PD: Zingaretti è pronto a ribaltare il Partito Democratico…

 

A leggere i quotidiani e guardare la Tv sembra di assistere a un ‘bon retour’ di Matteo Renzi, sulla scena politica italiana, come fosse stato lui o meglio i suoi fedelissimi (Giachetti & C.) ad aver vinto le primarie per il nuovo segretario del PD e invece… ma forse la domanda ci sta? Perché Zingaretti pare ancora un po’ defilato dallo scontro politico. Lui è di quelli che da sempre ama il “politicamente corretto”. Più attento alla sostanza che alla forma, senza usare le parole forti come fece e fa il suo predecessore il neo segretario vuole rivoltare il partito come un calzino. Ridare fiato a dipartimenti e forum tematici, riattivare i territori e, soprattutto, riavvicinare alla gente il Pd. Un gatto sornione e forse un po’ troppo prudente, ma decisamente meno ‘bonaccione’ di quel che si possa pensare e di quanto lui stesso voglia far credere. A tracciare il profilo di Nicola Zingaretti è un suo mentore e principale sponsor politico, nonché ispiratore del glorioso ‘modello Roma’ della sinistra che fu, Goffredo Bettini. E le prime mosse del segretario eletto (la proclamazione ufficiale avverrà solo domenica prossima in Assemblea nazionale all’Hotel Ergife) sembrano confermare questa sua tesi. Il “fratello di Montalbano”, forte del successo (sia di voti che di affluenza) delle primarie, ha cominciato da subito a muoversi con decisione su diversi fronti. Le sue due parole d’ordine, «unità e cambiamento» stanno iniziando a tradursi in atti concreti. Per quanto riguarda la prima, unità, sta trovando una sponda importante quanto inaspettata: dallo stesso Matteo Renzi. L’ex premier sta parlando dicendo la sua interviste e televisione, rivendica le iniziative passate, ma non avendo forse ancora deciso che fare da grande… sta dando seguito alle sue promesse: “niente fuoco amico”, almeno per il momento. Anche perché tutto ha giocato e gioca a favore di quello che lui stesso definisce «il nuovo centravanti» e quindi rispetto al nuovo segretario non gli conviene assolutamente mettersi di traverso proprio ora. Ristabilire un clima di pace interna, anche solo di facciata, è l’obiettivo dichiarato del nuovo segretario. Anzi è un vero e proprio diktat imposto ai suoi. Nessuna forzatura, nessuna rottura, neppure verbale, almeno fino alle europee. La parola d’ordine è cancellare, anche solo per qualche mese, l’immagine di un PD “concentrato sul proprio ombelico” e avulso dal contesto sociale, economico e culturale che sta investendo il Paese. Il “patto di non belligeranza” con Renzi porterà all’elezione unitaria di Gentiloni presidente e Zanda tesoriere del Pd. In cambio Zingaretti continua a mostrarsi fedele a quanto promesso in campagna congressuale (nessuna convergenza con il Movimento 5 Stelle) e leale sulla questione dei capigruppo, che per ora non verranno toccati. Lo stesso vale per i (possibili) alleati esterni. Con Calenda la quadra per una lista unitaria sembra a portata di mano, più difficile il cammino con +Europa, Verdi e Italia in Comune di Pizzarotti. Ma ci proverà fino alla fine. Unità, quindi, ma anche cambiamento rispetto al partito del “Fassina chi?” degli ultimi anni. L’idea è quella di fare un po’ come fece la Spd a Berlino ormai parecchi anni fa, quando costruì la propria casa, la Willy Brandt Haus, nel cuore del quartiere multietnico di Kreuzberg, lontano dal Bundestag e dalla porta di Brandeburgo. Ma quando si parla di “cambiamento” vero, bisogna volgere lo sguardo verso un punto preciso: largo del Nazareno, Roma. È qui che sta la sede del Pd ed è qui che si vedranno i veri cambiamenti, a partire proprio dal trasferimento (o meglio dallo “sbaraccamento”) della sede stessa. Quel palazzone dove una volta sorgeva un celebre collegio frequentato dall’alta borghesia romana, si identifica troppo con i salotti del potere da una parte e con un recente passato troppo contraddittorio. Meglio cambiare aria. L’idea è quella di fare proprio come fece la Spd a Berlino parecchi anni fa. La ricerca non sarà semplice. Secondo alcune prime voci si starebbe guardando al quartiere Ostiense, uno dei luoghi più di fermento sociale e culturale delle Capitale, e ad altre zone popolari come San Giovanni o San Lorenzo. Aree della città che non si possono certo definire periferiche, ma che corrispondono perfettamente all’obiettivo della discontinuità evocata da Zingaretti, oltre che alle necessità di togliere dalla voce “uscite” del bilancio quei 600mila euro all’anno di costi d’affitto del palazzone del centro storico. Il cambiamento, oltre alla sede, coinvolgerà tutto il funzionamento della macchina. Ricominciare, insomma, a fare attività politica. In questo senso, potrebbero essere messi in discussione alcuni ruoli chiave a livello regionale e, soprattutto, si lavora ad una segreteria nazionale che dia il senso dell’impegno e della novità. Se non è rottamazione, poco ci manca. Il vero rebus, che condizionerà inevitabilmente anche l’era Zingaretti, è quello legato ai conti del partito, le casse del Pd sono vuote e le prospettive drammatiche per i 170 dipendenti in cassa integrazione che rischiano concretamente di perdere il posto di lavoro dopo che, ad agosto, scadrà anche il secondo anno di ammortizzatori sociali. Cosa farà Zanda, il tesoriere designato? Al momento i dipendenti non hanno ancora avuto alcuna comunicazione ufficiale, ma il timore è quello di essere rottamati. Proprio come avverrà per il vecchio Nazareno…

 

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