PD: Prigioniero di sé stesso…

Non è certo una novità che si proponga lo scioglimento e la rifondazione del PD, ossia del centrosinistra. Del resto, quello che fu un tempo uno dei principali protagonisti della politica progressista in Europa si è già semi-sciolto si potrebbe dire addirittura “liquefatto” passando da una sconfitta elettorale all’altra. Tuttavia, un po’ a sorpresa la bandiera dello scioglimento viene sventolata in questi giorni  da Matteo Orfini, il presidente del partito che di solito si muove in stretta sintonia con Renzi… Già Matteo Renzi: “ancora tu, ma non dovevamo vederci più?” Alla fine l’ex segretario continua in un modo o nell’altro ad essere incombente sul partito e la sua sorte futura, divenendo sempre più un problema nel problema… dell’irrilevanza  politica attuale del partito democratico rispetto al ruolo d’opposizione all’attuale quadro di governo e contemporaneamente della sempre più possibile e definitiva scomparsa del PD dalla scena politica del Paese. Come non vedere che l’egocentrismo di Renzi, continua ad allontanare ulteriori elettori dal partito? Così come mostrano impietosamente i sondaggi. Oggi, il PD è dato di quasi due punti sotto il risultato elettorale del 4 marzo scorso. E’ trascorso tempo (6 mesi) e il declino non s’arresta. Renzi ritorna in campo (per la verità non ne è mai uscito) e i sondaggi vanno ulteriormente in discesa. Irrisorie poi le motivazioni addotte dall’ex segretario per le sue più recenti apparizioni alle feste dell’unità e per le cose che va dicendo: “vedo attorno a me, lo stesso clima positivo del 2012!” Lasciando intendere che all’interno del partito è ancora lui il leader più gradito. E ancora: “intervengo perché vedo da parte del partito una certa timidezza nell’opporsi a questo governo di scappati di casa”. Intendendo così, che senza di lui non c’è una opposizione  forte al governo legastellato. A questo punto Renzi è sempre più irritante! Ogni suo dire e ogni suo fare, alla fine colpiscono solo il PD e rafforzano gli avversari. Si votasse domattina il Partito Democratico non otterrebbe forse nemmeno il 15% dei voti di chi si recherà alle urne. La Lega e il M5s si dividerebbero circa il 70% dei restanti voti, l’astensionismo aumenterebbe di qualche punto. In buona sostanza voterebbe circa il 60% degli italiani che ne hanno il diritto, resterebbe a casa circa il 40% dei possibili votanti. E se il PD prendesse il 15% di quel 60% di voti avrebbe in realtà solo un misero 7% dell’elettorato attivo. Il solito “gufo?” Ma vi pare? E’ quel che si sente, vede e legge, quotidianamente sui Media e la carta stampata italiani e anche su qualche testata e rivista internazionali. D’altronde: con tutto quello che è successo e sta succedendo chi pensa che il 18% degli italiani (adesso, è tanta roba) possa dare ancora fiducia ai Democratici rischia una forte illusione! Allora forse ha ragione Orfini a proporne lo scioglimento? Oppure Calenda con l’invito a cena (già disdetto) a Renzi, Gentiloni e Minniti? Si è accesa così la discussione congressuale. C’è chi sottolinea: “Ma quale scioglimento. Si faccia il congresso il prima possibile. Il PD è un partito a pezzi, ma c’è ancora una base elettorale su cui ricostruire”. Lo dice al Fatto Quotidiano Francesco Boccia (area Emiliano), che stronca così la proposta di Matteo Orfini. “Orfini vuole sciogliere tutto? Sciocchezze. Il partito non è una S.p.A e noi non ne siamo gli amministratori. Abbiamo avuto l’onore di rappresentarlo, qualcuno purtroppo non degnamente e tutto possiamo fare tranne che arrogarci il diritto addirittura di sciogliere qualcosa che non è nostro”. Non è il solo nel PD c’è anche chi ritiene che: “Il Partito è una comunità di persone che non è stata ascoltata adeguatamente”. Quindi serve un vero congresso molto presto (si è già ritardato troppo) per prendere atto che il fallimento culturale del renzismo è stato anche la disfatta di una generazione di dirigenti. E La rottamazione è stata un disastro senza precedenti per la Sinistra italiana. E tra i responsabili oltre Renzi (il quale ha la maggiore responsabilità) c’è l’intero gruppo dirigente, anche chi si è sempre opposto al renzismo! Senza tuttavia saper far assumere una diversa direzione al partito e una linea politica alternativa che guardasse al lavoro che manca, alle diseguaglianze e alla