Life: la democrazia malata… la paura domina… il nemico è alle porte… non aver paura… odia, odia… il nemico è… uccidibile!

La democrazia, ovvero il governo del popolo, è la migliore forma di governo possibile! Ma è una creatura fragile e perciò vulnerabile. Sono tanti i mali che la possono minare e perciò è necessario che venga continuamente difesa, valorizzata, coltivata riempendola di valori sempre nuovi o rinnovati. Certo non esiste una sola forma di democrazia. Ogni popolo ha costruito, nel tempo, la sua, con diverse variabili; ma alla base ci devono essere dei valori imprescindibili: la libertà di opinione e di credo; il rispetto della dignità umana; la parità dei diritti; l’imposizione non lineare ma progressiva del fisco; la sovranità di scegliere le persone che devono governare, assumendosi l’onere della scelta; la divisione dei poteri per evitare che uno possa prendere il sopravvento sull’altro; il lavoro come diritto fondamentale, attraverso il quale l’uomo può affermare la propria dignità e la propria personalità. Questo e altro è alla base della democrazia, i cui principi basilari devono essere sanciti da una costituzione che va gelosamente custodita e migliorata dal popolo. Ma quali sono i nemici che continuamente minano questa creatura? Eccone alcuni: la rassegnazione, che spinge le persone all’apatia, all’indifferenza, alla sopportazione e finanche alle barbarie; l’accaparramento delle ricchezze o posti di rilievo nelle mani di poche persone a danno di altri, soprattutto nei momenti di crisi; una classe politica che decide sempre meno e si manifesta autoreferenziale, bugiarda e spesso ignorante delle esigenze dello stato sociale; una massa enorme di mediocri che agiscono con furbizia e si tutelano, pur di mantenersi in sella; l’annientamento graduale dei meriti, nonostante le dichiarazioni contrarie, a vantaggio della mediocrità; il dominio della cultura passiva e dei luoghi comuni che livella le coscienze verso il basso e non alimenta la massa critica nelle persone; l’agonia della classe media e la concentrazione dei capitali nelle mani di poche persone, ovvero la plutocrazia; il sovranismo nazionale, che quasi sempre è figlio del sovranismo psichico, a scapito dei rapporti con altri popoli; il razzismo e la mancanza della cultura dell’integrazione; la connivenza tra mafia e politica che costringe le persone a subire, negandosi la possibilità di potersi difendere. Quindi la nostra democrazia è gravemente malata. E sembrerebbe ormai ineludibile una deriva autoritaria della nostra democrazia. Che fare? Ce ne si accorga o no, è finita un’epoca. Sono cambiate le prospettive per chi nasce. Chi se ne è reso conto, si adatterà a fatica. Chi non se ne è accorto, navigherà nuovi mari con vecchie barche – a rischio costante di naufragio. Sono in atto cambiamenti epocali. Forze profonde stanno cambiando il mondo. Il connubio tra democrazia e capitalismo – spina dorsale dell’Occidente da più di due secoli – ha perso smalto; la prima è in crisi, incapace di risolvere i problemi del secondo. Nell’economia globale, agricoltura e industria contano meno dei servizi, i flussi finanziari più dei flussi commerciali. Disuguaglianza e nazionalismo sono in crescita. Il legislativo va cedendo potere all’esecutivo. Il “politically correct” – assurto a dogma delle élite globali – impedisce il confronto. L’individualismo ha vinto, la “centralità della comunità” ha perso. La tecnologia ha aumentato rapidità d’interazione e solitudine. L’attenzione – non l’informazione – è la risorsa da catturare: la viralità (ovvero la rapida diffusione) di una notizia importa più della sua attendibilità. Le istituzioni della democrazia rappresentativa stanno diventando irrilevanti. Decenni di governi inadeguati e politiche mediocri hanno delegittimato lo Stato e sancito il primato dell’economia sulla politica. Disillusi da mancanza di visione e clientelismo, molti cittadini si sono allontanati dalla politica, convinti che il loro voto non conti nulla. Le sedi di rappresentanza democratica – partiti e parlamento su tutte – si sono svilite. La partecipazione elettorale è sempre più bassa. L’élite è percepita come casta privilegiata e corrotta. La frattura tra establishment ed elettori pare irreversibile. Ansia e rabbia sono entrate in politica. La crisi del 2008, iniziata dalla finanza, si è estesa a economia, società e cultura. Le istituzioni sovranazionali, lo stato di diritto e il libero scambio sono sotto attacco. Il ceto medio ha smesso di credere al “mito della crescita”; il posto fisso è un ricordo, il lavoro è precario. La periferia si ribella al centro, i lavoratori a chi vive di rendita. L’integrazione dei migranti crea crisi d’identità. L’aggressività prevale sulla collaborazione, il particolarismo sull’integrazione. L’onestà (più sbandierata che provata) vale più della competenza. Il discredito dei partiti tradizionali ha squalificato politici, dirigenti e amministratori – e le “scuole di politica” che li hanno formati. I meno istruiti rivendicano un ruolo, l’ignoranza è titolo di merito. La propensione ad apparire alimenta l’autoreferenzialità. Si