Lavoro: imprenditori, piantatela con la retorica del lavoro gratis…

“Mancanza di personale nel settore della ristorazione e del turismo? Ci sono diverse ragioni complesse che riguardano giovani e non giovani. Dare la colpa al reddito di cittadinanza è il solito meccanismo da capro espiatorio… Siccome questo strumento non piace (e sicuramente va corretto nelle sue storture applicative), lo si accusa di ogni nequizia. È una cosa poco seria ragionare così”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione “24 Mattino”, su Radio24, dalla sociologa Chiara Saraceno, che ha presieduto nei mesi scorsi il Comitato Scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza. Alessandro Borghese prima, Flavio Briatore poi: con due interviste riaprono l’inutile dibattito sui giovani che non hanno voglia di faticare. Parlassero invece di quello che ai ragazzi viene chiesto in cambio di nulla… Infine: Il fuoco doppio di Confindustria contro il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando: “No ai ricatti per aumentare i salari!” “Ministro Orlando, non è quella la strada: dare aiuti alle imprese con aumento salari è un ricatto”. Lo ha detto Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, intervenendo alle celebrazioni per i 50 anni di Confindustria Emilia-Romagna. Si riferisce alla proposta del ministro del Lavoro, Orlando, di realizzare un accordo tra governo e parti sociali che subordini un intervento a favore delle aziende al rinnovo e all’adeguamento dei contratti, e quindi all’incremento dei salari…  Orlando ha risposto a Bonomi: «Ricatto? Mi sorprende questa reazione», ha detto. «Tra uno che non rinnova il contratto e uno che lo rinnova il trattamento deve essere lo stesso dal punto di vista fiscale, degli aiuti e delle gare? Si è chiesto nuovamente il ministro del Lavoro. Riconoscere una condizione di vantaggio a chi ha rinnovato il contratto credo che possa essere uno stimolo a livello di condizionalità che si possono introdurre. Può essere un impulso che va nella direzione giusta». E ha aggiunto: «Io ho detto una cosa semplice, non ho fatto nessun ricatto e non ho capito cosa si vuol mettere in questo patto, se significa chiedere qualcosa non è patto, ma patto è se ognuno mette a disposizione qualcosa. La mia non mi sembrava una proposta eversiva. Questa reazione mi dà l’idea di una inconsapevolezza di quello che si può produrre nel Paese nei prossimi tempi. Noi rischiamo la crisi sociale e una caduta della domanda interna. Di questo le imprese si dovrebbero preoccupare». Confindustria ancora una volta e incomprensibilmente quanta inutile e forviante retorica! Occorre un ragionamento completo. E’ o non è un problema italiano:   “Retribuzioni giuste. La dignità del lavoro e del salario tra crisi e transizioni?” Non c’è dubbio, bisogna lavorare sul cuneo fiscale, ma, c’è bisogno di trovare una soluzione a un problema centrale che riguarda lavoratori e le imprese e che non si risolve solo con il taglio del cuneo fiscale. Tuttavia, la riduzione delle tasse sulle attività finanziarie (richiesta dal Presidente di Confindustria) non può gravare sul lavoro, per questo occorre chiedere al governo di intervenire strutturalmente, sicuramente qualcosa è stato fatto ma bisogna intervenire in un’ottica di lungo periodo. E in che modo? Bisogna ridurre i contributi, defiscalizzare sia per aumentare i salari e per ridurre il cuneo fiscale e bisogna evitare quei contratti pirata che sono una delle cause dell’insicurezza che grava sul mercato del lavoro. Sull’argomento, si è espresso anche Maurizio Landini, Segretario Generale Cgil: “C’è una questione fiscale da affrontare: il carico fiscale che c’è sul lavoro dipendente non si vede da nessuna parte. È meno tassata la rendita finanziaria che non il lavoro”. C’è bisogno di una riforma vera, fiscale, che affronti questa questione”. E aggiunge: “C’e la questione dei rinnovi dei contratti nazionali di lavoro. L’obiettivo della tutela del potere di acquisto è l’obiettivo minimo, dobbiamo porci l’obiettivo di un aumento del potere di acquisto dei salari”. A questo punto delle polemiche, che finiscono per tirare in ballo sempre il “reddito di cittadinanza” come freno all’accesso al lavoro “i giovani preferiscono il divano al lavoro!” La prof. Saraceno spiega: “Il reddito di cittadinanza è l’ultima cosa che verrebbe in mente per motivare la mancanza di personale nel settore turistico e in quello della ristorazione. Ricordo che il reddito di cittadinanza in media corrisponde a 500 euro mensili a