Lega: sull’orlo di una crisi di nervi e ora Salvini si sente sotto attacco e rischia di essere il leader di destra più patetico della storia d’Italia…

La Lega è sull’orlo di una crisi di nervi e ora Salvini si sente sotto attacco di giudici e poteri forti. Ci si mette anche la Gruber ad attaccarlo a otto e mezzo… Prima le inchieste su SIri e ieri la revoca del sottosegretario. Poi, l’inchiesta su Attilio Fontana, dove spunta (di nuovo) il nome di Giorgetti. Infine i primi sondaggi che danno la Lega sotto il 30%. Per il Carroccio, sono tutti segnali che la guerra è iniziata, si sentono accerchiati, presi di mira, convinti che a questo punto della scena «una manina giudiziaria» voglia interrompere la stagione dell’esecutivo gialloverde. Dalle parti di via Bellerio,  da giorni non fanno altro che ripetere frasi di questo tenore: «Il combinato disposto Movimento Cinque Stelle-Procure vuole impedire la nostra definitiva affermazione». Ed ecco che un alto dirigente del Carroccio si ferma in Transatlantico e la mette giù così: «Sembra una nuova Tangentopoli. In questo paese non siamo mai usciti dalla stagione del ‘92-‘93». E così  anche a destra  avanzano i confronti tra i suoi leader del passato e quello presente. E da Almirante a Berlusconi, sembra che  che tutti abbiano fatto meglio di Salvini. Dicono: Lui non ha portato niente di nuovo nella politica, solo cattive idee già usate e spacciate per nuove. Anzi Almirante se fosse in vita si vergognerebbe addirittura di Salvini. Il segretario della Lega ha creato una destra diversa da quella tradizionale. Il suo è un reazionarismo simile a quello degli Usa, in cui le idee estremiste e razziste hanno piena cittadinanza. E Matteo Salvini attraverso ciò ha gonfiato e gonfierà ulteriormente l’attuale bolla elettorale però già si vede che questa è  pronta a svuotarsi nel giro di poco tempo. E alla fine, Salvini durerà elettoralmente più o meno il tempo di Matteo Renzi e di Luigi Di Maio. E dopo di lui quel che resterà della sua destra sarà una destra neo-nazista. – quella che Beppe Grillo sosteneva che la presenza del M5s avrebbe evitato – e il resto del fronte conservatore cercherà disperatamente un nuovo leader (visto che Berlusconi è comunque più che obsoleto) e tenterà la  ridefinizione di  un profilo politico moderato e certo non xenofobo e razzista. A guarda bene tutti i precedenti leader della destra hanno costruito macchine politiche di lungo periodo. Giorgio Almirante ebbe uno grande successo mediatico che al tempo significava la tivù ma anche molte piazze. Persino i suoi avversari ascoltavano i suoi discorsi anche se l’anatema antifascista lo colpiva personalmente per aver preso parte a azioni contro i partigiani veramente brutte. Gianfranco Fini, che aveva alle spalle Pinuccio Tatarella (un genio della comunicazione politica e un uomo che invecchiando allargava sempre più le sue vedute), riuscì a scalfire fronti elettorali assai distanti fino a diventare tout court un leader moderato. Era anche riuscito a creare attorno a sé una vivace cerchia di intellettuali che tuttora produce analisi assai interessanti. Salvini più che un segno lascerà alla fine un ‘graffio’ ma intanto bisognerà impegnarsi molto per impedirgli di trascinare il Paese in una vera e propria guerra civile… Silvio Berlusconi – un grande leader di destra malgrado volesse camuffarsi sotto una maschera centrista – è stato un rivoluzionario del linguaggio, delle alleanze, delle idee scorrette a lui dobbiamo anche lo sdoganamento di un linguaggio politico ultra-divisivo. Comunque ebbe una parte di popolo dietro di sé. E i suoi avversari – sbagliarono gravemente – quando dissero che il suo era un partito di plastica. Altro che plastica c’erano quasi metà degli italiani. Sono leader che hanno lasciato comunque un segno. Salvini non ha fatto nulla di tutto questo. Non ha portato uno stile di governo perché di lui sappiamo tutto, dalla pizza a quante volte si accoppia, ma non c’è traccia di attività alla guida della più delicata amministrazione dello Stato. Piace, così dicono. Ma forse se non fosse bollato di essere «fascista», forse Salvini non avrebbe poi ottenuto un così grande consenso. Forse sono tutte stupidate. Ma, non c’è dubbio che Salvini sta cercando di costituire un serbatoio elettorale a destra che lo porterà in Europa a confrontarsi alla pari con Viktor Orban e Marine Le Pen.  Se malauguratamente ciò dovesse riuscirgli e arrivare così poi alla guida del governo italiano… anche lui, probabilmente cadrebbe in pochi mesi. Perché?  