Life 4): con il populismo è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo…

… … … “Il marxismo è sostanzialmente tramontato davanti alla constatazione che si stava meglio nei paesi democratici ad economia di mercato. Meglio un sistema che distribuisce le ricchezze in maniera non equa rispetto a uno che, equamente, distribuisce la povertà a tutti”. Così scrive Luca Passani – “l’informatore su la voce di New York”. Il tramonto del marxismo, però, non ha rappresentato anche la scomparsa  di quell’idea  potente  contenuta nella narrazione ‘egualitarista’ del marxismo e tanto meno dell’invidia quale sentimento umano. Se al posto delle fette di cetriolo ci mettiamo uno stipendio da 1300 euro, la somiglianza tra l’homo populista e lo scimpanzé di Frans De Waal appare sorprendente. Volendo aprire una parentesi, la cosiddetta: “crisi della sinistra italiana” può essere spiegata facilmente nei termini di tensione tra experiencing e remembering self. Fino a pochi decenni fa la sinistra italiana di stampo marxista sosteneva una narrazione secondo cui sarebbe arrivato il socialismo a riportare “giustizia ed equità sociale”. Tanto bastava ad un operaio per fare quotidianamente il suo lavoro nella fabbrica del “padrone” in attesa della venuta di ‘baffone’ o chi per lui. La narrazione del lavoratore era salvaguardata e la frustrazione era tenuta a bada… Con la caduta del Comunismo globale, una parte della Sinistra italiana ha ceduto dinanzi ad una constatazione che appariva ovvia: “Possiamo fare maggiormente l’interesse delle classi meno abbienti abbracciando il Capitale, anziché ponendoci in modo antagonista ad esso. Se l’economia di mercato tira, tante più risorse ci saranno per migliorare la vita del nostro elettorato.” In effetti, se l’obiettivo principale di un leader di Sinistra fosse quello di massimizzare la creazione dei posti di lavoro e allargare lo stato sociale, scendere a patti con industriali e imprenditori apparirebbe una scelta logica, o addirittura scontata. Meglio uno che lavori senza l’articolo 18 rispetto a un disoccupato che, se lavorasse, avrebbe tutele che neanche in Scandinavia. Questo ragionamento non fa una piega dal punto di vista dell’experiencing self. Mentre dal punto di vista dell’”io che ricorda” e che costruisce una narrazione di vita, questo approccio appare però come una ‘catastrofe’. L’accettazione (alcuni direbbero la resa) dei partiti di Sinistra alla forza del Capitale è stato un colpo non da poco per la narrazione di chi si sente di Sinistra. La storia che l’imprenditore non fosse più l’antagonista, ma, anzi, era un “amicone” a cui era pure meglio essere grati per averci dato la possibilità di un lavoro, ha fatto traballare le certezze di molti: dal purgatorio (con speranza di paradiso) si è passati all’inferno. Detta in altro modo, se aggiungiamo all’equazione il remembering self, i conti non tornano più. “Ridateci  baffone” gridano, più o meno consciamente, buona parte di quelli che votavano per il PCI, Pds, DS una volta e che oggi o meglio ieri votavano Pd, mentre in molti, da qualche tempo, si astengono dal voto. E se il marxismo non è più praticabile, anche un movimento sgangherato come quello di Beppe Grillo può sembrare meglio della resa incondizionata al credo Capitalista. Vi ricordate gli spettacoli dell’Elevato sulle Multinazionali e il loro ruolo nell’economia globale (apparsi anche in Tv) quanto facevano ridere? Grillo appariva un clown… ma di sinistra. E ora com’è il Movimento? “Non hanno un piano. Spesso sparano cazzate a tutto spiano. Sono impreparati. Non hanno reali competenze. Addirittura alcuni di loro sono stupidi, stupidi, stupidi… vere capre. Ma i 5 stelle a modo loro giuravano e ancor lo fanno di voler far la guerra al Capitale. Tanto bastava e in parte ancora basta.  