Chissà se la Premier sta capendo che la politica non si può fare con certi ‘scappati di casa’ degni del grillismo della prima ora? I loro scivoloni hanno fatto registrare, per la prima volta, una certa unità d’intenti tra Pd, Terzo Polo e Cinquestelle. Altro che benzinai, l’affaire Donzelli-Delmastro è la prima vera pietra d’inciampo del governo. Anche perché sta diventando l’affaire Giorgia Meloni. Un silenzio, quello della premier, molto imbarazzante: per lei, per il governo, per i due malcapitati esponenti di Fratelli d’Italia. E per Carlo Nordio, che ieri ha buttato la palla in tribuna perché sulla vicenda è aperta un’indagine e lui non vuole interferire – ma che bella scusa – come se non spettasse al ministro fornire una valutazione politica dell’operato del suo sottosegretario, Andrea Delmastro appunto, che per sua stessa ammissione ha passato carte che non potevano essere divulgate nemmeno al deputato e coinquilino Giovanni Donzelli. Un pasticcio politico in piena regola. Pende la duplice richiesta delle opposizioni, una volta tanto unite, di dimissioni di Donzelli dal Copasir e di Delmastro dal ministero di via Arenula. Naturalmente non si dimetterà nessuno, come al solito, e anzi magari Donzelli, che fa politica come se fosse ancora al liceo, rincarerà la dose. Ieri si è capito che il problema non è la discussione sullo stato di salute di Alfredo Cospito, e nemmeno sul 41 bis, essendosi ormai spostato su un terreno tutto politico che chiama in causa Giorgia Meloni. Sul suo famoso “Quaderno” la premier dovrebbe annotare che in un colpo solo un suo fedelissimo, Donzelli, è riuscito a esacerbare il rapporto con le opposizioni, saldandole; che l’operato di un suo sottosegretario è all’attenzione della Procura di Roma; e che, soprattutto, il suo ministro della Giustizia è costretto ad assistere, incredulo, a uno spettacolo che lo costringe a trincerarsi nel silenzio, un silenzio che però dice chiaramente che tra lui e Fratelli d’Italia – come ha notato Davide Faraone (Italia Viva) – ormai si è scavato un abisso. Su un tema come la giustizia è chiaro che il governo non potrà andare avanti in questo modo: o Nordio o Donzelli, per farla breve, questa è la scelta che Meloni deve fare chiaramente. E poi lei deve decidere se sconfessare la linea distruttiva di Donzelli nei confronti del Partito democratico o in qualche modo riportare un clima più civile, ed è una scelta politica non formale. Anche perché, nel caso specifico, dagli interventi di ieri alla Camera di Debora Serracchiani (Partito democratico), Davide Faraone (Italia Viva-Azione) e Vittoria Baldino (Movimento 5 stelle) si è registrata una convergenza politica che dal 25 settembre mai si era vista, e ciò malgrado le profondissime differenze di fondo tra il garantismo del Terzo Polo e il giustizialismo dei contiani, ed è esattamente la gravità e insieme l’insipienza della condotta di Fratelli d’Italia – coperte dalla presidente del Consiglio – che ha consentito questa unità d’azione. La vicenda è oggettivamente difficile da chiudere, non foss’altro che per il fatto che si è aperta un’inchiesta, ma al di là di questo ciò che colpisce è la mancanza di una “regia” politica del partito di maggioranza e del governo, ed è per questo che da oggi il problema non è l’esuberante Donzelli né il suo coinquilino:il problema è Giorgia Meloni, probabilmente furente con questi ragazzi che ricordano gli «scappati di casa» del grillismo della prima ora, che come è stato giustamente osservato scambiano il Parlamento per un talk show e pensano che per cinque anni possono «fare come caxxo gli pare» – l’immortale espressione coniata da Corrado Guzzanti quando a Montecitorio sbarcarono i berluscones con le cravattone sgargianti. La realtà si sta incaricando di spiegare ai Meloni’s boys che la politica è un po’ più complicata e le istituzioni troppo delicate per le loro mani nude. Ma il clima pesante scende su di lei, la premier, asserragliata nel suo silenzio (in serata a Rete4 parla senza dire nulla) che per la prima volta comunica tanto un sentore di grande paura…
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