In lui (come in Matteo Renzi e Luigi Di Maio) la ‘cazzata’ che spacca il popolo in due è direi …spontanea e congenita. Penso che sia giusto farne il punto di riferimento negativo della campagna elettorale – senza però gratificarlo di aggettivi storici del passato – ma invece accentuando le contraddizioni della sua politica del presente sul piano economico e sociale,  perché così quel pezzo del suo elettorato popolare potrà comprendere chiaramente che sta salendo su un Tir che andrà a sbattere. Si guardi bene a cosa significherebbe e cosa comporterebbe la Flat tax sul piano economico sociale, chi ne beneficerebbe veramente.  quando i suoi elettori, si faranno male non ci sarà alcuna Croce Rossa che potrà salvarli. Salvini e la sua campagna di propaganda non hanno alla fine nulla di originale,  con lui, siamo alla “rivoluzione degli scheletri”, con tante cianfrusaglie inutili del passato. Inutili, soprattutto per spiegare il presente economico sociale e soprattutto per guardare a quello del futuro. Tutto ciò e anche in malo modo, sta già mostrando la corda. E, prima l’inchiesta che ha coinvolto il sottosegretario Armando Siri, indagato per corruzione dalla Procura di Roma legato a quel Paolo Arata che rispondeva a Vito Nicastri, re dell’eolico, a sua volta vicino al boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Sono seguiti quasi venti giorni di polemiche, di bracci di ferro fra Salvini e Di Maio, sfociati nella presa di posizione del premier Giuseppe Conte che proprio ieri ha revocato l’incarico a Siri sposando il giustizialismo dei pentastellati.  Inchiesta che attenzione, ha rivelato che  c’è un fil rouge che ha costretto i vertici della Lega ad aprire rapidamente una riflessione. Infatti, entrambe le inchieste sfiorano il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, il deus ex machina del leghismo di rito salviniano. Si,  e anche l’altra indagine sulle tangenti in Lombardia che è arrivata fino al governatore leghista Attilio Fontana, indagato per abuso di ufficio. Si tratta di un uno-due che scatena le ire del vicepremier Salvini al punto da fargli dire che «sono vergognosi gli attacchi all’uomo, all’avvocato, a un sindaco e a un governatore la cui onestà e trasparenza non sono mai state messe in discussione in tanti anni, né mai potranno esserlo oggi o in futuro». Confidando nel buon lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine milanesi – ha aggiunto il leader leghista – evidenziando la necessità di punire eventuali ‘singoli colpevoli’. «Ribadisco con orgoglio i servizi che la Regione Lombardia offre da anni come modello europeo e mondiale ai suoi 10 milioni di cittadini, per efficienza e buona amministrazione». Giancarlo Giorgetti, il braccio destro del leader del Carroccio, l’uomo che più di ogni altro funge da anello di collegamento fra la Lega e le istituzione. In sintesi, è Giorgetti che dialoga con Mario Draghi, con Sergio Mattarella e con tutte le istituzioni che si definiscono tali. Va detto chiaramente che Giorgetti non è indagato. Ma non sfugge a nessuno che è stato lui ad assumere Federico Arata, figlio del re dell’eolico, alla Presidenza del Consiglio. Ed è sempre lui che viene nominato ben due volte negli atti dell’inchiesta della Procura di Milano su un presunto sistema di corruzione. A fare il suo nome sono il politico di Forza Italia, Gioacchino Caianiello, arrestato martedì, e Diego Sozzani, il deputato azzurro per il quale i PM hanno mandato al Parlamento una richiesta di arresto. Sono delle “scosse” che destabilizzano la Lega di Salvini in questi giorni, che sono forse, i più difficili del governo gialloverde. «Perché?  Mormora a mezza voce un leghista: «se viene messo in discussione Giancarlo qui crolla tutto». L’impressione che qualcosa si stia muovendo. In quale direzione non è dato ancora sapere. Certo è che il clima sta diventando irrespirabile a palazzo Chigi. I leghisti si sono e si sentono isolati e accerchiati. Anche perché per la prima volta girano sondaggi non positivi per via Bellerio che fotografano una Lega che va a ribasso attorno al 29 per cento. Con un Pd in rimonta che sfiora il 23%. E un M5S che non perde più e si è stabilizzato tra il 20/22%. Da qui la preoccupazione e la sindrome del complotto. E la necessità urgente di dover mutare l’azione politica. Se non addirittura a breve lo stesso Esecutivo…

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rco costituzionale. Più duro.

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