Politica: è possibile andare oltre la Destra e la Sinistra?

Nel linguaggio politico, essere di destra, significa sposare un orientamento liberal-conservatore di tipo democristiano, il cosiddetto (centrodestra), o addirittura considerarsi nazional-conservatore, nazionalista e sovranista (destra) o ancora considerarsi un neofascista, nazional-socialista, populista di destra e reazionario (estrema destra). Essere di sinistra invece indica un orientamento progressista, socialiberale e riformista (centrosinistra), o considerarsi socialista e socialdemocratico (sinistra), o ancora considerarsi comunista ed anarchico (estrema sinistra). In generale le denominazioni “destra” e “sinistra” nascono in Francia poco prima della Rivoluzione Francese. “Nel maggio 1789 furono convocati gli Stati generali dal Re di Francia, un’assemblea che doveva rappresentare le tre classi sociali, allora riconosciute: il clero, la nobiltà e il terzo Stato, ovvero il popolo in generale. Quest’ultimo si ordinò all’interno dell’emiciclo con gli esponenti conservatori che presero i posti alla destra del Presidente, i radicali quelli alla sinistra. Questa divisione si ripresentò anche in seguito, quando si formò l’Assemblea nazionale. A destra prevaleva una corrente volta a mantenere i poteri monarchici, a sinistra stava la componente più rivoluzionaria. Con la Restaurazione monarchica la distinzione si conferma come una caratteristica costante del sistema parlamentare, destinata a durare. Dalla Francia si estese rapidamente a tutta l’Europa” (Fonte Wikipedia). Per capire le differenze sostanziali di queste due diverse ideologie che interessano, non solo il nostro paese ma tutto il mondo, anche se con velate differenza, qui di seguito, vi elenco in maniera sintetica e semplicistica i principi cardine della destra e della sinistra, nel nostro scenario politico. Ancora oggi la destra in Italia mantiene salde le sue radici storiche, sono preponderanti i valori conservatori, il desiderio di avere una forte entità nazionalista (il nazionalismo fu una ideologia tipicamente europea, sorta alla fine del secolo XIX, alla base di devastanti guerre del ‘900), che accentri i poteri di polizia, che consideri importanti la sicurezza e la difesa. I governi di destra invocano, infatti, pene severe, il diritto all’auto difesa e il controllo del territorio. Uno dei cavalli di battaglia ricorrente dell’ideologia della destra è la lotta contro l’immigrazione, non solo quella clandestina, ma in generale di tutto il fenomeno, tema attualissimo oggi come non mai, la linea che traccia la destra è di limitare il più possibile gli accessi sempre e comunque. Altro principio ricorrente è la sacralità della famiglia tradizionale e della religione cattolica, la destra è contraria ad ogni commistione religiosa che possa ledere le radici cristiane. E’ sostenitrice dell’uomo forte al comando, avendo in sé forze nostalgiche del fascismo e predilige in economia il modello neo liberista con tasse basse per tutti, per agevolare gli imprenditori nella creazione di nuovi posti di lavoro. La destra predilige il privato al pubblico ad esempio nell’istruzione, nella sanità, in tema di diritti civili ed etici poi, questa è contro l’aborto, l’eutanasia, contro la liberalizzazione delle droghe, contro le unioni civili tra esponenti dello stesso sesso. Essere di sinistra per molto tempo in Italia ha significato far parte del PCI oppure essere un sostenitore del PSI. La sinistra italiana è sempre stata frazionata e divisa, ma si è sempre definita antifascista. Chi è di sinistra è a favore dell’equità anziché della mera uguaglianza. La sinistra a differenza della destra ha nel corso del tempo, modificato e rivisto alcuni suoi principi. Ad esempio, storicamente essa ha rappresentato gli operai e ha trovato una naturale sponda nei sindacati. Oggi a causa delle trasformazioni del mondo del lavoro, la base operaria non si identifica più in essa, essa, viene invece votata dal cosiddetto ceto medio. In generale per la sinistra il mercato deve essere più regolato evitando che si formino sacche nelle quali vinca l’ingiustizia sociale quindi è contro il liberismo selvaggio. Restano ancora suoi cavalli di battaglia, le politiche che prevedono tasse alte per i ceti più elevati, sussidi a favore dei meno abbienti ed aiuti di Stato. Gli elettori di sinistra non amano l’uomo forte al potere, ma prediligono governi assembleari. La sinistra non si oppone tout court all’immigrazione, predilige la scuola e la sanità pubblica, in tema di diritti civili ed etici è favorevole all’eutanasia, all’aborto, alle liberalizzazioni delle droghe leggere, tutela i diritti del popolo degli LGBT, promuove tutte le confessioni religiose e promuove le politiche del welfare. Causa i repentini cambiamenti della società, ed i mutamenti economici e