Politica: dopo elezioni: No pasarán! Il canto degli ucraini sotto le bombe e la cantilena ipocrita del dibattito politico italiano…

Anche di fronte ai nuovi bombardamenti russi, politici, sindacalisti e intellettuali continuano a fare discorsi ambigui. Il silenzio di Salvini, la cui recente vocazione pacifista non vale evidentemente il rischio di giocarsi le ultime chance di ottenere un «ministero di peso», rende ancora più malinconico lo spettacolo offerto dal fronte opposto… Non potrebbe essere più netto il contrasto tra la dignità e la bellezza dei canti intonati dagli ucraini rifugiati nelle stazioni della metropolitana di Kyjiv, sotto le bombe, e la miseria e la tristezza delle cantilene provenienti da tanti politici, sindacalisti e intellettuali italiani in cerca di collocazione… Non potremmo apprestarci a celebrare il centenario della marcia su Roma in modo peggiore, e non tanto per l’ascesa di Giorgia Meloni alla guida del governo, quanto per il modo in cui le forze che si proclamano antifasciste mostrano di tenere in conto i principi che proclamano. Dagli argomenti usati da tanti di loro sembra di capire che a suo tempo, se Hitler avesse avuto l’atomica, la cosa giusta da fare non sarebbe stata lo sbarco in Normandia, ma un’altra bella conferenza di Monaco come quella del 1938. E perché poi, in Italia, ostinarsi a respingere i tedeschi oltre la linea gotica, invece di aprire un negoziato e cercare un ragionevole compromesso anche lì? Chissà cosa avrebbero detto, i tanti che oggi s’indignano perché gli ucraini hanno attaccato un ponte (ponte da cui passano i carri armati russi), a proposito dell’attentato di via Rasella e di tutte le altre iniziative dei Gap. A dire la verità, c’era anche allora chi li definiva terroristi, ma erano i nazisti che lo facevano. I russi bombardano case, scuole, ospedali e centrali elettriche da mesi, mica da ieri. Le fosse comuni e le camere di tortura che emergono da ogni città liberata – liberata dalla controffensiva ucraina, anche grazie alle armi occidentali – sono lì a ricordarci, ogni giorno, cosa succede e cosa continuerà a succedere nelle zone occupate, se gli ucraini smetteranno di avanzare, e se non continueranno a ricevere il sostegno economico, politico e militare dell’occidente: quello che è già successo a Bucha, quello che è già successo a Izyum, quello che succede ovunque nell’Ucraina occupata, e che purtroppo non assomiglia, neanche lontanamente, alla pace… E a proposito di pace, i partiti italiani (di governo e opposizione), i sindacati, gli intellettuali e la miriade di organizzazioni della società civile è ora che si riprendano la piazza organizzando la mobilitazione popolare su una piattaforma chiarissima, senza ambiguità né possibilità di equivoci sulla condanna alla Russia di Putin e il sostegno al governo Zelensky, come a fatto un gruppo di associazioni che proprio ieri hanno lanciato la campagna di adesione all’appello “Non c’è vera pace senza verità. Non c’è verità senza libertà”: da Base Italia di Marco Bentivogli a LiberiOltre, dal Comitato Giovani per l’Ucraina a personalità come Luigi Manconi, Sandro Veronesi, Leonardo Becchetti e Luca Diotallevi. Una iniziativa apartitica, ma chiaramente rivolta ai partiti, per chiedere alcune cose molto precise: cessate il fuoco e ritiro immediato delle truppe russe dal territorio ucraino; stop all’escalation nucleare e ripresa del percorso per il disarmo dalle armi atomiche; riconoscimento della piena indipendenza e autonomia dello Stato ucraino secondo i confini stabiliti dalla comunità internazionale prima del 2014. Una serie di punti che tutti dovrebbero condividere fino alle virgole. E che permettono di superare l’imbarazzo e il timore di ritrovarsi in una piazza ostile, magari condita da slogan anti europeisti, anti atlantisti o peggio di insulti contro la scelta, tuttora necessaria, di inviare armi alla resistenza ucraina… «Non possiamo fermare la guerra con le nostre mani, ma insieme possiamo chiedere di far avanzare la pace. Siamo tutti ucraini, siamo tutti europei», recita l’appello. E’ un primo passo, per rompere il ghiaccio. Per riconnettersi sentimentalmente con un popolo che ha spesso faticato ad accettare la necessaria intransigenza contro l’aggressione russa, foriera di enormi paure al di qua delle Alpi. E anche per scongiurare gli atteggiamenti dei partiti politici (quello di Conte è imperdonabile) di: «Mettere il cappello sulle manifestazioni promosse dalla società civile», è un errore da respingere. «Tutte le forze politiche devono essere alleate in questo sforzo, deve esistere una sola piazza, quella che parte dal basso, non quella di Conte o di qualsiasi altro capo partito. La pace è troppo importante per essere lasciata a iniziative estemporanee mediatiche e di parte».

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