Politica & Guerra: i sovranisti nostrani si sono già annoiati dell’Ucraina, e tornano a chiacchiere e diversivi, ma il Pd e i riformisti per fortuna resistono…

Incredibile, è passato solo un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, ma la stanchezza già avvolge il nostro parlamento. Un mese dopo. Un mese di guerra, e gli italiani già danno il segno di essersi stancati. È la parola giusta? Stancati, sì, lo senti alla fermata dell’autobus, al bar ma anche chiacchierando in giro: «certo che l’Ucraina ha ragione ma ora basta. La finiscano! La gente muore e morirà e aumenteranno i prezzi e c’è persino il rischio che la guerra arrivi pure da noi, ma che scherziamo? Ma poi, esattamente, noi che c’entriamo con Kiev, con Odessa, con – come si chiama? – Mariupol». Frastornato dalle immagini televisive, il popolo sovrano s’è rotto di Zelensky, che, poveraccio, ha pure ragione ma non può trascinarci tutti nell’abisso. Un mese soltanto e gli italiani sono meno schierati, diciamo la verità, certamente meno schierati di un mese fa. È più semplice ripetere la solita banalità che i torti non stanno tutti da una parte: martedì sera l’ha detto a La7 pure un prete, il presidente di Pax Christi, e dunque deve essere così, l’ha anche ripetuto uno studioso che modula le sanzioni con i bambini ammazzati, una filosofa, il direttore del Fatto. Questo nostro Paese disabituato alla guerra da 77 anni, è comprensibilmente insicuro, disorientato, gli italiani non hanno alcuna voglia non diciamo di morire per Kiev ma nemmeno di non riuscire a fare il pieno di benzina, o accorciarsi le ferie quest’estate. Forse ci vorrebbe un discorso in tv del presidente Sergio Mattarella per tranquillizzare, chiarire, spiegare. Gli italiani vanno capiti. Ma é la politica che fa impressione. Un mese fa nessun parlamentare (tranne i soliti quattro-cinque fuori di testa) si sarebbe permesso di dichiararsi neutrale, oggi è rimasto solo il Partito democratico (e Mario Draghi) a parlare chiaro: “si sta con Kiev fino alla fine, senza se e senza ma”. La crescente solitudine di Enrico Letta, imprevista, comincia ad avere un tratto nobile, è il pegno che il suo partito è disposto a pagare in nome di qualcosa di più elevato delle tattiche e finanche del consenso, qualcosa di antico nell’anteporre i valori a tutto il resto, è il complicato incedere tra le macerie della politica lasciate da Giuseppe Conte e Matteo Salvini, i grandi bugiardi – il Salvini delle pistole in casa che però inorridisce per le armi agli ucraini. Già, se si votasse oggi avendo per discrimine la posizione sulla guerra in Ucraina, tutti tranne il Pd (e i riformisti di +Europa, Italia viva, Azione, però assai poco protagonisti in questa vicenda) farebbero a gara a fare i pacifisti pur di prendere qualche voterello in più. La destra (la Lega) non ha più alcun ritegno nel voltare gabbana, (Salvini docet) forse Giorgia Meloni ci tiene di più, ma chissà fino a quando, mentre dei grillini passa la voglia persino di criticarli: mai voto popolare fu così sbagliato come quello del 2018. A sinistra poi si blatera di tutto, dalla resa chiesta dal direttore del Riformista al sostegno a Zelensky ma senza mandargli le armi, lasciando perdere gli orientamenti apertamente comprensivi della scelta guerrafondaia di Putin: come ha scritto bene Gianni Cuperlo sul Domani, è in gioco l’identità della sinistra che, stringi stringi, deve scegliere se «stare nel gorgo» (Marx) e sporcarsi le mani o discettare di una realtà che non esiste più magari con i toni decadenti della “gauche caviar”. Con tutti i legittimi mal di pancia alla fine anche la sinistra del Pd ha deciso di stare nel gorgo, di schierarsi, a costo di rivedere alcuni aspetti della sua cultura politica. Resiste però il tabù dell’aumento delle spese militari, il grande refrain