Life: Covid-19, cinque idee per imparare a fare i conti con l’incertezza senza abbattersi…

interessante… 

L’instabilità fa parte dell’esistenza, ma certe volte facciamo fatica ad accettarla.

Ecco come organizzarsi per affrontare un momento di grande volatilità.

Di Stefania Medetti*

Stando al report pubblicato da McKinsey, siamo fra i Paesi meno ottimisti sul futuro. Nell’indagine che misura la fiducia dei consumatori, l’Italia occupa la parte bassa della classifica, insieme a Spagna, Francia, Regno Unito, Giappone e Corea. Considerato l’impatto della pandemia sulla salute, le finanze e lo stile di vita, la preoccupazione è più che comprensibile. Sorprende, però, scoprire che per quanto desideriamo stabilità, il nostro cervello benefici dei momenti di volatilità. Lo ha scoperto un team di ricercatori della Yale University che ha dimostrato come, di fronte a una situazione difficile da prevedere, le sinapsi della corteccia cerebrale pre-frontale – un’area del cervello deputata alle funzioni esecutive – mostrino un’intensificazione dell’attività. “Quando facciamo esperienza di una situazione o di un ambiente instabile, la capacità del nostro cervello di assorbire informazioni aumenta”, ha spiegato Daeyeol Lee, professore aggiunto di neuro-scienze alla Yale Medical School e co-autore dello studio. In pratica, impariamo nell’incertezza. E questa è una caratteristica chiave del nostro sviluppo: “Se il cervello imparasse in qualsiasi situazione, davanti a ogni fallimento finiremmo per gettare la spugna”. Invece, è proprio nelle situazioni più difficili che emergono i risultati più inaspettati. Da un punto di vista psicologico, come si inquadra l’incertezza che stiamo attraversando? “Il termine che meglio descrive l’incertezza contemporanea è ‘angoscia’. Si tratta di un vissuto che sperimentiamo ogni volta in cui il nostro quotidiano, le nostre abitudini e quello che diamo per scontato vengono turbati da eventi imprevisti, che ci mettono di fronte la nostra finitezza e fragilità”, risponde la dottoressa Sibilla Ulivi, psicologa e psicoterapeuta a Milano. Se il confronto con ciò che normalmente rimuoviamo, da una parte, ci fa vacillare, dall’altra può avere un effetto stimolante sulla nostra coscienza, “addormentata” per eccesso di confort. “Questo spiega perché i momenti bui nella storia dell’umanità sono sempre stati accompagnati da un’energia particolare, forte e decisa, legata proprio alla percezione acuta della precarietà. Quando nulla viene più dato per scontato, si fa strada qualcosa di nuovo, una vera e propria resistenza al male, un ingegnarsi creativo che punta ad affermare la vita”. Senza nulla togliere alla complessità del momento che stiamo vivendo, ecco alcuni consigli per viverlo al meglio.

Cinque idee per gestire le emozioni in tempi ad alto tasso di incertezza…

1. Esponetevi a “piccole dosi” di incertezza. Rispetto alle generazioni precedenti, siamo meno capaci di accettare l’incertezza nella nostra esistenza. Una parte della responsabilità, a quanto pare, va alla digitalizzazione. Secondo un team di ricercatori dell’University of Regina in Canada, il livello di intolleranza all’incertezza è cresciuto proporzionalmente alla diffusione di smartphone e al consumo di internet. Analizzando i dati nell’intervallo di tempo dal 1999 al 2014 è emersa una corrispondenza diretta fra le due variabili. L’ipotesi è che proprio per la capacità di fornire una serie di rassicurazioni immediate, i media digitali riducano l’esposizione quotidiana all’incertezza e impattino negativamente sulla nostra capacità di fare i conti con la volatilità. Per esempio, l’esistenza di app che facilitano la navigazione ha eliminato i dubbi connessi ai viaggi in auto. Lo stesso vale per le app e i servizi che assicurano l’immediatezza delle informazioni, dei contatti e dei servizi. Ma non è tutto. Proprio perché alimenta il nostro bisogno di rassicurazione, la digitalizzazione determina un incremento del livello di ansia. Riconoscere le occasioni in cui ci affidiamo alla tecnologia anche quando potremmo farne a meno è un primo passo per limitare la nostra dipendenza dagli stimoli positivi. Esporci deliberatamente a “piccole dosi” di incertezza, dunque, rende più familiare il fatto stesso di non avere pieno controllo sulla realtà.

2. Rivalutate le vostre capacità di reazione. La paura del futuro esacerba le sensazioni negative. Il nostro sistema di valutazione, a quanto pare, non è tarato sull’obiettività, ma soffre del cosiddetto “Impact bias”. Ovvero, sovrastimiamo l’intensità e la durata delle emozioni nel caso dovesse accadere qualcosa di fortemente negativo. Contemporaneamente, però, sottovalutiamo la nostra capacità di reagire a situazioni problematiche. In realtà, siamo programmati per attivare risorse e reagire a situazioni drammatiche e traumatiche. Secondo la “Teoria della Resilienza”, sviluppata dallo psicologo americano Norman Garmezy, quello che conta non è la natura dell’avversità, ma il modo in cui reagiamo ai fatti. “La tempesta emotiva è la prima, normale e giustificata reazione di fronte ad un trauma, ma è vero che una psiche sufficientemente sana è generalmente in grado di reagire costruttivamente ad eventi spiacevoli. In psicoterapia capita frequentemente che le persone, dopo aver lottato contro situazioni drammatiche, realizzino di aver tirato fuori risorse di cui non erano assolutamente coscienti”, prosegue la dottoressa Ulivi. L’avversità, dunque, ha un ruolo catartico: “Può costituire un’occasione conoscitiva importante che, se inquadrata in tutta la sua complessità, può dar luogo a cambiamenti profondi, talora così pervasivi da spingere verso nuove direzioni e rilanci esistenziali. La percezione della nostra finitezza, risultato frequente del contatto ravvicinato con il lato oscuro dell’esistenza, anziché bloccare può favorire la ricerca di una condizione di vita più piena e appagante”.

