Politica: aumentano i “cattivi maestri”. Sul green pass una strana ostilità…

Certo, sempre meglio persuadere che obbligare, educare che punire. Ma gira un’idea balorda di libertà che considera tra i diritti civili, peraltro in un momento come questo, quell’atteggiamento tanto ignorante quanto egoista di esser liberi di far male agli altri. Sia chiaro, si tratta della stessa libertà di guidare un’automobile senza freni e sfrecciare davanti ad una scuola o un ufficio postale il giorno del ritiro delle pensioni. Orbene, alcuni intellettuali hanno criticato l’obbligo per i lavoratori di esibire la certificazione verde nelle mense e il segretario della Cgil seguito dal collega della Uil e anche dal vicesegretario del Pd hanno fatto altrettanto… “A sinistra è nato, quasi senza che ce ne accorgessimo, un vivace movimento anti green pass”. Ce lo ricorda, oggi, Paolo Mieli dalle pagine del Corriere della Sera. Dapprincipio si trattava solo di una corrente di pensiero a cui avevano dato voce personalità dal rilievo non esclusivamente italiano: Giorgio Agamben, Massimo Cacciari (gli iniziatori). Tant’è che Giorgia Meloni dalle pagine del Secolo d’Italia ringrazia Cacciari: “Sul green pass è una voce libera e coraggiosa. Vogliono metterlo a tacere”. E successivamente anche Gianni Vattimo, Carlo Freccero, Franco Cardini…  Ognuno di loro ha messo subito in chiaro di essersi fatto iniettare a tempo debito le dosi del vaccino; ma, poi i cinque hanno sostenuto che molte (troppe) insidie si nascondono dietro l’obbligo di esibire il certificato di avvenuta immunizzazione. La stessa Meloni si è scordata quanto twittava solo poco tempo fa. Ragion per cui hanno esortato a diffidare di tale imposizione. Sulla scia di questi intellettuali, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha concesso una serie di interviste (l’ultima, lunedì scorso, a Roberto Mania, su «Repubblica») nelle quali ha chiesto che i lavoratori siano esentati dal dover esibire la certificazione verde — come impone la legge — per accedere alla mensa aziendale. E che, nel caso siano sprovvisti di green pass, non abbiano a subire «sanzioni o punizioni». Sanzioni o punizioni — secondo il capo della Cgil — sarebbero «inaccettabili». Gli è andato dietro il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, che ha detto, “che i protocolli di sicurezza usati finora («frutto dell’accordo tra governo e parti sociali dello scorso aprile … quando i vaccini c’erano già») bastano e avanzano”. Perciò, anche per il segretario della Uil: nessuna ammenda per chi va in mensa senza avere il green pass. A questo punto il vicesegretario del Pd, Giuseppe Provenzano, ha dichiarato a Radio24 che la questione posta da Landini e Bombardieri «ha un suo fondamento» ed è dunque necessario tornare «a un tavolo con le parti sociali». Il che, tradotto, vuole dire rimettere in discussione le decisioni in materia prese dal governo con il pieno assenso del ministro Roberto Speranza. Sarebbe per certi versi il bis di quel che accadde con la riforma Cartabia… Ora francamente, mi pare tutta una discussione di lana caprina… e alquanto strumentale per scaricare sul sindacato le solite accuse di arretratezza culturale… personalmente, ritengo che le posizioni sindacali, siano solo apparentemente in contraddizione… infatti la preoccupazione espressa non riguarda i vaccini né il green pass, ma la possibile strumentalizzazione che il padronato italiano (mai particolarmente preoccupato di dover svolgere anche un ruolo sociale) potrebbe utilizzare per attaccare ulteriormente l’occupazione… licenziando chi non ha il green pass e non si è vaccinato… il sindacato chiede a riguardo che non possano essere i datori di lavoro a decidere unilateralmente questo, ma ci sia un’assunzione diretta del Governo e/o un accordo che salvaguardi chi eventualmente non può vaccinarsi per precisi motivi sanitari… non sono tutti no vax che strumentalizzano un concetto di libertà individuale che disconosce ogni decisione istituzionale a salvaguardia della salute pubblica, c’è chi per motivi validissimi legati appunto alla salute, non può farlo… questi non possono essere allontanati dal lavoro a mo’ di punizione. E’ veramente un peccato che questa sorta di  corto circuito che si è creato intorno alla certificazione verde Covid 19 rischi di recare un danno alla credibilità di uno strumento che è stato concepito per farci sentire tutti più liberi e più sicuri… Intanto, mentre la discussione continua… qualcuno si muove già sul terreno delle minacce. L’Associazione nazionale insegnanti e formatori, ha rivelato, sul manifesto, di aver già ottenuto migliaia di sottoscrizioni a un appello per «la cancellazione della norma che introduce il green pass obbligatorio per il personale scolastico e per gli studenti universitari». Ancora una settimana di raccolta firme, ha annunciato e poi, a meno che il governo faccia «marcia