sulla bocca degli estremisti e dei neutralisti, l’imparaticcio slogan landiniano «buttiamo i soldi in armamenti invece di darli alla sanità»: non vi sembra una sciocchezza? Come se la difesa del Paese non fosse il presupposto per qualunque politica sociale: ed è qui che si incuneano grillini e leghisti – due partiti di governo! – per sabotare la politica di Mario Draghi che peraltro viene da lontano, dal 2014 (vertice Nato di Cardiff). Contro i così detti neutralisti: «nessuna equidistanza è concepibile, e vogliamo essere fedeli ai nostri valori, dobbiamo sostenere il popolo ucraino.» Lo dice all’Anpi, la senatrice Liliana Segre, facendo eco al messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella, al Congresso dell’Anpi: “Va’ dove ti porta la Costituzione Unità, Antifascismo, Rinascita”. «Antifascismo, sempre». Così Mattarella ha rimesso in riga le incredibili derive neutraliste dell’Anpi… Nel messaggio all’associazione dei partigiani, il presidente della Repubblica ricorda chi sono i colpevoli (la Russia) e le vittime (Ucraina) e ribadisce il valore della solidarietà attiva, rifacendosi alla lezione del cattolicesimo politico democratico. Personalmente seguo l’Anpi (cui sono iscritto) con la simpatia di sempre, con sentimenti di eterna riconoscenza verso gli antifascisti e i partigiani che negli anni della dittatura e della guerra fecero la scelta anche a costo di sacrificare tutto. Seguo con particolare apprezzamento l’attività volta a trasmettere ai giovani i valori della Resistenza e a renderli partecipi della bellezza della nostra Costituzione. E, mi piace molto lo slogan “Va’ dove ti porta la Costituzione”. Perché la nostra Carta fondamentale tiene insieme tutti i valori e tutti gli equilibri istituzionali che rendono vitale, progredita e resistente la nostra democrazia: le libertà fondamentali e il dovere della Repubblica di eliminare gli ostacoli che limitano la reale possibilità dei cittadini di goderne, il diritto dei lavoratori a un’esistenza libera e dignitosa e il rifiuto di ogni forma di discriminazione, il ruolo centrale del Parlamento e lo stato di diritto. E naturalmente anche l’impegno costante per la Pace. La guerra assurda e sanguinosa che all’improvviso è tornata a sconvolgere il cuore della nostra Europa provoca in me un orrore che non mi è facile descrivere: quelle bombe sulle case, quelle famiglie in fuga, quei padri che baciano i figli forse per l’ultima volta e tornano indietro per combattere… quanti ricordi di un terribile passato, che non avrei mai immaginato di rivedere così vicino a noi! Credo che proviamo tutti lo stesso senso di ripugnanza, di angoscia e anche di impotenza di fronte a questa guerra. Possiamo solo unirci nel chiedere un immediato cessate il fuoco, la fine dell’invasione russa, l’invio di rapidi aiuti alla popolazione civile, l’avvio di trattative a oltranza, l’affidamento all’Onu di un ruolo di interposizione, il ristabilimento di una pace autentica basata sulla giustizia e il rispetto dei diritti dei popoli… Orbene, si profila un duro scontro parlamentare al Senato la settimana prossima. Ieri il presidente del Consiglio nelle sue comunicazioni alla Camera ha ribadito che «per l’Unione europea è necessario sviluppare capacità militari adeguate a essere un fornitore di sicurezza credibile. Ciò può avvenire soltanto se rafforziamo la nostra industria della difesa e la rendiamo più competitiva e integrata a livello europeo», e dunque si mantiene l’obiettivo per le spese militari di arrivare gradualmente al 2 per cento del Pil. Su questo però si rischia, se Conte e Salvini continueranno a fare i voltagabbana. Diciamola tutta: la maggioranza del Parlamento sta già voltando la testa dall’altra parte. Ed è passato un mese, solamente un mese…

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