Parafrasando la famosa frase dell’immagine fotografica dell’anarchico che agli inizi del secolo scorso arrestato dalla Polizia veniva portato in galera:  “Un sorriso vi seppellirà”  è diventato “Un clown vi seppellirà”. Dario Fo ci ha scritto anche un libro. E lo storytelling dei 5 stelle, narra che: il Pd è solo Establishment e ormai rappresenta solo gli elettori che vivono nei centri delle grandi città (il partito dei Parioli – il partito dei ricchi). Ecco bella e spiegata la crisi della sinistra italiana e lo sbandamento davanti al populismo. Fine della parentesi. Non ho nessuna pretesa di essere condiviso. Capisco che può sembrare fin troppo semplice, ma dire le ragioni della crisi della sinistra, in modo più complesso e sofferto, non cambia nulla alla presa d’atto che la crisi della sinistra è ‘reale’. Ma andiamo avanti. Che la paura – come l’invidia – abbia un peso tanto predominante negli umani non ci deve stupire. Fino a due o trecentomila anni fa, gli umani stavano più o meno a metà della catena alimentare. Leoni, pantere, coccodrilli, squali erano tutte specie da cui era meglio tenersi alla larga. Il confronto con loro sarebbe stato per noi perdente. Poi abbiamo scoperto che, con il trascorrere dei secoli dei secoli che con il pensiero e il  linguaggio, potevamo organizzarci e alla fine governare (o quasi) tutte le altre specie, rendendole pressoché innocue o, addirittura, soggiogandole. Il nostro senso del pericolo, però, è rimasto uguale: ipertrofico rispetto alle minacce reali del mondo (ma, al tempo stesso, poco sviluppato rispetto alle minacce nuove, qual’è l’uso dei Social per manipolare i nostri pensieri). E quindi chi vuole manipolare i nostri pensieri ha buon gioco nel farci percepire paure esagerate, al fine di convincerci a sottoscrivere una polizza assicurativa, comprare una pistola da tenere in casa o votare per un politico magari “maneggione”, ma nemico giurato della criminalità, particolarmente quella straniera. Per i populisti di destra, spingere sulla paura dello straniero è fin troppo facile. Esiste un continente di 1,2 miliardi di persone che preme per venire in Italia e in Europa. L’etica dei diritti umani e del libero movimento di persone potrebbe non essere più adeguata a gestire il problema. Pertanto: “aiutiamoli a casa loro!” “Chiudiamo i porti” “Lasciamoli in mare a naufragare”. ecc. ecc.. La narrazione sovranista trova terreno fertile e appoggio nel populismo ed è in questo contesto che la paura fa da ottimo concime. Non affronto la questione in questo articolo perché l’ho già fatto in precedenza in altri post, ma non stupisce che la gente si senta minacciata dal rischio di un’immigrazione massiccia dall’Africa. L’aspetto dell’immigrazione non è l’unico che fa scattare la paura negli occidentali. Ce n’è uno più subdolo, ma anch’esso presente e forse ancora più pauroso. La globalizzazione, che fino a poco tempo fa, ha avuto lati prevalentemente positivi, ha cominciato nell’ultimo decennio o poco più (crisi del 2008) a fare paura a tanti. Oggi, specialmente considerando le ultime prospettive introdotte dall’Intelligenza Artificiale: “la paura fa 90!” Temendo che quasi sicuramente si perderanno milioni e milioni di posti di lavoro. “La vera sfida oggi è capire che i lavori cambieranno continuamente. Ogni cinque anni nascono e muoiono nuovi lavori. Il tema diventa: formarsi, andare a lavorare e subito tornare a formarsi”. L’ha detto Davide Dattoli (CEO e fondatore di Talent Garden). Uno tra i talenti digitali più influenti del Pianeta prima di aver compiuto trent’anni. Ha inventato il più grande network di coworking europeo e una piattaforma di tech business che collega, non solo virtualmente ma fisicamente, aziende, startuppers, professionisti e investitori. «Non esistono più gli orari, non ci sono più i fusi. Il concetto delle 24 ore produttive è una realtà da anni. Oggi, molto più che in passato, siamo bombardati di contenuti e possibilità. Ecco alcune delle sfide davanti a noi», spiega Dattoli. Come ormai sappiamo perfettamente, se si vuole manipolare il consenso, il modo migliore è spostarlo avanti a poco a poco, facendo balenare immagini minacciose nella mente delle persone. Ci penseranno loro da sole a creare “narrazioni di reazione” alla minaccia che viene percepita. Ovviamente queste reazioni vanno nel verso voluto dal manipolatore di turno. Quali saranno le professioni del domani, un domani che potrebbe essere non tra vent’anni, ma già tra un anno, due o tre, massimo 5anni? Vediamo sempre più la necessità di nuovi sviluppatori software che diventano i nuovi operai