PD: Congresso, quello che non si dice…

Sul modello Cgil: verso un accordo ZingarettiMartina? Per salvare la baracca e forse per rottamare Matteo Renzi una volta per tutte…

E’ un po’ di tempo che non scrivo del PD e del suo ritardatissimo congresso, ma le primarie sono ormai prossime (3 marzo) e daranno l’indicazione di chi dei tre principali aspiranti alla carica di Segretario del partito prenderà la leadership dello stesso… Per il momento c’è scontro persino su quanti voti hanno preso i candidati e sullo sfondo si profila una nuova coalizione: quella (apparentemente) impossibile tra l’ex segretario e il governatore del Lazio. L’esatto contrario a ciò cui Renzi puntava. Un piano per salvare quel che resta del partito. Una soluzione tampone per ora e poi si vedrà. Il cielo sopra il Pd quindi continua ad essere temporalesco. E Nicola Zingaretti, che ancora non è segretario, comincia a farsi un’idea di quante e quali saranno le tante “gatte da pelare”. Sempre che gli riesca prendere posto nella stanza dei bottoni al secondo piano del palazzone a Largo del Nazareno. E così, mentre deputati e senatori democratici (fino a ieri) facevano  spola tra Siracusa, per la staffetta democratica sulla nave Sea Watch, e Napoli, per rendere omaggio a Gino Sorbillo nel giorno della riapertura della sua pizzeria dopo l’attentato della scorsa settimana, il partito proseguendo in un torpore generale, si avvicina senza alcun entusiasmo al giorno della convenzione nazionale, che decreterà chi sono i primi tre candidati votati dagli iscritti. Anche il dibattito (alquanto surreale) di questi ultimi giorni, su quali siano i dati veri sui votanti, giunti solo parecchie ore dopo la chiusura degli ultimi seggi, è il sintomo che nel partito continua ad esserci un nervosismo diffuso. Il capo della commissione congresso Gianni Dal Moro si era rinchiuso a Roma alla ricerca di una sintesi. E dopo rinvii e polemiche, ecco  i dati ufficiali della commissione nazionale per il Congresso  che sono stati diffusi. Il più votato è stato Nicola Zingaretti con il 47,95%, al secondo posto Maurizio Martina con il 36,5%. Terzo Roberto Giachetti con l’11,23 %. E saranno proprio loro i tre che si sfideranno nelle primarie del tre marzo. Seguono Francesco Boccia al 2,91%, Maria Saladino allo 0,71% e Dario Corallo 0,67%. A dare i risultati è stato lo stesso Gianni Dal Moro, che ha trasmesso i risultati comunicati dalle commissioni provinciali per il congresso. L’affluenza totale degli iscritti è stata del 50,43% pari a circa 190.000 votanti. I dati, viene spiegato in una nota, sono ancora ufficiosi perché si attendono le risposte ai ricorsi presentati alle commissioni provinciali e regionali…  Ma Umberto Marroni, componente della commissione per la mozione Boccia, insorge: “I dati che si stanno dando sul voto nei circoli del Pd sono assolutamente falsi. Ho abbandonato i lavori della commissione perché stanno diffondendo dati condizionati da centinaia di ricorsi non ancora discussi, prenderemo pesanti provvedimenti nelle prossime ore. In Calabria, Sicilia e Campania ci sono centinaia di ricorsi pendenti e pretendiamo immediate risposte. Abbiamo elettori che pretendono di essere rispettati”. Il primo commento sul risultato arriva invece, da Simona Malpezzi, portavoce della mozione Martina: “La mozione Zingaretti data come vincente non solo rimane ben distante dalle aspettative ma persino dalla soglia del 50 per cento”. Poi ha parlato lo stesso Martina: “Le primarie non sono affatto scontate, il voto nei circoli lo dice, noi possiamo vincere”. Alla faccia dei tanti: “stiamo uniti tra noi, gli avversari sono fuori dal partito”. Hanno quindi votato 190mila persone, ma come visto, c’è chi contestando sostiene siano stati solo 160mila. Gli uomini di Zingaretti sostengono che il governatore del Lazio è ad un passo dal 50 per cento (soglia che, a dirla tutta intera, ora non rappresenta alcun traguardo fondamentale, a differenza di quel che sarà alle primarie del 3 marzo) I sostenitori di Martina considerano l’ex segretario molto vicino al suo principale sfidante… e intano Giachetti (in tandem con Anna Ascani) si gode la terza piazza, condannando (l’incavolatissimo) Boccia con Corallo e Saladino al ruolo di semplici comparse… A proposito di caos, la candidatura del deputato romano, decisa in extremis, sta creando un certo panico in quella che una volta era considerata l’area renziana, fino a pochi mesi fa lo zoccolo duro del Pd, e ancora oggi la stragrande maggioranza dei componenti i gruppi parlamentari. «Oggi – rivela una fonte vicina a quel che fu il Giglio Magico – ognuno viaggia invece, per la sua strada. Chi con Martina, chi addirittura con Zingaretti (vedi il sindaco