Pensioni, riforma già in cantiere…

Pensioni… e ancora pensioni.
Continua la discussione sul nostro sistema pensionistico, si parla ancora di APE, ma non solo. Va ben oltre il prestito pensionistico il pacchetto di interventi in materia previdenziale che il governo ha messo al centro della trattativa con i sindacati. E, anzi, le misure ipotizzate tenute per il momento riservate, potrebbero rivelarsi più incisive della stessa formula escogitata per la flessibilità in uscita.
Come anticipato da qualche testata giornalistica in cantiere ci sono: lo stop all’aumento dell’età pensionabile collegata all’incremento dell’aspettativa di vita, con il nuovo limite massimo a 67 anni dal 2021; lo sconto sui requisiti di pensionamento per i lavoratori precoci; l’allargamento della categoria dei lavori usuranti. Ma anche: la possibilità di cumulare periodi contributivi versati in gestioni differenti senza dover pagare sempre il pegno della ricongiunzione onerosa. Per non dire del ritorno al sistema di rivalutazione delle prestazioni valido fino al 2011 e alla fine strutturale delle penalizzazioni per le pensioni anticipate sotto i 62 anni di età.
IN TESTA alla lista delle possibili novità c’è, dunque, l’abolizione del meccanismo che lega l’età pensionabile e l’anzianità contributiva (il numero di anni di versamenti) alla speranza di vita calcolata dall’Istat.
Il congegno prevede che a cominciare dal 2013, ogni tre anni (e poi ogni due dal 2019), l’età pensionabile, insieme con gli altri requisiti, dovrà essere adeguata all’aumento dell’aspettativa di vita. Gli adeguamenti hanno portato fino a oggi a un aumento di ben sette mesi. Andando di questo passo, nel giro di qualche decennio saremmo saliti a 67 (dal 2019), e dopo a 68, 69 e 70 anni come età minima per la pensione. Se, invece, il collegamento verrà cancellato o comunque sospeso, i requisiti dovrebbero rimanere inalterati a oggi (66 anni e sette mesi) almeno fino al 2021, quando, secondo la previsione della riforma Fornero, l’età minima dovrà essere comunque fissata a 67 anni. E fermarsi lì. tuo-piano-pensionistico
Di rilievo anche le novità per coloro che hanno cominciato a lavorare durante la minore età: per questa categoria l’ex Ministro Cesare Damiano propone di fissare a 41 anni la possibilità di ottenere la pensione. Per il governo lo sconto dovrebbe essere  a 41 anni e sei mesi o a 42 anni, anche a seconda del numero di anni lavorati durante la minore età.
Per i lavori usuranti l’ipotesi contempla l’inserimento di tutti i lavoratori dell’edilizia, oltre che dei macchinisti, dei capitreno e dei manovratori nella categoria con l’applicazione delle regole (più favorevoli) per l’uscita anticipata dal lavoro. Il capitolo, però, rimane aperto perché i requisiti per il pensionamento rimangono elevati.

A FAVORE di coloro che hanno versamenti in più gestioni e che, dal 2010, dovrebbero pagare fior di quattrini per metterli insieme con la ricongiunzione onerosa, dovrebbe arrivare il cosiddetto cumulo ampliato. In pratica, ogni ente paga il proprio pezzo di pensione senza i vincoli che oggi esistono per questa soluzione.
Non è finita. Allo studio ci sarebbe, oltre all’abolizione strutturale e non solo fino al 2017 delle penalizzazioni dell’1-2 per cento per chi va in pensione anticipata (con 41 o 42 anni e dieci mesi di contributi) prima dei 62 anni di età, anche il ritorno al sistema di rivalutazione delle pensioni valido fino al 2011. Un sistema che prevede il riconoscimento dell’inflazione al 100 per cento per gli assegni fino a tre volte il minimo Inps (circa 1.500 euro lordi mensili), al 90 per quelli fino a 5 volte il minimo (circa 2.500 euro mensili), al 75 per cento per quelli superiori a 5 volte.

Vedremo come finisce…

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