Life: lavoro, dal curriculum alla cura del look: sei consigli, per fare carriera in azienda…

Parliamo di Lavoro… della sua ricerca e di come crescere e arrivare a posizioni di vertice. Lo so che è desueto al giorno d’oggi, ma proprio per questo è sempre più necessario…  Ebbene, la formazione, le prime esperienze, la scelta dell’azienda. E poi i requisiti personali, la costruzione del curriculum fino alla cura dell’immagine. Ecco le sei mosse per arrivare al vertice. E coronare così una carriera da manager. Un percorso che non si improvvisa, anzi. Per questo motivo, bisogna muovere presto i primi passi. Soprattutto, nella giusta direzione. L’indirizzo di laurea è fondamentale. Lo confermano molte ricerche empiriche: discipline-regina rimangono economia, ingegneria gestionale, in qualche caso giurisprudenza. I corsi di studio umanistici, come lettere o filosofia, spesso non conducono molto lontano. «A completare l’alta formazione suggerisco un Mba, master in business administration, svolto anche in Italia», afferma Marco Boido, senior partner di Transearch, il gruppo di executive search con uffici in 40 Paesi. La struttura del Mba, durante il quale la classe discute su case study di aziende concrete, «aiuta i giovani a ragionare con informazioni limitate e a prendere decisioni velocemente». A meno che non si tratti di una scelta strategica per l’impresa, secondo l’esperto il buon manager vince con la rapidità: «Eventualmente, si cambia idea dopo. Ma guai a tergiversare». Usciti dalle aule universitarie e prima di entrare in azienda, alcuni suggerimenti e un passaggio in qualche società di consulenza strategica. «Aiuta a farsi conoscere nell’ambiente della business community e a creare relazioni. Il network di contatti di questa fase può rivelarsi cruciale qualche anno dopo». Al momento di entrare in azienda, meglio scegliere una realtà grande e multinazionale, anche partendo da un incarico modesto. «Le corporation fanno crescere all’interno manager con una mentalità internazionale», spiega il cacciatore di teste, «anche dal punto di vista funzionale, i dirigenti devono essere in grado di svolgere compiti precisi secondo determinate procedure». Nelle corporation non c’è spazio per il pensiero laterale ma, grazie alle esperienze all’estero, aumentano le possibilità di carriera. Invece, chi esce da una multinazionale per guidare una Pmi domestica, difficilmente riuscirà a rientrare nel grande giro. Naturalmente, è possibile cambiare il settore di business. «Discorso a parte riguarda banche e assicurazioni», spiega l’esperto, «chi vuole crescere qui deve rimanere in questo campo. Per la tipicità del business, sono mondi separati dal resto: dialogano al loro interno». Quanto tempo occorre in Italia per raggiungere il comando? Una media di 23 anni in realtà con più di diecimila dipendenti mentre per le imprese piccole (fino a 500 dipendenti) soltanto 13 anni e otto mesi. «Ma poi la carriera si blocca, è difficile passare su altre poltrone», conferma Laura Baruffaldi, della Sda Bocconi dove è lecture in leadership e ha condotto (con Duccio Alberti, Simone Panigati e Isabella Pinucci) una ricerca su 540 profili di ceo nostrani. Che cosa ne è uscito? «Per i ruoli top, meglio un curriculum con esperienze diversificate, non solo scolastiche ma anche pratiche. Senza dimenticare il peso crescente delle soft skill come la leadership, la capacità di gestire un team». Osservati speciali sono i Millennials, già nelle aziende con forti competenze digitali. E una propria visione del lavoro. «Sono attenti allo stile di vita e al bilanciamento dei tempi tra work e life. C’è meno interesse alla job security e più alla career security come possibilità di avere competenze aggiornate». Un capitolo a parte riguarda la carriera femminile su cui, anticipa Baruffaldi, le ricerche in Sda continuano. «La decisione di non puntare al top pare una scelta volontaria della donna che gestisce anche casa e famiglia: c’è bisogno di un reale supporto su problemi concreti». Infine, indispensabile un po’ di «cattiveria», secondo Boido: «Il manager è spregiudicato e tosto. Filantropo? Magari a fine carriera». Importante è anche crearsi un’immagine pubblica, magari iconica. Il pensiero va a Sergio Marchionne, ceo col maglioncino. Ma «bisogna saper scegliere il tempo esatto». Chi lo fa troppo presto rischia di passare per eccentrico…

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