Ricci e altri che sponsorizzavano Minniti). È quello che ancora una volta ha voluto determinare Matteo Renzi: siccome non posso vincere, siccome non posso più comandare, allora meglio bruciare tutto. Questo è stato il ragionamento dopo che è naufragata la candidatura di Minniti». E l’incendio, sibilano nei corridoi del Nazareno, è stato appiccato quando Luca Lotti (contrario all’uscita del PD per formare un nuovo partito di stampo macroniano) ha pensato di poter diventare il deus ex machina dei renziani. «Esattamente in quel momento Renzi ha deciso di appoggiare Martina cercando di far convergere sul suo nome il corpaccione della corrente. In quanto Lotti aveva strabordato». E così, anche grazie all’aiuto silenzioso di Maria Elena Boschi (e dei suoi fedelissimi), è arrivata l’accelerazione su Giachetti. Non è un caso che i risultati più favorevoli per l’ex candidato sindaco di Roma si siano registrati in Toscana, dove l’ex premier ha voluto mandare un messaggio molto preciso a quello che aveva sempre considerato il suo uomo più fedele, confezionando delle vittorie ‘bulgare’ per il tandem Giachetti-Ascani. Non essendo ancora mature le condizioni per un nuovo partito, Renzi ha fatto capire che non ha comunque alcuna intenzione di stare solo a guardare, come invece va sostenendo pubblicamente da mesi. Il risultato di tutto questo potrebbe essere che chi si immaginava un accordo tra Martina e Giachetti, in ottica anti-Zingaretti, probabilmente dovrà rivedere i suoi calcoli. Un messaggio arrivato, forte e chiaro, anche al resto del partito. Renzi ha fatto capire che resta nel PD, almeno per il momento… ma chi si immaginava un accordo tra Martina e Giachetti, in ottica anti-Zingaretti (con l’uscita di Renzi dal PD subito dopo il congresso), probabilmente dovrà rivedere calcoli e strategia. L’ex Radicale Giachetti, infatti, ha impostato la sua campagna congressuale più contro quello che, in teoria, era il candidato più vicino a lui (ovvero Martina), accusandolo di essere (come d’altronde lo stesso Minniti) troppo poco renziano. Immaginare adesso che i due (e, soprattutto i rispettivi supporter) possano arrivare a più miti consigli, nel caso in cui il presidente della Regione Lazio dovesse fermarsi, nel voto dei gazebo, sotto il 50 per cento, sembra al momento alquanto difficile e poco utile a Matteo Renzi. È in questo contesto, dunque, che prende piede la possibile ipotesi di una segreteria unitaria, per capirci sul modello Cgil Landini-Colla, tra lo stesso Zingaretti e Maurizio Martina (con la benedizione di Paolo Gentiloni) e con i super renziani (Giachetti & C.) messi per il momento in panchina. Un’idea smentita da tutti i diretti interessati ma su cui, invece, si sta lavorando. Anche perché, una volta terminata la conta interna, il PD verrà subito investito dall’onda della campagna elettorale europea e, conseguentemente, dalla composizione delle liste e che quindi si preannuncia più ingarbugliata che mai, a cominciare dalla posizione da tenere in relazione alla proposta unitaria di Carlo Calenda, che, dopo l’entusiasmo iniziale, sta ora già facendo i conti con non pochi distinguo, dentro e fuori il mondo democratico. E visto soprattutto che Renzi ancora non ha deciso il suo destino (dentro o fuori, comunque …oltre il PD) e vuole quindi avere uno spazio di manovra più ampia per la composizione delle liste elettorali alle europee di quello che il duo Giachetti-Ascani (convinti assertri che nel PD non ci sia più sufficiente spazio per i duri e puri del renzismo doc) pur in alleanza con Martina gli possa offrire. Mettiamoci il fatto che le casse del partito siano ormai totalmente dissanguate e il quadro è completo: per il nuovo segretario Zingaretti, la missione di “archiviare” definitivamente il renzismo,  sembra proprio di quelle ancora non possibili… Ma, in tutto questo, ci sono due date sul taccuino di tutti i dirigenti democratici, in particolare di chi ne dovrà assumere la guida. Le date in questione sono quelle del 10 e del 24 febbraio, che coincidono con le elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna. I sondaggi ufficiali parlano di un PD assolutamente in partita, al 25% minimo se non intorno al 30 per cento in entrambe le regioni. Se così fosse, come sostengono alcuni deputati ben informati, i risultati elettorali delle due regioni  consegnassero un partito in risalita (che già vivo e vegeto sarebbe una notizia), allora il prossimo leader del PD potrebbe guardare al futuro con un minimo di fiducia in più e forse realmente cominciare l’archiviazione del renzismo, in un quadro di maggior unità del partito stesso. Nonostante tutto e nonostante tutti…

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