povertà crescenti. A poche ore dalla proposta avanzata dal presidente Matteo Orfini di “sciogliere il partito e rifondarlo” e dalla risposta del governatore del Lazio Nicola Zingaretti: “E’ una scusa per rinviare il congresso“. Maurizio Martina prova a riportare ordine nel partito. “Più che discutere di scioglimenti del Partito Democratico o di rinvii del congresso – ha detto l’attuale segretario nazionale alla Festa dell’Unità di Genova – facciamo invece tutti un passo avanti per il futuro, nel segno della giustizia sociale e della solidarietà. Il PD deve lavorare sui territori, chiamare le persone che vogliono costruire con noi l’alternativa a questo governo”. Aggiungendo: “Il Congresso ci sarà, faremo le primarie a gennaio”, spiega. “Basta con questa idea che tutti possono dire tutto… sono parole in libertà” sottolinea. Gli risponde, a stretto giro, proprio Orfini. Su Facebook con un commento lapidario: “Pensate davvero che noi possiamo ripresentarci con il PD così come funziona oggi? Tutti dicono di voler superare il correntismo e poi chiedono di fare subito un congresso basato su accordi tra correnti e filiere di tessere e preferenze. Bene, facciamolo! E il giorno dopo? Ricominciamo come sempre, con la minoranza che combatte la maggioranza, con un maggioritario interno distruttivo e divisivo? Pensate davvero che così la risolviamo? Beati voi”. C’è da chiedergli: “caro Orfini, visto che tu sei il Presidente di questo partito, perché non sei conseguente a ciò che affermi e ti dimetti?  La discussione resta animata. L’ultima voce levatasi è quella di Carlo Calenda. Su Twitter l’ex ministro dello Sviluppo economico invita a cena Matteo Renzi, Marco Minniti e Paolo Gentiloni per provare a creare un fronte più compatto. Riprendendo una idea di Giuliano Da Empoli, uno dei consiglieri dell’ex segretario, che aveva twittato: “La Storia non sarà clemente con i quattro leader del Pd, Renzi, Gentiloni, Calenda, Minniti che ne hanno condividono la stessa linea politica se per ragioni egoistiche non riusciranno a sedersi intorno a un tavolo per impedire la deriva del Pd verso l’irrilevanza e la sottomissione al M5S”. Una vera e propria stilettata al governatore del Lazio, che tra le cose dette ha sottolineato l’esigenza di dover parlare con gli elettori di sinistra che hanno votato 5 Stelle. Dirlo così in chiaro sembrerebbe per i renziani un “peccato capitale”. Tant’è che la risposta di Renzi arriva tramite fonti a lui vicine: massima disponibilità a sedersi al tavolo, fanno sapere, a condizione che sia chiaro che non c’è nessun accordo possibile coi Cinque Stelle… Poi è lo stesso ex segretario a prendere la parola su Facebook: “Una volta alla settimana parte il dibattito sul futuro del PD. C’è chi lo vuole sciogliere e chi lo vuole rilanciare. Chi propone cene di chiarimento e chi vuole congressi di discussione politica. Chi vuole la società civile e chi dice: più potere agli iscritti. Tutte scelte legittime e rispettabili. Io penso che oggi il problema non sia il PD. Questo Governo è il problema del Paese, non il PD.  E’ la maggioranza parlamentare che sta bloccando l’Italia non l’opposizione!” Accidenti, ma quale disponibilità vera ha a sedersi a cena con gli altri? Se ancora una volta,  rifiuta ogni sua responsabilità rispetto al disastro elettorale del partito.  “Il Pd deve smetterla col fuoco amico che troppe volte ha colpito e indebolito chi stava al governo – prosegue Renzi – ci sarà un congresso e chi lo vincerà avrà l’aiuto degli altri. Ma dopo sei mesi di analisi psicologica e di terapia di gruppo, possiamo iniziare a fare opposizione dura? Oppure c’è ancora qualcuno che pensa che dobbiamo fare l’accordo con i 5 Stelle che mettono in discussione i vaccini e mettono i bastoni tra le ruote a chi vuole creare posti di lavoro?”, conclude. E il riferimento a quella che al momento sembra la personalità politica che più delle altre è in grado di puntare alla segreteria: Nicola Zingaretti, unico ad aver riportato una vittoria di livello nelle ultime competizioni elettorali – la riconferma alla guida della Regione Lazio. Ma che agli occhi dell’ex premier ha la colpa di aver aperto troppo ai 5 Stelle. Francamente, a questo punto, tutto e il contrario di tutto si tiene in piedi solo paradossalmente.  Alla fine anche la cena a quattro tra i big del Pd. Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marco Minniti  che avevano accettato tutti ma con più di qualche distinguo, nel giro di 24 ore viene disdetta da colui che l’aveva proposta. L’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda dopo che si era detto “molto contento” dei sì arrivati da Renzi, Gentiloni e Minniti: “E’ un gesto di responsabilità di tutti i partecipanti. Bene così. Ottima notizia”. E’ costretto a smentirsi: “Renzi si era sfilato ieri pomeriggio via agenzie e retroscena vari, a quel punto non aveva più molto senso. Andiamo avanti con l’opposizione. Ognuno facendo il suo. Di più in questo momento non si può fare. Troppi ego e troppi conti da regolare. Con Gentiloni e Minniti parlo continuamente – prosegue Calenda – nel Pd c’è un’entità, che si chiama Renzi, che non si capisce cosa voglia fare e che va avanti per conto suo. È una roba un po’ singolare. È stato un presidente del Consiglio che all’inizio aveva veramente voglia di cambiare l’Italia e che ha fatto cose buone. È un grosso peccato”. Poi conclude: “L’unica cosa che vuole fare il PD in questo momento è una resa dei conti fra renziani e antirenziani in vista di un congresso che doveva esserci, per me, se non mesi almeno già qualche settimana fa e a questo punto, tutto sarà paralizzato in una cosa (il congresso per una nuova leadership) della quale al paese non frega nulla. Nel frattempo, l’opposizione si fa in ordine sparso”. Nel frattempo l’attuale segretario del PD Maurizio Martina ha confermato il congresso, ma anche deciso di accelerare annunciando le primarie per il prossimo gennaio. Una decisione non presa bene come si diceva da Matteo Orfini, rispetto alla sua proposta di scioglimento del partito. Contro si era pronunciato anche Gentiloni, oltre al già ricordato Zingaretti, che ha interpretato, come già si accennava, la proposta come un tentativo di rinviare il congresso. Rinvio che sarebbe comunque gradito ai renziani, che non riescono ancora a trovare un loro candidato per il congresso… Zingaretti alla proposta della cena di Calenda con gli altri ex ministri, aveva contrapposto, un’invito in trattoria, ad alcuni rappresentanti della base del partito, per ascoltare da loro le ragioni delle sconfitte, riproponendo un lavoro di ascolto della gente, da cui ricominciare la ricostruzione di un nuovo PD. Peggio di così, non potrebbe andare. Si ha la conferma che non esiste un unico partito ma che il PD è ormai due partiti in uno. E Renzi continua così a stare in campo ed a essere un problema per il PD. Sempre più autoreferenziale e divisivo, risulta ulteriormente inviso a un’ulteriore parte dell’elettorato del partito che come dicono i sondaggi, continua a diminuire… inoltre portando avanti un’opposizione di invettive e non di linea e proposte politiche, rifiutando ogni autocritica, anzi… impedisce qualsiasi possibilità di dialogo non con il gruppo dirigente del M5s, ma con l’ex elettorato del PD, passato ai 5stelle. Mentre, sempre secondo Francesco Boccia il dibattito politico nel partito dovrebbe discutere prioritariamente di “Europa e del rapporto con i 5 Stelle. A chi nel partito sostiene che i 5 Stelle siano uguali alla Lega rispondo di no. Molte cose di quel mondo non piacciono, ma l’attenzione sociale dei 5S è altra cosa. I 5 Stelle intercettano una parte del nostro elettorato proprio per la loro sensibilità sui temi sociali. La parte più povera del Paese oggi guarda ai 5 Stelle”. Con lui altri delle minoranze del PD come Orlando e Cuperlo sottolineano come: “…questa volta non si deve partire dai nomi ma dalle idee e soprattutto da una grande capacità di ascolto di quella parte del Paese che ci ha voltato le spalle. Se non si rovescia la logica e ripartiamo da chi non ha avuto più fiducia in noi cercando di capire perché è avvenuto questo – dicono –  non arriveremo al traguardo”. Ma sempre di più l’atteggiamento di Renzi e dei renziani, punta ancora una volta a discutere solo e soltanto di leadership… impedendo ogni reale rinnovamento del partito e della sua discussione sulla linea politica con cui costruire i contenuti (non bastano le invettive e gli insulti) un ruolo forte di opposizione a questo governo sempre più teso a destra. E così Renzi e la sua leadership rimane il principale problema di un PD ostaggio di se stesso…

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