Salvini: un governo contro Lui? Se è il solo obiettivo è pericoloso, ma bisogna provarci…

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L’accrocco democratico che si oppone alla Lega o ha un progetto serio o non riuscirà a impedire all’attuale vicepremier di far ulteriori danni alla Repubblica Italiana e ai suoi cittadini. Ma il Capitano, se non vincerà le prossime elezioni, potrebbe compromettere per sempre l’idea di una destra al potere… Ho letto, abbiamo letto, in questi giorni e mesi articoli e dichiarazioni sulla genialità politica di Matteo Salvini. Uomo di popolo, che sa usare il suo corpo, che parla il linguaggio delle spiagge della gente comune e non quello di Capalbio… lascio a voi le considerazioni riguardo ciò e all’intellettualità dell’aspirante leader massimo italiano invocante i pieni poteri. Personalmente ho la convinzione che questo genio padano sia in fondo solo un bullo e anche un po’ pirla malgrado sia circondato da gente capace, che gli dice cosa si può fare e cosa no, come Giorgetti ma anche qualche tecnico di valore… che lui snobba non ascoltandoli, per dar credito a gente come Claudio Borghi (costantemente in odore di insider trading) coi suoi minibot. O a Bagnai e al suo no euro, a bancarottieri come Siri e altri ancora dalle competenze spesso non certificate. Tutto preso (Salvini) dalla sua furia iconoclasta contro l’Europa chiedendo soldi di finanziamento a destra e manca a Trump e Putin, leader cui dice apertamente di ispirarsi… in buona sostanza la “megalomania al potere” bisognosa di tratti bruschi e autoritari non certo estranei alla cultura della Lega… ricordatevi del “celodurismo” di bossiana memoria… ma al di là dei tratti caratteriali di Salvini analoghi, come più volte sottolineato in articoli e nelle cronache politiche a quelli del precedente Matteo al governo. Ma torniamo invece a queste ore e questi giorni di crisi del governo gialloverde (un po’ il colore della bile). Ovvero alla crisi più pazza del mondo che vede Salvini in un vicolo cieco dopo una giornata folle, in Senato come quella di martedi scorso. Un Salvini che prova a scoprire il bluff di Di Maio, Fico che sbugiarda il suo capo politico. Le mosse di Renzi, i silenzi voluti di Mattarella che aspetta il voto del parlamento sulla sfiducia a Premier Conte. L’unica certezza sembra quella che: “Salvini ha sbagliato tutto!” a meno che, il suo obiettivo vero fosse (ma davvero vi pare credibile) andare all’opposizione? Dovevano fare la rivoluzione, Salvini e Di Maio, e invece sono ai bluff propagandistici, ai cavilli avvocatizi, ai machiavelli sui tempi, i modi e le forme con cui mettere la parola fine a un’avventura racchiusa tra la parentesi di due estati. La fine gialloverde ha la cifra della pochade, pazza come l’inizio, forse di più: dopo aver innescato la crisi di governo e mentre il Senato era riunito per calendarizzare l’udizione di Conte – fissata per il 20 agosto – Salvini ha tentato d’uscire dall’angolo rilanciando la patata bollente in mano a Di Maio. E così a termine del suo discorso a Palazzo Madama gli offre una sponda sul taglio dei parlamentari: “Ci sto, votiamo il provvedimento, a patto però che poi andiamo subito al voto”. Una trovata estemporanea, teatrale, utile a sottrare all’ex alleato un’argomentazione di battaglia e a contendersi le prime pagine dei giornali di oggi con Renzi, l’altro mattatore della giornata nel proporre con forza un governo d’emergenza per evitare l’aumento Iva e tenere in ordine i conti un “governicchio”. E però niente più di questo… Lo scenario che plasticamente appariva sul tabellone del Senato durante il voto per la calendarizzazione del discorso di Conte: una maggioranza giallo-rossa dalla quale potrebbe emergere un nuovo governo… La sortita di Salvini si rivela infatti prestissimo un bluff plateale: la conferenza dei capigruppo calendarizza al 22 agosto l’esame del provvedimento del taglio dei parlamentari, due giorni dopo l’informativa di Conte al Senato. Ma del taglio di deputati e senatori o della sua possibile votazione si potrà parlare eventualmente solo una volta risolta la crisi di governo, non prima. A riassumere bene il nonsense della mossa di Salvini è lo stesso Luigi Di Maio: “Se votano la sfiducia a Conte non possono tagliarli, se vogliono tagliarli non possono votare la sfiducia a Conte: Salvini si è messo in un cul de sac”. Ma calendarizzazioni a parte è l’intero caveat