3. Mantenete una routine. Stabilire e mantenere una routine è un’altra soluzione smart. Ci fornisce una cornice di riferimento, ci dà l’occasione di dedicare tempo alle cose importanti per noi e per il nostro benessere e, contestualmente, riduce le variabili che sembrano sfuggire al nostro controllo. “Una vita regolata da impegni (anche piccoli) e scadenze distoglie per forza di cose dai pensieri negativi, garantendo una sospensione benefica del vortice di pensieri autoriferiti”, conferma la dottoressa Ulivi. Per dare un ritmo alla giornata, gli orari sono fondamentali: “La socializzazione rompe il silenzio e la concentrazione a senso unico su se stessi, lo sport mantiene in efficienza il corpo, mentre un hobby o un’attività rilassante mobilitano energie creative, utili per pensare in maniera più positiva”. La routine assicura anche un senso di realizzazione. Attenzione, però, a non esagerare, per non correre il rischio di ottenere l’effetto diametralmente opposto. Per esempio, invece di valutare il numero di compiti portati a termine in una giornata, meglio focalizzarsi sull’atteggiamento con cui affrontiamo la nostra to-do-list. “Guardare a “come” facciamo le cose anziché a “quante” ne facciamo focalizza l’attenzione sul processo mentale invece che sulla prestazione. A questo modo, stimola l’auto consapevolezza, ovvero un’abitudine all’introspezione che tiene conto di come siamo fatti e di come funzioniamo. Sul lungo termine, genera fiducia nelle nostre capacità di applicare un approccio positivo ai problemi, in alternativa a sentirsi in balia degli eventi”.

4. Assicuratevi una buona notte di sonno. Il 2020 ha fornito un ampio catalogo di ragioni per non riuscire a chiudere occhio. Sembra banale, ma non lo è: la qualità e la qualità del sonno sono collegate alla capacità di fare fronte all’incertezza. “Dormire bene e a sufficienza conta moltissimo per fronteggiare periodi prolungati di fatica. Proprio perché la nostra mente è sottoposta a un carico extra nei momenti di stress, il sonno va garantito per evitare crolli psicofisici”, spiega la psicologa e psicoterapeuta. Alcune delle ragioni che impattano negativamente sulla possibilità di assicurarsi una sana dormita sfuggono al nostro controllo, tutte le altre, però, dovrebbero essere gestite. Innanzitutto, per regolarizzare il sonno bisognerebbe stabilire un orario per andare a dormire e per svegliarsi. Ridurre l’esposizione alla luce blu di computer e smartphone almeno due ore prima di andare a letto aiuta a rispettare quest’impegno. Analogamente, bisognerebbe massimizzare l’esposizione alla luce naturale durante il giorno, in quanto contribuisce all’equilibrio dei nostri ritmi circadiani. Evitare il consumo di alcolici e lo spuntino dopo cena fanno parte delle best practice, perché sono abitudini che interferiscono con la produzione notturna di melatonina e con il “meccanismo” circadiano. “Staccare è fondamentale. Dopo aver riflettuto e impostato un piano d’azione, bisogna accettare che il momento non è facile, che servirà del tempo ed è inutile rimuginare. Aiuta invece ritagliarsi piccoli momenti piacevoli e di svago”. Sì, dunque a un rituale della buona notte: un bagno caldo, la lettura di un buon libro e qualche minuto di meditazione sono un incentivo per dare la giusta importanza al sonno.

5. Tenete il polso delle emozioni. Imbottigliare le emozioni non è mai una buona idea. A maggior ragione in questo periodo. Riflettere sulle difficoltà e sulle cose positive presenti nella propria vita è un modo per ricordare che la realtà non è o solo bianca o solo nera. Inoltre, parlare con un’amica o un familiare ci offre la possibilità di dare un nome ai sentimenti, li circoscriviamo e riduciamo la loro entità. In alternativa, scrivere un diario è l’occasione per esprimere le emozioni e chiarirsi le idee. “Non a caso Freud ha coniato il termine talking cure, cura della parola”. Utilizzare il linguaggio per esprimere emozioni, pensieri, fantasie ha un valore terapeutico enorme. Anche la parola scritta ha le stesse qualità. Il cuore della cura attraverso la parola risiede proprio nella possibilità di condivisione e chi scrive mantiene sempre l’altro, il lettore nel suo orizzonte: “Attraverso lo scambio i nostri pensieri prendono forma e, auspicabilmente, incontrano comprensione. Così facendo, torniamo in sintonia con la nostra natura umana più profonda, bisognosa del riconoscimento dall’altro”.

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*Sociologa e giornalista

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