganno” da parte mia: le procedure erano state tutte rispettate”. A parlare di “inganno” era stato il Sole24Ore di domenica scorsa, disvelando così la posizione di Confindustria. Resta solo l’incentivo voluto da Orlando per le grandi imprese. Se dal primo luglio useranno la Cassa integrazione ordinaria senza licenziare, non pagheranno le addizionali previste dalla legge. Un bonus valido sei mesi, fino al 31 dicembre. E per il quale il governo stanzia 164 milioni. Non era una novità la posizione di Confindustria contro il blocco dei licenziamenti, già premeva da qualche tempo per cancellarlo. «Le aziende devono essere libere di ristrutturarsi». Confindustria ha chiesto quindi al governo di togliere definitivamente «il blocco dei licenziamenti» che dura ancora, con i decreti del governo intervenuti all’inizio della pandemia da Coronavirus. E consentire così alle aziende di ristrutturare e anche licenziare per ripartire con più slancio alle fine dell’emergenza… Con il blocco dei licenziamenti sostiene Confindustria: «si scommette che alla fine tutto tornerà come prima». L’associazione degli industriali non la pensa così, pensa tutt’altro ha avvertito il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe, alla presentazione del rapporto del Centro Studi sulle prospettive economiche dell’Italia nel 2021 e 2022. Stirpe ribadisce che seppur anche per Confindustria la riforma degli ammortizzatori sociali è una priorità rileva però che: «Ancora non siamo entrati nel merito della discussione. Questo ci fa pensare che continuare a ragionare sul blocco dei licenziamenti e continuare a rimandare il momento di affrontare questo problema sia una strategia miope», che sottolinea come questo continuo rinvio costringerebbe le aziende ad «affrontare più problemi» nei prossimi mesi. I dati di Confindustria: Pil Italia +4,1% nel 2021. «Ma è incerta la risalita dalla voragine dello scorso anno e prevede 389 mila occupati in meno per quest’anno». Sul lavoro gli industriali hanno stime molto negative per l’anno in corso. Nel rapporto scrivono: «Assumendo una sostanziale stagnazione dell’occupazione tra febbraio e aprile e poi una ripresa in concomitanza con la risalita del Pil, smorzata dagli inevitabili processi di ristrutturazione aziendale e ricomposizione settoriale che avranno luogo in uscita dalla crisi, la variazione del numero di persone occupate nel 2021 si attesterà al -1,7%, pari a -389mila unità», questa è la stima del Centro Studi Confindustria. Nel 2022, «la risalita della domanda di lavoro è prevista un po’ meno intensa rispetto alla ripresa economica (+3,7%)». La previsione sconta: «un rafforzamento della produttività oraria, coerente sia con una crescente digitalizzazione e automazione dei processi di lavoro, sia con una ricomposizione settoriale verso attività a più alta creazione di valore aggiunto, compatibile con una duratura riduzione del peso nell’economia italiana di alcuni servizi ad alta intensità di lavoro. La dinamica dell’occupazione – conclude il Centro studi di Confindustria – risentirà in parte di queste ricomposizioni, con conseguente necessità di ricollocamento per una parte della forza lavoro, ma risulterà nel complesso positiva: si stima che in media nel 2022 il numero degli occupati aumenterà dell’1,4% (+313mila unità)». Insomma, sembra che alla fine della pandemia, l’occupazione nelle aziende industriali (anche per ulteriori processi d’informatizzazione) avrà un ulteriore ridimensionamento. Sì, l’occupazione dipendente scenderà ancora, con buona pace dell’occupazione autonoma… difesa con una marea di ristori e quant’altro. L’economia italiana nel mondo sarà caratterizzata così caratterizzata: “bottegai e baristi battono metalmeccanici 2 a 0”. Il Pd ha fatto quadrato intorno al ministro Orlando: “contro critiche superficiali e ingenerose nei confronti del Ministro, che lavora, su un tema delicato per milioni di italiani, e ha tutto il nostro sostegno e apprezzamento”. Anche i sindacati fanno sapere di ritenere “inaccettabile e socialmente pericolosa la posizione di Confindustria sui licenziamenti”. “Posizione socialmente pericolosa”. M5s chiede stop fino a dicembre: “Misura indispensabile”. Landini: “A un anno dalla pandemia torniamo al lavoro precario e alle liberalizzazioni. È una presa per il culo”. Mentre la Lega parla con la sottosegretaria al Lavoro Tiziana Nisini, che essendo molto molto vicina alle posizioni di Confindustria da loro una mano…

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