indietro», «procederemo per le vie legali». È trascorso appena un anno e mezzo da quando, a inizio pandemia, i rapporti tra esecutivo e mondo del lavoro furono — nonostante le complicazioni di quei momenti — molto collaborativi. Landini all’epoca non faceva mistero di nutrire stima, nei confronti dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. E fu forse anche per questo motivo che, come hanno ricordato più giornalisti, non ci furono proteste in fabbrica contro l’introduzione delle mascherine, la rilevazione della temperatura, gli screening con test sierologici e molecolari. O comunque furono minime. Adesso si dice un po’ frettolosamente che Landini ha cambiato registro e sostiene che i protocolli sono sufficienti a garantire la salute nelle aziende e che, perciò, il green pass non serve… (ho già detto che per me non è proprio così). Ma ora che i protocolli sono stati sottoscritti anche per bar, ristoranti, cinema, teatri, treni, aerei. Per non parlare delle scuole. Ambienti in cui da tempo si sanifica, come è stato concordato con il governo, così da offrire garanzie di sicurezza (per quel che è possibile). Anche lì, anche in quei «luoghi di lavoro» non andrebbe sanzionato chi è sprovvisto di certificato verde? In molti si chiedono da dove venga questa grande sensibilità a vantaggio di chi obietta alla certificazione vaccinale. E perché i leader sindacali non siano altrettanto sensibili nei confronti di coloro che, in possesso di green pass, dovrebbero esporsi a rischi vivendo la propria vita lavorativa a stretto contatto con persone che potrebbero contagiarli… Il sindacato continua ad essere sulla difensiva… costantemente sotto attacco dell’occupazione… e spesso non sa spiegare in modo efficace i propri perché… Troppo spesso vengono spiegati dai Media, come dei semplici No pregiudiziali… invece che con giuste considerazioni rispetto a reali preoccupazioni… Insomma, a partire dai “cattivi maestri” (e sono tanti) di cui è piena la scena politica italiana… si continua a rimuovere in qualche modo il conflitto sociale che nella pandemia si è ancor più acuito per via dell’aumento delle diseguaglianze e dell’area della povertà…  Il segretario della Cgil motiva l’attuale irrigidimento anti green pass, con tre considerazioni. La prima: «Nessuno può sostenere che gli uffici o le fabbriche costituiscano oggi potenziali focolai per la diffusione del virus». A pensarci bene ci sono fabbriche che non si sono arrestate mai, anche quando i vaccini non c’erano… E infatti non lo sostiene nessuno. Proprio nessuno. La seconda: «Non deve passare il messaggio sbagliato che i vaccini e il green pass, pur fondamentali, siano sufficienti a sconfiggere il virus». A chi si rivolge Landini? Probabilmente proprio a coloro che resistono contestando insensatamente i vaccini e i controlli rispetto alle vaccinazioni… in quanto è ormai acclarato, che le vaccinazioni servono, in caso di contagio, a non finire nei reparti di terapia intensiva o al cimitero. Ad oggi il 90% di chi è ricoverato e/o è in terapia intensiva sono persone non vaccinate e con la variante Delta, non contano più le fasce d’età e si contagiano anche i giovani e finiscono in ospedale. E non è poco…  sono discorsi diversi solo apparentemente. Il terzo appunto del segretario della CGIL: «Se il governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Abbiano il coraggio di farlo!». Personalmente ritengo che il ministro Speranza voglia lasciare aperta l’alternativa tra vaccino e tampone perché quella del tampone può fungere da «opzione» per chi non vuole (o meglio non può) vaccinarsi. Eventualmente i sindacati potrebbero battersi per ottenere la gratuità (o quasi) del tampone. In fabbrica. Nelle scuole. Per chi è costretto a prendere un treno o un aereo. Ma questo sarebbe un discorso assai diverso che poco o nulla concederebbe a quel che si intravede dietro la guerra al green pass… Occorre senza ulteriori tergi versamenti: fare chiarezza sul principio della obbligatorietà della vaccinazione che è giusto stabilire per alcune categorie, mentre è discutibile (e nessuno lo propone) che possa divenire un vincolo di carattere generale. Il green pass non impone alcun obbligo; è solo un requisito necessario per poter accedere in certi luoghi o essere ammessi allo svolgimento di alcune attività, insieme ad altre persone. Evitando di entrare nella logica della “Generazione Hikikomori”. Ma, non può essere nel caso dei luoghi di lavoro,  lasciato al libero arbitrio delle aziende e divenire un ulteriore strumento per licenziare… Infine, la mobilità delle persone è certamente un diritto importante nel mondo di oggi. Questa possibilità (con appresso il turismo) è sicuramente meglio garantita da un passe-partout che attesti una condizione di relativa immunità di chi viaggia anziché  da regimi di quarantena in entrata e in uscita…

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