del futuro. Vediamo la necessità di esperti di dati, persone che li utilizzano per costruire nuove soluzioni. L’esperto di user experience quindi l’idea del design digitale applicato alla tecnologia. Ma anche esperti di marketing che siano in grado di comunicare alle aziende online. Del resto chi lavora nel campo dell’informatica sa benissimo di cosa si parla. Fare gli informatici significa essere costantemente obbligati ad aggiornarsi. Non si fa in tempo a imparare per bene l’ultimo mirabolante framework di sviluppo per un qualunque linguaggio di programmazione che, tre anni dopo, quello è già considerato vetusto e un più moderno sfidante si propone per prenderne il posto. Se guardiamo attentamente tutto ciò… vediamo che esso assomiglia dannatamente alla descrizione di un futuro distopico, un futuro in cui le persone, lungi dal vivere esistenze tranquille e soddisfacenti, sono più facilmente frustrate e costantemente in lotta con il senso di inadeguatezza. Dice ancora Davide Datoli: «…alla base del lusso e del futuro in generale, c’è la necessità di rispondere a un bisogno diffuso di sensorialità e materialità. Siamo talmente digitalizzati, immersi in case domotiche, dotati di device tecnologici che monitorano e potenziano le nostre performance, che abbiamo voglia di tornare, di tanto in tanto, a bere un caffè con una persona reale in un posto piacevole, per stare semplicemente insieme». Pensiamoci bene. Per tutta la vita, quando abbiamo parlato della bellezza e dei vantaggi della tecnologia, lo abbiamo sempre fatto spiegando tutte le brutte cose che sono state debellate e tutte le belle cose che sono arrivate. Vado a braccio: acqua pulita, cibo in abbondanza, case calde d’inverno e fresche d’estate, cure mediche efficaci, accesso libero e immediato alla conoscenza, cinema, televisione, ecc. Un affarone per tutti, quindi. Tutto bellissimo, ma adesso i conti potrebbero non tornare più. Se per guadagnarci da vivere non basterà imparare un mestiere o accedere a una professione da giovani, ma saremo costretti fino a tarda età a reinventarci costantemente in un mondo del lavoro sempre più in movimento, cosa distinguerebbe la nostra condizione da quella di moderna schiavitù? E questo senza considerare che non tutti hanno le capacità di adattarsi, specie dopo aver superato i cinquant’anni. Come la mettiamo con quelli che per campare fanno i camerieri o guidano un taxi o fanno addirittura il Raider? Consigliamo anche a loro di diventare sviluppatori software, graphic designer o esperti di Machine Learning? D’altronde con il Covid-19 lo Smart Working è pressoché diventato obbligatorio per molti, legando così i tempi di lavoro e quelli di vita al proprio domicilio e a quello delle loro famiglie… in un modo indissolubile dal nostro privato, che diventa sempre meno tale. E se poi pensiamo che oltre agli autisti rischiano il rimpiazzo anche dottori, avvocati, giornalisti ed insegnanti, l’angoscia assalirà anche quelli che si sono sempre considerati al sicuro. Se la situazione è questa in effetti si può capire l’ansia che attanaglia l’uomo contemporaneo quando intuisce di non poter stare al passo col progresso tecnologico e tutto ciò che ne consegue. Se questa è la situazione, non c’è da stupirsi se la gente, in Italia o altrove, cominci a perdere fiducia nella tecnologia come soluzione di tutti i mali: vedono con una certa chiarezza il giorno quando non avranno più un lavoro, ma nessuno gli spiega cosa faranno il giorno dopo… Luca Passani scrive ancora: “Se io non operassi nel settore tecnologico, sarei così veloce a liquidare la situazione attuale con un “tant’è”? Oppure mi unirei al folto gruppo di quelli che, magari con l’ausilio di narrazioni buffe e improbabili, sono disposti a votare anche il clown del circo (avete presente il film Joker, la scena finale della rivolta) pur di scardinare il sistema? Le risposte a queste domande non ci sono. Non saprei rispondere nemmeno io con qualche certezza”. Per quel che mi riguarda personalmente: potrebbe benissimo essere che, se la globalizzazione non mi avesse in qualche modo sorriso, e preservato ruolo sociale e guadagno economico, anche nell’ultimo periodo della mia vita