Politica: Per Meloni ogni crisi è un complotto. E’ lei, la prima e unica vittima di questo complotto di sé stessa ai suoi danni. Inutile, nascondere le proprie debolezze umane dentro un mondo politico strutturalmente ostile …è solo l’alibi per nascondere una fragilità politica di fondo…

Non vi sembra che: “delle due l’una”: o Giambruno è l’incolpevole bersaglio di una macchinazione ordita dai media e dall’establishment di sinistra, ma allora non si capisce perché lei l’abbia scaricato, oppure non lo è, e allora non si capisce perché lei se la prenda con gli avversari e persino con gli alleati berlusconiani? Prima che il minaccioso videomessaggio inviato ieri all’iniziativa di Fratelli d’Italia fornisse nuovi argomenti alla discussione, il famigerato post-scriptum sulla goccia e sulla pietra aveva già suscitato un ampio dibattito su risentimenti e retropensieri di Giorgia Meloni. Dibattito che a mio modesto parere manca però il punto di fondo. Domandarsi con chi ce l’avesse la nostra presidente del Consiglio, quando su Instagram, dopo aver dichiarato conclusa la sua relazione con Andrea Giambruno, se la prendeva con «tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa», è infatti del tutto ozioso, perché lo stile complottista tipico del populismo italiano è ormai in lei al tempo stesso una tattica consolidata e un riflesso condizionato, quasi un automatismo psico-politico, e non ha più bisogno del benché minimo pretesto. Per farla breve: non è affatto detto che ce l’avesse con niente e con nessuno in particolare. Il tono vittimista come premessa che giustifica la reazione veemente e l’atteggiamento intimidatorio nei confronti del nemico è una posa, la sua preferita, insieme studiata e perfettamente naturale, e prescinde da qualunque dato di fatto. Il discorso all’evento autocelebrativo organizzato da Fratelli d’Italia per il primo anno di governo ha dato la definitiva dimostrazione di questa tesi. Nel video Meloni è tornata infatti sul tema del complotto. «La cattiveria verso di noi, i metodi che si utilizzano per tentare di indebolirci – ha scandito – hanno raggiunto vette mai viste prima». Un’animosità in netto contrasto con l’affetto e il sostegno che a suo giudizio circonderebbero il governo, e che ovviamente sono «distanti anni luce dal racconto dominante sui media» (e qui invece sì che ci sarebbe da domandarsi con chi ce l’abbia, considerando che i vertici della tv pubblica li ha nominati la maggioranza, e che il principale gruppo televisivo privato apparteneva fino a ieri al suo principale alleato, e oggi ai suoi eredi). La posa è sempre la stessa. Come al solito, Meloni parla come fosse una specie di leader rivoluzionario appena rientrato in patria da un lungo e doloroso esilio, cui tocchi ora la storica occasione di voltare pagina e rinnovare il paese (pardon, la nazione), lei che era ministra già nel 2008, autorevole esponente di una maggioranza che ha governato l’Italia, con Silvio Berlusconi, più di chiunque altro negli ultimi trent’anni. Eppure, ripete senza un tremito nella voce: «Noi abbiamo portato al governo l’Italia vera, che non è quella descritta dai giornaloni, o nei salotti tv, abbiamo portato al governo l’Italia dimenticata e umiliata da anni di governi di sinistra». Si scaglia contro «tutti quelli che hanno bivaccato sulla pelle della nazione, grazie alle amicizie giuste, alle lobby di potere, agli interessi particolari, ai privilegi» (ce l’avrà mica con le leggi ad personam? con i balneari? con gli evasori?). La verità, spiega, è che in tanti non sopportano il fatto che la destra sta dimostrando come si potessero raggiungere «risultati inimmaginabili e fare cose straordinarie» (il decreto rave?) senza «fare cose impresentabili o dover compiacere persone impresentabili» (tipo votare in Parlamento che Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak?). Inutile continuare a chiedersi con chi ce l’abbia Meloni quando denuncia il complotto ai suoi danni, a meno di non pensare seriamente che il potere di quell’establishment progressista così lontano dall’«Italia vera» sarebbe rappresentato da . E che questo arcano potere sia anche responsabile del comportamento a dir poco sconcertante del suo compagno nei confronti delle colleghe (sul posto di lavoro, peraltro, mica nel privato di casa sua). Il che in ogni caso continuerebbe a non spiegare come mai lo stesso Giambruno sia passato in un nanosecondo da vittima innocente della dittatura del politicamente corretto a reprobo meritevole di essere istantaneamente scaricato, senza