lavorativi verificatisi, anche con l’avvento della globalizzazione, le distinzioni, le differenze tra destra e sinistra non sono state sempre così nette come in passato. Abbiamo assistito, negli ultimi vent’anni, ad una vera e propria crisi identitaria dei nostri partiti, tale che, ad esempio alcune battaglie sociali tipiche di alcuni di essi, sono diventati di pertinenza, di appartenenza, di quelli che in un determinato periodo li avevano invece profondamente combattuti e condannati, o sono diventati dei baluardi di nuove forze politiche scese in campo. Lo slogan “ne di Destra ne di Sinistra” oggi vede un netto ridimensionamento nei sondaggi elettorali, segnandone un sostanziale fallimento e un ritorno alla dimensione “antica” di Destra e Sinistra… con aspetti di un radicalismo ideologico in più ambiti. Si è parlato per lungo tempo anche della fine delle ideologie in politica in chiave negativa. La domanda è: ma sarebbe davvero così tremendo concepire la politica in maniera diversa? Sarebbe davvero difficile liberarci di vecchie contrapposizioni e di vecchie visioni manichee? Il sociologo americano Anthony Giddens, già nel lontano 1994 (qualche anno dopo la caduta del muro di Berlino), parlava in un suo saggio della necessità di andare oltre il concetto di destra e di sinistra, per dar vita ad una politica da lui definita “generativa”, che avrebbe consentito al singolo di determinare il proprio destino nel rispetto degli interessi generali. Il periodo storico in cui sono nate queste ideologie è ben lontano dai nostri tempi, avevano senso in quell’epoca, un’epoca intrisa di forti mutamenti di carattere storico, politico, economico e sociale. A quel tempo, governare con la logica delle contrapposizioni ideologiche e quindi politiche aveva un senso di ovvietà e di evidenza quasi scientifica, le differenze, erano marcatissime, e grazie alla spinta propulsiva, innovatrice e risolutrice di cui si caratterizzavano, i sistemi sociali si sono evoluti, hanno progredito, si sono modernizzati. Infatti, molte battaglie sociali di ispirazione di destra e di sinistra sono state vinte, si pensi allo statuto dei lavoratori, alla legge contro l’aborto, alla sconfitta del terrorismo, alle liberalizzazioni ecc., a beneficio dell’intera collettività. Oggi queste diversità che non erano più così marcate, riaffiorano e portano nuove divisioni. Mostrando che le differenze o le ingiustizie non sono state sconfitte, esse sono presenti, e sono anche parzialmente mutate rispetto al passato, quindi dovrebbe mutare con esse anche la logica della loro risoluzione. Solo per fare un esempio, la classe operaia non è più oppressa e sfruttata come agli albori della rivoluzione industriale ed oltre, ed infatti le sinistre non rappresentano più, come già accennato, la classe operaia ma il ceto medio. Esistono ancora i nazionalismi, riaffiorati specie negli ultimi anni nello scenario europeo, ma non sono paragonabili, per fortuna, e al momento, con quelli che hanno generato conflitti mondiali e genocidi. Oggi, la contrapposizione tra destra e sinistra ha assunto spesso un mero carattere propagandistico, abitudinario e di fatto alquanto sterile. La “mission” della politica dovrebbe essere aggregativa non oppositiva, pluralista e non dualista, dialogante e non conflittuale. Dovrebbe proporre la risoluzione di problemi, non parlare di problemi per appartenenza o per categoria. Per intenderci, ad esempio, gli interessi degli imprenditori non dovrebbero contrastare con quelli dei lavoratori. Non ci si dovrebbe preoccupare di contrapporre la scuola pubblica a quella privata, la sanità pubblica a quella privata, gli interessi del nord agli interessi del sud e così via, ma trovare soluzioni, le più congrue ed opportune, in base agli strumenti di cui si dispone, per la scuola, per la sanità, per l’intero paese, concepiti nella loro unità e complessità. Mentre nel caso del Governo Draghi, nato all’insegna dell’Unità Nazionale, la logica della contrapposizione tra la destra e la sinistra va di nuovo rappresentandosi, oggi forse la si può paragonare alla tifoseria da stadio, al marketing di mercato, al qualunquismo e al pressappochismo… E, non c’è dubbio che la politica “generativa” tanto cara a Giddens potrebbe rappresentare la svolta, o anche semplicemente, come sostengo io, il fare, ed il fare bene nell’interesse di tutti e contro nessuno, potrebbe rinobilitare la nostra politica. Sarebbe bello un Parlamento concepito come un luogo di disamina e di risoluzione di problemi percepiti come comuni, non un Parlamento che somiglia sempre più ad un ring, dove si azzuffano i partiti sempre meno rappresentativi e sempre più allo sbaraglio… Già, forse la domanda vera, oggi, riguarda più che altro il senso stesso e il futuro della politica…

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