Politica: l’Italia balla la ‘rumba’ del Quirinale… un paese nevrotico per l’aumento dei contagi e la crescente insofferenza dei partiti…

Ci risiamo. Tira di nuovo una brutta aria. Il Paese torna nella tenaglia tra nevrastenia e paura sotto il cielo della più grande incertezza. Un anno fa, nel pieno della seconda ondata, micidiale, c’era la fondata speranza di quel vaccino che avrebbe acceso la famosa luce in fondo al tunnel, mentre oggi, con tutti i miracoli che il vaccino ha prodotto («Ha evitato 22mila morti in più», dice il Ministero della Salute), questo accidente di Omicron sta causando decine di migliaia di contagiati – «Arriveremo a 100mila al giorno», prevedono Pierpaolo Sileri e Walter Ricciardi – mentre altre decine di milioni di italiani si mettono in fila per ore per fare il tampone… Ma non basta: dopo la conferenza stampa di fine anno tenuta da Premier Mario Draghi il clima intorno al governo si è fatto di nuovo pesante. Alcuni leader di partito hanno la tentazione di cavalcare la tensione nel Paese, danneggiando la possibilità di una facile intesa sul nome del nuovo Capo dello Stato… Quindi, di nuovo scene apocalittiche. Molti morti ogni giorno e terapie intensive che si riaffollano, farmacie prese d’assalto per acquistare le Ffp2, gente che si vede rinviare gli appuntamenti per diagnosi e operazioni. Il problema del Covid va aggravando, in tutta Europa. I governi inseguono il virus. La variante Omicron corre, 500 mila casi in America e 180 mila in Francia. Qui da noi alle 11 vertice del Cts in discussione: dalla durata della quarantena (più soft) fino al Super Green pass per lavorare… mentre Isolamento, lockdown, Ffp2 le scelte degli altri paesi. E anche il governo italiano è andato, le terze dosi si fanno con buona velocità e per l’appunto si ipotizzano nuove restrizioni per evitare guai peggiori. Ormai secondo molti l’obbligo vaccinale per chi non ha fatto nemmeno la prima dose si impone. Ma è cambiata anche l’aria politica. Nel giro di pochi giorni, dalla conferenza stampa di Mario Draghi a oggi, il clima si è fatto di nuovo pesante, qualcuno a destra ha ricominciato a far ballare la ‘rumba’ del Quirinale attorno al governo e la vorrebbe far ballare all’intero Paese. Come ormai spesso accade, più velocemente degli altri, Giorgia Meloni se non arriva a chiedere le dimissioni del governo poco ci manca: non lo fa perché sa che sarebbe una richiesta sciocca data la sua impraticabilità. Ma il tono è quello. Le critiche sono strumentali: non è vero che la campagna diretta dal generale Figliuolo abbia mai subito ritardi o incertezze. Le incertezze, se vogliamo chiamarle così, semmai ce l’ha avute lei e quanti hanno flirtato con quei no vax che sono tra i principali responsabili di questa situazione. Andavano isolati più nettamente invece di dedicargli ore di talk show e la compiacenza della destra e dei residuali settori della super sinistra che confonde Carlo Marx con Carlo Freccero. Stanno rialzando la testa, quasi contenti dell’aumento dei contagi: «Come nella demenza, il cervello del negazionista prova a dare un senso a informazioni false», commenta la divulgatrice scientifica Barbara Gallavotti. I no vax vanno perciò isolati non come punizione ma come precauzione soprattutto adesso: sta ai legislatori trovare una strada costituzionalmente corretta ed efficace per metterli in condizione di non infettare gli altri. Ma se è vero che il clima politico sta cambiando di pari passi col crescere della tensione nel Paese, questo vuol dire chi ci si approssima alla prima votazione per il nuovo Presidente della Repubblica in un quadro nel quale entra a viva forza, ancor più di prima, il tema del governo, di quel governo Draghi che torna a essere oggettivamente in una situazione di stress e attaccato frontalmente per ora solo da Fratelli d’Italia ma forse presto anche da Salvini, cioè da un partito della maggioranza. Anche

