Politica: semestre bianco occasione per riflettere sulla realtà politica italiana. Contro il populismo una legge elettorale proporzionale.  Qualsiasi sistema basato su una coalizione di partiti e su temi fondamentali incompatibili tra loro è tradire la nostra Costituzione…

È un aforisma di Karl Kraus: «Chi ha dei pensieri pensa in mezzo alle contraddizioni». Ma c’è un altro aforisma di Kraus che dice: «La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero». Aforismi che ci possono aiutare più che mai oggi, che è iniziato il semestre bianco in vista dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e con tutta probabilità delle successive elezioni politiche… “a pensare seppur in mezzo alle contraddizioni”. Infatti, alla nostra politica continua a mancare ‘un pensiero’. Tant’è che appena iniziato il semestre, ogni possibile pensiero politico di cui la nostra democrazia avrebbe tanto bisogno, viene segnatamente ridotto a puro tatticismo da parte dei partiti, nel tentativo di un loro posizionamento propagandistico, di cui l’elezione del Capo dello Stato è propedeutico, non già al funzionamento delle nostre istituzioni e garanzia  della loro vita Democratica… ma ai risultati elettorali delle probabili ed ennesime elezioni anticipate che seguiranno. Ed ecco che il massimo del ‘pensiero’ dei nostri partiti si riduce ad avversare (o favorire) l’elezione di Draghi al Quirinale, i primi nel timore di veder interrotto il percorso delle riforme indispensabili per tirar fuori la società italiana da un quarto di secolo di degrado politico, istituzionale, civile ed economico – il cui apice è stato raggiunto nel triennio dei due governi Conte… lo vogliono tenere a Palazzo Chigi ancora a lungo. I secondi, se come sembra non si riuscirà ad assicurarci la sua costante azione di sorveglianza sulla politica e l’economia, rieleggendo Mattarella al Quirinale… proiettando Draghi da palazzo Chigi direttamente al Colle, confidando nella replica di una esperienza felice come fu il binomio Einaudi-De Gasperi nell’immediato dopoguerra. Ma sapendo che è difficile se Draghi salisse al colle, trovare nel panorama afoso della politica italiana una figura che almeno in qualche tratto possa ricordare la tempra di un De Gasperi. Così ogni leader di partito (o di ciò che ne rimane) gioca in proprio… e pensa Draghi al colle… e chi di noi prende un voto in più… va a Palazzo Chigi. Ecco che subito si prospetta la contraddizione decisiva per chi, come me e tantissimi altri (direi la maggioranza degli elettori addirittura, per un non breve periodo negli anni ’90 del secolo scorso) ha creduto, sostenuto e si è impegnato in prima persona per una trasformazione del sistema elettorale in chiave maggioritaria… pensando all’uninominale inglese (che fummo a un passo dal conquistare nel referendum del 1999), al presidenzialismo americano, addirittura!, o in subordine al semipresidenzialismo francese (vero obiettivo taciuto da Renzi, del referendum del 2016). Infatti, già alla fine degli anni della Prima Repubblica il sistema dei partiti italiano si era arenato, dopo essersi sfiancato nella contrapposizione ideologica fra Democrazia cristiana e Partito Comunista italiano a cui faceva da (pessimo) contrappeso la loro compromissione politica e affaristica, e che alla fine si era autoaffondato nella palude dell’inerzia decisionale e della corruzione metodica… La Seconda Repubblica si preannunciava come un’occasione irripetibile: dopo la caduta fragorosa dello Stato Guida del comunismo mondiale e conseguente scioglimento della storia del Pci, mentre venivano altresì disciolti i partiti di governo in forza della magistratura (mani pulite, la fine della DC, del PSI e degli altri partiti). Da allora abbiamo visto un elettorato sicuramente confuso ma anche ansioso di trasformazioni radicali del sistema democratico italiano. Era apparsa plausibile, per qualche momento, la conversione a un sistema elettorale uninominale maggioritario, sperimentato nei decenni o addirittura nei secoli, che garantisse il buon funzionamento di governo e Parlamento, rafforzasse