torna all’antico: un esempio? La democrazia diretta. Ad Atene la democrazia era diretta. Oggi, il discontento e la tecnologia stanno riportando la democrazia all’antichità, trasformandola da “rappresentativa” a “diretta”. Grazie al web il cittadino è al centro della società – e vota ogni giorno, non solo durante consultazioni ed elezioni. Ma in democrazia diretta ci vogliono elettori preparati. Il livello minimo di conoscenza necessario ad amministrare è ormai altissimo. Se chi vota non è in grado di giudicare la competenza dei candidati o la qualità delle loro idee (su fiscalità, pensioni, sanità, immigrazione o riforme del mercato del lavoro), l’eletto è spesso a digiuno dei rudimenti di diritto, storia ed economia – e dunque inadatto a gestire problemi collettivi complessi. Il contesto certo non aiuta: chi è impreparato fatica a maturare opinioni consapevoli. Una scarsa preparazione inibisce la capacità critica, espone alla manipolazione dei media e favorisce una percezione distorta della realtà. Analfabetismo funzionale e fake news, rese virali dai social media, viziano il voto. E danno una percezione distorta della realtà a riguardo l’Italia è prima nell’Ue. La distorsione è misurata dal divario (in punti percentuali) tra dati reali e percepiti. Per esempio, in Italia: dal 2000 ad oggi il numero degli omicidi è diminuito del 39 per cento, ma l’84 per cento degli italiani pensa che sia “cresciuto” o “non calato”; gli immigrati non-Ue sono l’8,4 per cento della popolazione, ma il 73 per cento degli italiani ne sovrastima la presenza al 25 per cento. L’analfabetismo funzionale (l’Italia è seconda in Europa). Molte persone hanno: “difficoltà a comprendere testi semplici”, sono incapaci di rielaborare le informazioni necessarie alla vita quotidiana; e dunque tendono a considerare “vere” le opinioni allineate al loro modo di sentire. Più del 47 per cento della popolazione, l’Italia – a pari merito con la Spagna e preceduta solo dalla Turchia – è composta da analfabeti funzionali. Si calcola che nel 2018, 48 paesi (20 in più rispetto ai 28 del 2017) sono stati teatro di ampie campagne di disinformazione. Milioni di cittadini, indeboliti e isolati, hanno paura del futuro e reclamano sicurezza – economica, sociale e culturale. I ceti medi non hanno certezze. La democrazia è quindi a rischio, sempre più preda di una deriva autoritaria. D’altronde chi ignora o non capisce i programmi elettorali; non esige competenza dai candidati; non ha l’abilità di verificare la veridicità di una notizia; si affida a percezioni più che a dati concreti tende al plebiscito… E i nostri improbabili leader sono caratterizzati dalla spasmodica ricerca di un voto plebiscitario. Chi? Tutti! Non c’è bisogno di far nomi, nessuno di loro ormai si nasconde più. In breve: senza buoni governanti, l’autoritarismo attrae consensi crescenti. Una deriva assolutistica – in forme inedite, moderne è un rischio reale. Che fare? Come proteggere la democrazia e rafforzare il diritto di voto? La democrazia è conquista preziosa ma fragile… Spesso, la democrazia è venuta meno più per pecche proprie – cristallizzando le paure dei votanti – che per un intervento esterno. Dall’Atene dei “Trenta Tiranni” all’ascesa di Hitler, la deriva autoritaria è stata favorita da: contesti in rapida evoluzione, ogni giorno più complessi; governanti inetti che hanno amplificato situazioni di crisi (causando iperinflazione o assecondando istanze antidemocratiche); istituzioni incapaci di salvaguardare la democrazia. Che; …va protetta da leader competenti, eletti da cittadini consapevoli. In uno Stato mal governato non può esservi giustizia. La globalizzazione e i mercati richiedono preparazione. Per ristabilire il primato della politica sull’economia ci vogliono governanti abili, capaci di decisioni coraggiose in situazioni difficili. In democrazia diretta, per evitare che la stessa si trasformi in dispotismo, le classi dirigenti devono essere: le migliori espressioni professionali e culturali del paese – competenti (e affinché lo siano, deve esserlo anche chi le vota); legittimate dal riconoscimento popolare. Senza le istituzioni della democrazia “rappresentativa” ad operare da filtro, gli elettori hanno responsabilità che esigono competenze. Altrimenti a rischio è la stessa democrazia. Detto tutto ciò occorre: attenzione, si attenzione!!! Il gioco contrariamente a ciò che appare si fa invece semplice. Dopo il gran lavoro per svalutare la democrazia e le sue istituzioni rappresentative… il lavoro per diffondere terrore e paura (immigrati, Europa)… che paralizza la società, blocca l’economia, mostra e esalta le diversità e le rende divisive, trasformando gli avversari in nemici… il passo successivo diventa breve e altresì semplice. Pensate che è anche già stato dimostrato storicamente: “paura e odio – basta paura, non devi più aver paura di nulla e nessuno… basta aver paura del nemico! Odia! Odia il tuo nemico… Odia chi ti è nemico ovvero quelli che non la pensano come te!! E ora che odi ti sarà chiaro che il nemico è …uccidibile!”

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