lavorativa, anch’io adesso infoltirei la schiera dei populisti sproloquianti sui Social. Oppure no. Forse il gusto per la verità, non certo edulcorata, acquisito nella mia ormai lunga vita (confronto/scontro generazionale), mi avrebbe portato alle stesse conclusioni. Una cosa è certa però: non avrebbe fatto tantissima differenza nel grande schema delle cose. Alla fine della fiera, Giustizia, Uguaglianza, Diritti e Doveri sono solo invenzioni umane. E gli attori umani si agitano sul palcoscenico del mondo, poi si calmano, piangono, ridono, cambiano idea a seconda della convenienza e del momento. A volte creano narrazioni abbastanza convincenti ed altri gli credono e le fanno proprie. Se si riesce a vedere le cose da fuori con un piccolo sforzo di astrazione, tutto, sembra un vecchio film comico in bianco e nero, uno di quelli coi movimenti accelerati accompagnati dal pianoforte. Quando le cose vanno male, però, c’è poco da ridere. Grillo/Joker: “Non ho piani, voi ne avete a centinaia. Pensate a modificare il clima mentre quattro miliardi e mezzo di asiatici stanno moltiplicando i loro consumi di carbone, acciaio, materie prime, suv, ferrovie e gasdotti. Voi andate in bicicletta, avete i piani. Io non vivo nei piani, vivo in questa legge della termodinamica dove si sfascia tutto e tutto deperisce e si trasforma in altre cose. Non faccio piani, sono il caos”. Apocalittico! Sapete che c’è? Potrebbe uscirne una bella rissa, tipo quella di cui noi ‘uomini sapiens’ siamo stati protagonisti per ben due volte (conflitti mondiali) nel secolo scorso. E se oggi, per caso o per libera scelta di qualcuno che a modo suo narrandosi la sua realtà e scordandosi il reale, pensasse di fare il bene dell’Umanità, utilizzando le armi atomiche, sarebbe anche peggio. Molto peggio. Quindi? Un’altra reazione al secondo post di questi sul populismo, molto  interessante è stata quella di Patrizia. Letto l’articolo. La signora mi chiede per chi avrebbe dovuto votare alla luce di quanto avevo scritto e si è risentita, quando le dissi che non avevo la risposta. Lo scambio fu interessante perché: Patrizia, mi diceva esplicitamente: “Come ti permetti di demolire la mia costruzione senza indicarne una alternativa?” L’obiezione non mi ha stupito. La maggior parte delle persone (siamo il 99%)  vogliono una narrazione da fare propria e poi basta. “Che palle!” Essere continuamente costretti a rivedere e a reinventare il proprio sistema di credenze e di valori. Come mi permettevo io di rimettere così tante convinzioni pesantemente in gioco per poi lasciare un eventuale lettore in mezzo al guado a cavarsela da solo? Purtroppo per Patrizia e per tutti quanti ribadisco non ho risposte ne men che meno soluzioni facili… Avallare poi oggi giorno un partito italiano rispetto ad un altro? E’ la soluzione? Francamente non saprei proprio… e a dire il vero non ci credo proprio! Non è certo questo l’obiettivo che mi propongo. Quindi non ho pretese di indicare cosa occorra fare di preciso in futuro. Posso però fare alcune considerazioni ovvie su cosa non occorra assolutamente fare. Ci sono alcuni problemi seri davanti a noi, che minacciano l’esistenza dell’umanità. E il modo per affrontarli sicuramente non è fare concessioni all’ondata populista che attraversa l’Italia, l’Europa e il Mondo intero.  Presa coscienza di ciò, oggi, sono in molti alla ricerca di un nuovo modello per superare i guasti fatti dall’onda populista in questo ultimo decennio e porvi definitivamente argine per farla arretrare ulteriormente. A riguardo il riformismo italiano, si interroga su quali idee, sistemi e visioni organizzative siano le più adatte per affrontare le sfide del Paese. «Come nella commedia di Pirandello in cui i sei personaggi cercavano un autore, le truppe sparse della Sinistra liberale e democratica italiana stanno cercando un copione, un programma che possa far vincere il Paese. Auguri!» Si conclude così un ottimo saggio di Michele Salvati contenuto in “Il futuro è della Sinistra Liberale” (Minerva Soluzioni Editoriali, Bologna, 2020) curato da Claudia Mancina che firma anche l’importante introduzione generale…

(continua)

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