famiglia, non a persona. Quindi, non potrebbe mai essere competitivo con un salario decente. Il fruttivendolo sotto casa mia faceva una volta il cuoco e mi ha detto di aver cambiato lavoro perché, avendo famiglia, voleva avere orari più decenti. Lui – continua – era un bravo cuoco e gli piaceva quel lavoro, ma c’era una questione di aspettativa di vita migliore che probabilmente per molti giovani e per persone che hanno famiglia non corrisponde agli orari di lavoro della ristorazione. Nel settore turistico, invece, oggi ci sono molte più scelte. E quindi se prima molti erano disposti a raccogliere la frutta o a fare il bagnino, oggi per tanti quei lavori stagionali non sono più appetibili, soprattutto se sono pagati poco o in nero“. E allora che vanno cianciando, Alessandro Borghese e Flavio Briatore? Lo chef Massimo Bottura, che di ristorazione ne capisce anche lui dice la sua rivolgendosi ai due colleghi: “Alessandro, ma che c***o dici? Cioè, ma davvero anche tu, come da intervista apposita, con questa storia che i giovani non hanno voglia di lavorare, che ai tuoi tempi sì che si faceva sul serio, che è normale fare praticantato non pagato, che addirittura c’è gente che pretende i giorni di riposo… Intanto perché non hai l’età. Certe cose sarebbe meglio lasciarle ai babbioni. Poi, perché ci si espone ai malpensanti. Dacché non è reato nascere da lombi patrizi, ovvio. Colpe e meriti dei genitori non ricadono sui figli. Ma finisce che qualche malfidato ti ricorda papà produttore e mamma attrice. E rischi di risultare, ecco, un filo anacronistico. Il punto però è un altro, decisivo: che alla fine ti vien dietro Flavio Briatore. Altra intervista, altri panegirici su queste nuove generazioni, a cui tra parentesi le nostre hanno ciucciato di tutto, pensione compresa. E i giornali la rimestano all’infinito, forse perché la loro platea giovane non è, e quindi pensano di vellicarla a colpi di ‘nostalgismo’. Che poi Briatore la gavetta l’ha anche fatta e secondo recenti evidenze ci ha anche pagato l’Iva. Però, ecco, però il suo non pare un modello di capitalismo francescano… direi che proprio non me lo vedo Briatore con il saio”. Concludendo. La sociologa Chiara Saraceno, sfata la narrazione secondo cui i giovani non avrebbero “cultura del lavoro”, così come denunciato da chef stellati e albergatori di alta fascia: “Questa tesi significherebbe implicitamente che noi eravamo migliori, che eravamo disposti a lavorare 18 ore al giorno e che accettavamo qualsiasi paga. Non è vero! Le grandi lotte operaie furono fatte proprio ai nostri tempi per dare dignità al lavoro anche con giuste retribuzioni; quindi, non è vero che si accettava qualsiasi cosa. Gran parte della mancanza di offerta di lavoro adeguato, oggi, deriva dal fatto che non c’è preparazione, né formazione adeguata. Per fare l’installatore di impianti devi essere molto qualificato, quindi il problema è un altro – conclude – la professoressa. Spostiamo l’occhio anche sul tipo di formazione che viene dato e sulla disponibilità da parte delle aziende di fare questa formazione. Investire nella propria forza lavoro significa anche investire nella formazione del lavoratore e aver cura del lavoratore stesso. C’è anche una responsabilità delle associazioni di categoria che dovrebbero moralizzare il loro settore, perché non possono ignorare quelli che pagano i lavoratori 2 euro all’ora e magari in nero” … Cioè: non è che uno debba essere Adriano Olivetti a tutti i costi, anche perché non ne esistono più da tempo, e abbiamo la peggiore classe dirigente dell’universo mondo. Ma ‘sciabola e champagne’, se la meni agli altri pretendendo sacrifici, un po’ tutto confligge. E sarà forse per quello che molti dei nostri ragazzi, invece di emolumenti in visibilità, preferiscono il primo volo per Berlino. O per Londra. O per un qualunque posto nel mondo in cui chi carriera l’ha fatta non spieghi loro che devono pagare, prima di ricevere, per un gioco che molto spesso è truccato… Infine: quando un giornalista si prende la briga di verificare perché l’imprenditore solingo non trova dipendenti, quasi sempre scopre che lo stipendio era la metà di quello sbandierato. Stipendio che ai candidati, tra l’altro, spesso manco viene anticipato. Perché così si sentono i nostri imprenditori: donatori di lavoro. Chi giovane lo è ancora, deve uscire da questa narrazione. O, ribaltare il risultato. Cari imprenditori trattateli da lavoratori non da schiavi e pagateli il giusto!

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