tante discussioni (dobbiamo dunque concluderne che i sostenitori del politicamente corretto di ieri non avessero poi tutti i torti, sulle sue uscite e sulla visione del mondo che esprimevano?). Perché, alla fin fine, delle due l’una: o Giambruno è vittima del complotto ordito dall’establishment, dai partiti di sinistra, da George Soros o chi volete voi, ma allora non si capisce perché lei l’abbia scaricato, oppure non lo è, e allora non si capisce perché lei se la prenda con le gocce, i «giornaloni» e la sinistra. Naturalmente con tutto questo non sto dicendo che Meloni non possa essere arrabbiatissima con “Striscia la notizia” e con Mediaset, o con i giornali che si sono occupati del caso, o con i leader dell’opposizione, o con chiunque altro. Sto dicendo che non ha nessuna importanza, perché avrebbe detto le stesse cose comunque, a prescindere, anche se fosse stata la prima a rendersi conto, in cuor suo, che nessuno di loro l’aveva costretta a trovare di ottimo gusto il senso dell’umorismo di quell’autore televisivo, conosciuto giusto negli studi di Mediaset, e se è per questo nemmeno a fare Ignazio La Russa presidente del Senato e Daniela Santanchè ministra, né a ripetere per anni che il problema degli sbarchi si poteva risolvere benissimo con il blocco navale, né a sostenere in Europa tutti i leader sovranisti più ostili a qualsiasi forma di solidarietà con l’Italia sulla ricollocazione dei migranti, né a gridare con la consueta magniloquente assertività tutte le parole d’ordine che non ha ancora finito di rimangiarsi… Ecco il nemico: prima i soliti noti che vorrebbero un governo tecnico, poi i magistrati che favoriscono l’immigrazione illegale, stavolta l’anonima Spectre comprende anche le tante manine che, con i fuorionda di Giambruno, spargono fango e cattiveria. Per Giorgia Meloni ogni crisi è un complotto: un mondo ostile che rema contro come alibi per nascondere una fragilità politica, in questo caso anche personale. Fragilità, sottolineata dall’assenza alla manifestazione del suo partito, anche comprensibile: lo stress di un dolore privato in un momento politicamente complicato, su cui aveva chiesto silenzio dopo la separazione da sé medesima violato. Per la premier però la debolezza, anche quando è rispettabile e umana, è un elemento da nascondere, in un mix di vittimismo e sfida, per cui tutto si risolve sempre in un noi contro loro, icastica espressione dell’ossessione populista: sudore, sangue, lotta, crociata da combattere con rabbia, mai una semplice criticità che si supera con fiducia. La postura rivela il punto esatto in cui è politicamente la storia. Almeno due i nodi che vengono al pettine. Il primo riguarda il rapporto con quel milieu di destra di provenienza, che mal si concilia col ruolo attuale. Giambruno col suo machismo caprone, col suo delirio di onnipotenza da intoccabile, col pacco e con le gaffe su immigrati, donne stuprate e ministro tedesco non è solo il compagno con cui è andata male. Ma è l’idealtipo di una certa suburra, parte integrante dell’album di famiglia della destra portata al governo. Quel nucleo di ferro politico-familiare forgiato nell’era del minoritarismo sovranista delle origini poi premiato, in nome del primato della fedeltà sulle capacità. C’è cioè nella vicenda l’elemento di crollo di un mondo e la crisi di un vincolo tutto politico di appartenenza. Un bivio per la premier, tra la sua coperta di Linus e ciò che non riesce ad essere ancora. Che va ben oltre la separazione familiare. Il secondo riguarda il rapporto col berlusconismo. L’idea cioè di averlo conquistato perché senza il fondatore quel mondo non va da nessuna parte, al punto da celebrarlo come un padre della patria senza averci fatto i conti fino in fondo. Rileggiamo cosa disse il Cavaliere un anno fa, dopo una tensione nell’ambito della formazione del governo: «Non c’è stata mai distanza fra noi e la signora Meloni, io ho un rapporto di amicizia con lei, mio figlio ha un rapporto di amicizia, il suo uomo lavora a Mediaset. Sono tanti i punti di contatto». Ecco. Come siano andate veramente le cose forse non lo sapremo mai (chi sapesse, chi non sapesse, l’autonomia o meno di Striscia) ma il dato è che sul punto di contatto tra due conflitti di interessi politico familiari (di Mediaset al governo, del first gentleman a Mediaset) si è verificato il cortocircuito. E anche qui la vicenda è idea tipica e c’è un tema di emancipazione. Sotto il tappeto del complotto c’è parecchia polvere…

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