Matteo Renzi è molto insofferente verso il ministro Roberto Speranza: vecchie ruggini ma non solo. Quello che potrebbe accadere insomma è una riacutizzazione della lotta politica e delle tensioni tra i partiti, e sarà da vedere se e quanto tutto ciò danneggerà la possibilità di un’intesa sul nome del nuovo Capo dello Stato. E qui apro un inciso: con centomila contagiati al giorno e una situazione che dovesse creare problemi seri alle terapie intensive, davanti a un quadro politico teso e un Paese esausto, non potrebbe tornare d’attualità la questione del bis di Mattarella? Tanto più se le autorità dovessero adottare misure più drastiche per la popolazione, non converrebbe congelare i vertici istituzionali, cioè gli inquilini del Colle e di Palazzo Chigi? La domanda si porrà, quando i mille grandi elettori, attenti a non pigiarsi in Aula o in Transatlantico per timore del contagio (o assenti per via dello stesso, si calcola possano essere un 10%), tenderanno a chiudere il più presto la pratica, tentando di eleggere il Presidente alla prima votazione… E ancora adesso il più forte si chiama Sergio Mattarella. Per converso, crollano le quotazioni di Silvio Berlusconi, l’uomo che per vent’anni ha diviso l’Italia in due, o con me o contro di me: tutte cose che i commensali radunati giovedì scorso al desco di Villa Grande ben sanno. Per quanto politicamente miopi, persino Meloni e Salvini vedono chiaro che non è questa la stagione del Cavaliere. E in un angolo del suo cervello lo sa bene anche lui… L’elezione del Capo dello Stato è alla stregua di un booster democratico per salvare la nostra Repubblica. Non è tempo di scherzare, Mario Draghi deve completare il lavoro sul Pnrr e la battaglia contro il virus. Rimuoverlo da Palazzo Chigi è pericoloso e irresponsabile. Non solo per noi, ma anche per lui. Una strada alternativa ci sarebbe, se solo ci fossero leader dei partiti illuminati e all’altezza del compito che aspetta al Paese. Il booster da somministrare alla democrazia italiana è il ritorno alle origini, alla formula del 1948 quando dalla sconfitta nella Seconda guerra mondiale nacque la Repubblica con la Costituzione più bella del mondo, tutt’ora vigente tranne qualche peggioramento al titolo V (…riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento) ordito negli anni dell’Ulivo e che tanti danni ha fatto durante la prima ondata del virus corona facendo confliggere sulla Sanità Stato e Regioni. Ma è stata la legge elettorale proporzionale, allora, a dare rappresentanza a tutte le forze politiche antifasciste, e poi anche a quelle post-fasciste, allontanando così la possibilità di un uomo forte al comando con il vizio dei pieni poteri, cosa che ha portato uno degli italiani più europei del tempo, Alcide De Gasperi, a collocare l’Italia nell’alleanza atlantica e a guidare il paese verso la ricostruzione e il boom economico. «Muoviti seguendo il boom», canta Jovanotti nella sua nuova canzone e, seguendo il boom necessario alla rinascita dell’Italia, oggi ci ritroviamo in una situazione simile a quella di allora, con la pandemia a fare da parallelo alla guerra e con Draghi al posto di De Gasperi. Manca solo la legge elettorale con cui evitare la vittoria di uno dei due fronti del populismo italiano e per consentire, dopo le elezioni del 2023, la nascita di un governo di ampia coalizione e di emergenza nazionale come l’attuale e, quindi, di un possibile ritorno di Mario Draghi a Palazzo Chigi per completare definitivamente il lavoro. È questo il booster che serve alla democrazia italiana… tutto il resto sono solo chiacchiere e retroscena, giochi pericolosi a danno del paese, con lodi infingarde a Draghi al solo fine di rimuoverlo da dove conta, perché a contare nei prossimi anni sarà l’esecuzione puntuale del PNRR, non tagliare nastri dal Quirinale, sempre che si voglia continuare a ricevere i soldi europei e con essi cercare di sostenere la transizione economica e digitale del paese. L’esecuzione del piano nazionale di ripresa e resilienza è di competenza del potere esecutivo, non del Presidente della Repubblica. Servono i decreti-legge, non i corazzieri. L’alternativa a Draghi a Palazzo Chigi non è il semipresidenzialismo di fatto dal Quirinale, che sarebbe una sgrammaticatura costituzionale e antidemocratica, ma metterci nella condizione di non riuscire a rispettare gli impegni europei sulle riforme, perdere i finanziamenti del NextGenerationEu, non avere la forza di negoziare il rinvio ulteriore del patto di stabilità e non rassicurare i mercati per il solo, semplice, fatto di non poter più contare sulla credibilità internazionale che garantisce Draghi al governo, nel luogo dove si prendono