lo stato di diritto, offrisse ai cittadini una alternativa elettorale chiara. Niente di tutto questo si è realizzato, abbiamo assistito al fallimento di entrambi i fronti (centrodestra e centrosinistra) su tutti gli aspetti di riforma istituzionale. Il no al referendum costituzionale del 2016, che avrebbe fra l’altro messo fine al “bicameralismo paritario” ha segnato così la fine di ogni ipotesi di cambiamento e insieme della cosiddetta seconda repubblica… Poi il 2018, l’annus horribilis della politica italiana: la demagogia, l’ingordigia, l’incompetenza, la brutalità del primo governo Conte 5stelle-Lega. Di seguito l’inettitudine e le compromissioni (di nuovo, sì) della sinistra con il partito maggiore, il M5S, con la nascita del secondo governo Conte e la conferma delle controriforme grilline, prima fra tutte la riduzione del numero dei parlamentari senza alcuna modifica del sistema istituzionale… Infine, la sorpresa del governo Draghi, voluto da un presidente della Repubblica consapevole del rischio mortale che incombeva sulle strutture della democrazia e dell’economia italiane. Un governo cui si è arreso senza condizioni il sistema dei partiti, altrettanto consapevole della propria inadeguatezza e della nessuna credibilità internazionale di fronte alla crisi provocata dalla pandemia… Questa è la realtà della situazione politica italiana. E oggi i sondaggi ci dicono che un solo partito, il più estremo (Fratelli d’Italia), supera, di pochissimo, la percentuale del 20% di consensi, mentre la realtà politica mostra quotidianamente le fratture esistenti all’interno delle due coalizioni che hanno retto il governo nei vent’anni precedenti. A sinistra Pd e M5S tentano con debole convinzione e scarsissimo successo di costituire un’alleanza strutturale, a destra i due partiti sovranisti, alleati dell’estrema destra europea (e antieuropea), si contendono lo stesso elettorato collocandosi l’uno al governo l’altro all’opposizione, mentre Forza Italia gioca una partita moderata che la vede soccombere elettoralmente ai tradizionali alleati… La legge elettorale in vigore, maggioritaria all’italiana, il Rosatellum, ha già dimostrato alle elezioni del 2018 la sua natura frodatoria: alleanze di coalizione il giorno delle elezioni, maggioranze “proporzionaliste” al momento della formazione dei governi. Un inganno nei confronti degli elettori non ulteriormente accettabile… Né possiamo fingere di non sapere che la nuova conformazione del Parlamento – bicameralismo più paritario che mai, riduzione del numero dei deputati e, in particolare, dei senatori – avrà effetti devastanti sulla funzionalità delle Camere. Possiamo avere un governo espressione di un vero bipolarismo (di bipartitismo manco a parlarne, neppure in prospettiva) che nasca da alleanze politiche fondate su valori comuni, su progetti frutto di un idem sentire? La realtà ci urla il suo no! Ecco, quindi, che una operazione verità è oggi necessaria nei confronti degli elettori italiani: qualsiasi sistema elettorale basato su una coalizione di partiti sostanzialmente avversi gli uni agli altri, incompatibili su temi fondamentali, sarebbe, di nuovo, e peggio che nel 2018, un tradimento della Costituzione e della sovranità popolare… Occorre prendere atto della realtà e renderla compatibile con la verità del risultato elettorale. Oggi questo è possibile soltanto attraverso un sistema elettorale proporzionale, che consenta di fotografare la volontà degli elettori al di là delle illusioni diffuse dai diversi partiti e restituire al Presidente della Repubblica e al Parlamento quei poteri che solo per vie traverse sono stati esercitati nell’ultima fase di questa legislatura. È una conclusione amara per tutti quanti coloro che hanno per decenni combattuto per una riforma anche del sistema elettorale, sarebbe da irresponsabili continuare (anche questa volta) così, con una congrega politicante che pretende di continuare ad utilizzare l’elettorato come semplice massa di manovra per i propri giochi di palazzo…

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