Quell’ossessione per le pensioni dei colletti bianchi…

Ogni volta la stessa storia. Soprattutto in tempi di Finanziaria, a corto di soldi, il governo di turno ha sempre pensato di far ricorso al famoso contributo di solidarietà sulle pensioni più ricche. E quasi puntualmente la Consulta è intervenuta per dire che no, il prelievo non è legittimo. Fino a ieri perlomeno. Oggi si è pronunciata in modo diverso …”il contributo di solidarietà è compatibile vista la crisi”  sarà …pero?!

A mettere gli occhi sulle pensioni d’oro sono stati più di un governo di centrosinistra anche se la misura ha fatto gola anche a destra come durante il governo Berlusconi. Che introdusse un prelievo minimo poi confermato da Mario Monti ma bocciato dalla Consulta, che lo definì a suo tempo incostituzionale perché discriminatorio dato che toccava solo i redditi dei pensionati e non di tutti i lavoratori.

Gran tifoso del contributo di solidarietà per le pensioni d’oro è il presidente dell’Inps Tito Boeri. «Sarebbe opportuno introdurlo – insiste – sia per i giovani sia per sostenere la flessibilità in uscita». Ma il governo Renzi non sembra intenzionato ad andare oltre al tentativo di Letta.

Un anno fa si è immediatamente fermato alla commissione Lavoro della Camera il disegno di legge di Giorgia Meloni (Fdi) che puntava ad arginare il fenomeno delle «pensioni d’oro». pensioni-doro

E dal Pd, finora, non è arrivata nessuna valida e credibile alternativa. Ma facciamo un passo indietro. Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato. In particolare si segnalano gli interventi, oltre a quelli già citati di Monti e Berlusconi, del governo D’Alema nel 1999 e del governo Prodi nel 2006. Il governo D’Alema ha previsto, a decorrere dal 1 gennaio 2000 e per un periodo di tre anni, sugli importi superiori a un massimale annuo (123 milioni di lire) un contributo di solidarietà del 2 per cento sulla parte eccedente. Il governo Prodi ha previsto un contributo di solidarietà del 15% a partire dal 1 gennaio 2007 sul Tfr o il Tfs e i trattamenti integrativi di importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro. Ma non sono in discussione qui tanto le misure quanto il principio di punire i più ricchi per risolvere il rebus previdenziale dei giovani alle prese con la precarietà e per quanti appunto, come va dicendo il numero uno dell’Inps, sono in uscita. Misure, tra l’altro, che se si guardano i numeri non fanno pensare a un ricco bottino. Nel caso del prelievo di Monti, ultimo a essere stato bocciato dalla Consulta, la somma in gioco, circa 25 milioni l’anno, non era certamente decisiva. E questo perché le pensioni ricche rappresentano una piccola quota: circa 33mila quelle sopra i 90mila euro, appena 1.200 oltre quota 200mila euro. Il vero problema sta altrove. E nel caso delle pensioni d’oro vale il detto che si guarda il dito e non la luna. In Italia le pensioni pompano una spesa enorme (oltre 280 miliardi di euro all’anno) e quasi tutti i governi, per fare cassa, hanno pensato e pensano di toccare il capitolo della previdenza. Ma il contributo di solidarietà, nello specifico, è una peculiarità tutta italiana, visto che in altri Paesi europei come Spagna, Francia e Germania, le pensioni subiscono un prelievo agevolato di pochi punti percentuali.

Da noi no, ma alla fine è solo fumo negl’occhi della gente.

 

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