Salvini: e le bufale Nutella, Mes-Euro, nonché di Quota 100…

Esattamente come Di Maio, il leader sovranista è una tragedia per gli affari delle aziende e una catastrofe per i bilanci delle famiglie. Quando se ne accorgeranno nel cosiddetto Nord produttivo? Bisognerà smetterla, una volta per tutte, di credere che Matteo Salvini sia un politico pro business. Salvini è un politico anti business. Esattamente come Luigi Di Maio, Salvini è in realtà un facilitatore della decrescita niente affatto felice… Il caso Nutella è l’ultimo esempio: dire che non mangia Nutella perché le nocciole non sono italiane è una “coglionata” rivelatrice della visione economica di Salvini (ma la pensa così tutta la Lega?) che evidentemente vorrebbe una Ferrero piccola e autarchica e non la potenza da oltre dieci miliardi di euro di fatturato qual è. Tra l’altro, la Turchia produce quasi il 75 per cento delle nocciole del mondo e buona parte dei noccioleti turchi che servono la Ferrero per produrre la Nutella e i Rocher sono di proprietà dell’azienda italiana, non sono turchi. Salvini è il primo esempio di politico sovranista che auspica l’imposizione di dazi alle aziende italiane, ammesso che sappia che cosa sono i dazi. Salvini è un Trump con la lungimiranza di Toninelli e il senso di responsabilità di un adolescente… A confermarlo non c’è solo la Nutella, ovviamente, a favore della quale peraltro qualche anno fa aveva sguainato la spada tipo Alberto da Giussano con la quale era pronto a invadere la Gallia di Ségolène Royal perché la socialista francese si era permessa di criticare la crema da spalmare allora considerata made in Italy. Sulla Nutella, Salvini qualche giorno fa ha anche fatto un TikTok per testimoniare il successo dei nuovi biscotti Ferrero, evidentemente perché la Bestia di Luca Morisi gli aveva detto che il nuovo prodotto con Nutella era trend topic. In serata, sempre perché Morisi deve aver valutato il sentiment sulla rete, è arrivato il dietrofront nutelloso e chi se ne importa della tonda gentile del Piemonte. Certo, c’è sempre una componente fumettistica in tutto quello che fa Salvini, dalle buffonate sul Dio Po al cuore immacolato di Maria, e a voler essere seri non dovrebbe essere preso sul serio, ma purtroppo non siamo un paese serio e non viviamo in un’epoca seria. Al contrario, siamo nel tempo in cui qualunque ‘cialtrone’ per di più un po’ ‘coglione’ scenda in campo di qua e di là dell’Atlantico raccoglie applausi e consensi popolari. Una valutazione ‘sine ira ac studio’ delle sue proposte economiche quindi va fatta e, nonostante la narrazione di un Salvini filo industriale, la verità è che Salvini è una catastrofe per chi produce. Nonostante questo curriculum e questo programma, il Nord produttivo in questi anni ha dato credito alla bufala del Salvini motore della crescita, assecondandolo nella sue campagne elettorali dal referendum del 2016 alle scorribande scioviniste e anti immigrati degli anni successivi. Alle elezioni per la conquista dei vari governi regionali in tutta Italia. In realtà, Salvini vuole uscire dall’euro, la scelta politica più disastrosa immaginabile per le aziende, per il lavoro, per gli affari italiani. I suoi consiglieri Borghi e Bagnai hanno già causato danni miliardari alle finanze italiane, alle banche, ai mutui, alla possibilità di finanziare gli investimenti di artigiani, di industriali e delle famiglie, semplicemente ribadendo al mercato e agli investitori internazionali il progetto di uscire dalla moneta unica. Tacitatosi l’ex ministro Paolo Savona, ne hanno assunto il vessillo del cigno nero nella speranza di un’Italexit. Ma non basta c’è di più: in un video diventato presto virale il leader della Lega Matteo Salvini ha dato quasi il meglio di sé in campo economico. Al cronista che lo incalzava interrogandolo sul significato delle parole Mes e Cacs ha biascicato con imbarazzo un latino “in cauda venenum” ed è scappato. Il senatore Salvini ha così dimostrato di non conoscere nemmeno le basi di quel provvedimento sul quale ha impostato una campagna mediatica distruttiva. Ha denunciato il tradimento perpetrato dal Premier Conte, ha tuonato contro il risparmio degli italiani messo a rischio, ha attaccato l’esecutivo (di cui Salvini stesso faceva parte come vicepremier e ministro dell’Interno) per aver svenduto la sovranità nazionale agli interessi di Francia e Germania. Ma evocando destini tragici e usando toni apocalittici ha trovato credito nella sua base elettorale, impaurita dalla crisi e da tutte le altre potenziali minacce che quotidianamente le vengono somministrate: la fine della famiglia, i valori cristiani, la sostituzione etnica nel territorio e via dicendo. La superficialità di Salvini nella campagna contro il Salva Stati dimostra che il contenuto del provvedimento è irrilevante rispetto al lucro che se ne può trarre attaccando il vero obiettivo della Lega: l’Europae la sua moneta unica. E così, tornando al latino usato da Salvini, non è difficile capire che “in cauda” non c’è il “venenum” delle clausole di azione collettiva del Mes, ma la tentazione di agitare ancora una volta il vessillo dell’uscita dalla moneta unica, del ritorno alla lira, di una banca centrale che può stampare denaro e inondare il mercato di liquidità salvifica, senza rimanere intrappolata nella gabbia di Maastricht e della Bce. La sortita fatta la scorsa settimana da Claudio Borghi, che guida la commissione Bilancio della Camera, ne è ancora una volta la chiara testimonianza. Inoltre, Salvini è anche il responsabile di Quota 100, la più dispendiosa e improduttiva spesa pubblica degli ultimi decenni, ma bisognava abrogare la legge Fornero che aveva colpito i diritti pensionistici degl’italiani… un’altra promessa rivelatasi una “balla spaziale”. Assieme al reddito di cittadinanza che nonostante l’ambigua non condivisione alla fine è stato approvato col suo voto, sancito addirittura su un contratto, e dal governo di cui lui era vicepresidente. Sotto il governo a egemonia di Salvini quindi il prodotto interno lordo è tornato negativo, anche perché un altro indimenticabile provvedimento del suo governo è stato quello di depotenziare Industria 4.0, ovvero gli incentivi a investire per trasformare tecnologicamente le aziende e per traghettarle nell’era digitale. Le continue baruffe con le istituzioni europee e le controriforme sul lavoro hanno impedito che Bruxelles continuasse a consentirci maggiore flessibilità negli investimenti, come era successo negli anni precedenti. Al governo, poi, ha lasciato fare al suo compare Di Maio, con il nullaosta del fido Giancarlo Giorgetti, i disastri Ilva e Alitalia, per non parlare degli accordi con la Cina per la cessione delle nostre infrastrutture in cambio di un carico di arance. A Salvini va riconosciuto soltanto di aver esteso il regime forfettario per le partite Iva, già adottato dai governi precedenti, mentre illudeva tutti quanti con la bufala della flat tax di cittadinanza. Sono molteplici e strutturali i motivi per cui l’Italia è un paese stagnante e incapace di crescere, ma adesso almeno uno è riconoscibile con il nome e il cognome… Matteo Salvini.

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