le decisioni. L’alternativa a Draghi al governo rischia di essere la bancarotta del paese, di cui sarebbe indicato responsabile lo stesso Draghi se lascia Palazzo Chigi per essere eletto Presidente della Repubblica con un mandato extra costituzionale che non può, e non deve, rispettare. Senza dimenticare i guai possibili, visti i precedenti, che potrebbero arrivare dalla mala gestione della pandemia affidata ai campioni che verrebbero dopo: o ci siamo dimenticati il caos dei tempi di Conte e Casalino con Arcuri Commissario straordinario, dei banchi a rotelle e delle primule, o il negazionismo irresponsabile di Salvini e Meloni, i cui modelli sul Covid restano Boris Johnson, Trump e Bolsonaro. Auguri a tutti noi! L’unica strada da percorrere fino all’ultimo giorno possibile è Draghi al governo fino a scadenza naturale della legislatura, Sergio Mattarella o un’altra figura di eguale garanzia al Quirinale (io punterei senza indugi su Amato) e una legge elettorale proporzionale per garantire tutti. Una legge proporzionale che anche per i maggioritaristi più convinti (quelli che si sono impegnati a raccogliere firme per l’uninominale) sarebbe in ogni caso migliore del pastrocchio chiamato Rosatellum. Peraltro, al momento del folle cedimento ai populisti sulla riduzione del numero dei parlamentari, il Partito democratico aveva solennemente promesso che sarebbe intervenuto con decisione per cambiare le regole elettorali perché senza una legge proporzionale a moderare l’effetto distorsivo del taglio degli eletti, aveva detto il Pd, ci sarebbero stati gravi pericoli per la democrazia. Eccoli, davanti a noi, questi pericoli. Eppure, Enrico Letta e i riformisti del Pd non sembrano correre a salvare la democrazia dal pericolo che loro stessi prima hanno individuato e poi hanno contribuito ad accelerare. Niente, non fanno niente. Draghi al Quirinale significa molto probabilmente elezioni anticipate e con l’attuale legge elettorale, come ormai hanno compreso tutti, anche quelli che fino a qualche giorno fa si illudevano di far nascere un governo Franco o Cartabia. Tutto sommato sarebbe anche semplice cambiare la legge elettorale, salvare la democrazia e tenere Draghi dove conta fino alle elezioni e anche dopo le elezioni, se solo a dare le carte ci fossero leader illuminati anziché malati narcisi che non riescono ad andare oltre l’interesse personale misurato col numero dei like su Twitter. Draghi ovviamente sarebbe anche un perfetto Presidente della Repubblica, serio e autorevole e sicuramente anche argine migliore di altri nel caso di un governo ‘sovranista’ (con la presa del potere dei sostenitori della democrazia illiberale, una copertura utile anche a Meloni o Salvini quali vincitori delle elezioni) ma che cosa potrebbe fare Draghi o chiunque altro al suo posto se a giugno si votasse con l’attuale legge e Meloni e Salvini arrivassero primi e grazie anche alla riduzione dei parlamentari ottenessero la maggioranza in Parlamento? Non potrebbe fare altro che affidargli il governo, a meno che la proposta dei sostenitori di Draghi al Quirinale sia che l’attuale premier debba fare una specie di colpo di Stato e decidere senza tenere conto dell’esito del voto chi nominare Presidente del Consiglio. Sarà banale (e forse anche esagerato) ma, non essendoci a disposizione due Draghi, meglio tenere l’unico che abbiamo dove può continuare a eseguire l’opera di riscatto dell’Italia, nel luogo esatto dove i partiti populisti e i loro complici, dal Pd ai Fratelli d’Italia, dalla Lega ai Cinquestelle, vorrebbero invece rimettere le mani… Purtroppo si riduce tutto a un’alternativa: affidereste la gestione del PNRR e della pandemia, insomma il paese malandato che ci ritroviamo, a Letta e Conte o a Meloni e Salvini, insomma a una delle due versioni del bi-populismo italiano, sapendo peraltro che è più probabile che prevalga la destra estrema? Oppure mettereste in sicurezza l’Italia con il booster democratico di una legge elettorale che escluda pieni poteri, consenta un’equa rappresentanza politica e permetta a Mario Draghi (con l’aiuto di Mattarella o di un suo simil) di continuare la missione che è stato chiamato a fare, fino al momento in cui saremo finalmente usciti dall’emergenza?

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