salviniano, con le sue implicazioni politiche e sistemiche, ad apparire irricevibile, non solo per Di Maio. Come farebbe il Quirinale infatti – ci si chiede in queste ore negli ambienti di Palazzo – ad avallare l’idea di Salvini, suggerita da Giulia Bongiorno, secondo cui si potrebbe andare al voto a ottobre per eleggere 945 parlamentari e poi far entrare in vigore la riduzione degli eletti a 600 tra 5 anni? Significherebbe che una legge costituzionale così impattante possa restare in sonno per un intero lustro. Mattarella ha già detto esplicitamente che non se ne parla. Se il Capitano vuole aprire uno scontro istituzionale col Quirinale non ha che da accomodarsi. La linea dei prossimi eventi sembra insomma già segnata. Il 20 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sarà in Aula al Senato e prenderà atto della fine dell’attuale maggioranza, poi presumibilmente si presenterà al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Dopo di che si aprirà – tra gli strepiti leghisti – lo scenario che plasticamente appariva sul tabellone del Senato durante il voto per la calendarizzazione del discorso di Conte: una maggioranza giallo-rossa dalla quale potrebbe emergere un nuovo governo. Maggioranza che del resto ha già avuto la sua prima prova tecnica di intesa in Europa con il voto unitario ad Ursula von der Leyen per eleggerla a presidente della Commissione. Episodio che ha aperto la prima grande vera crepa ufficiale tra Lega e Cinque Stelle. Certo, molto dipenderà anche dal Pd, dove non mancano resistenze e perplessità, ma già mercoledì prossimo in direzione nazionale potrebbe emergere una maggioranza favorevole a che si esplori un tentativo serio d’intesa con il Movimento Cinque Stelle così come preparato e prefigurato fin qui da Franceschini, Goffredo Bettini, Lorenzo Guerini e, negli ultimi giorni, agevolato da Matteo Renzi, se avrà la capacità di dare il suo pieno riconoscimento al ruolo di Zingaretti. Tutto questo mentre le diplomazie dem e pentastellata infittiscono i loro incontri in cui sono coinvolti anche parlamentari di Forza Italia molto interessati alla formazione di una “Coalizione Ursula” e ostili a ogni ipotesi di elezioni anticipate viste come un acquartieramento nel campo salviniano a sua volta vissuto come un’annessione. Nella Lega c’è chi in queste settimane parlava di una pressione crescente su Salvini: non solo in Italia – nella verticale di conflitto con l’Europa il ministro dell’Interno italiano è stato via via sempre più isolato. Intanto è partito anche l’immancabile toto-nomi sul futuro presidente del consiglio: si parla di un Conte bis, di Raffaele Cantone, anche di Mario Draghi, ma sono ipotesi premature. Quel che invece è certo è il vicolo cieco in cui si è infilato Matteo Salvini. Clamoroso. Tanto da indurre più d’uno a domandarsi come sia stato possibile per il leader leghista mettere insieme e in fila un così alto numero di errori esiziali. Chiamare la crisi al buio, sapendo che esisteva in Parlamento un’altra maggioranza che si stava preparando all’ipotesi di un’intesa giallorossa da mesi, non settimane. L’allarme suscitato dalla frase minacciosa “Datemi pieni poteri”, che ha sollevato ancora di più il livello di allarme e armato la reazione parlamentare. L’assoluta incapacità di articolare una strategia di mediazione all’interno del governo con le figure di cucitura dell’alleanza e più “tecniche” – a partire da Tria – e soprattutto con il Quirinale, con cui in questo anno ha interloquito, a malapena, solo Giorgetti. Una serie di errori quasi incredibile. Tanto incredibile da apparire o voluto. O indotto da qualcuno o probabilmente e soprattutto il venire meno di sponde di supporto e di copertura internazionali a occidente e a oriente dell’Europa, di cui il Russiagate è stato più un effetto che una causa. Insomma il Capitano si sarebbe convinto che la corda era arrivata al massimo della tensione e ha preferito lasciarla. E forse adesso è più chiaro il senso della profezia pronunciata qualche mese fa dal sempre laconico Giorgetti e che in un tono tra l’oracolare e il fatalista disse: “In estate pioverà la grandine, i più deboli cadranno e non servirà l’ombrello”. È chiaro di che parlava e a chi, e a cosa, si riferiva? Infatti ciò che potrebbe far deragliare Salvini e la Lega, oltre a un certo abuso di mojto e altri alcolici, è l’idea che il potere è fonte di diritto. Le sue teorie tendenti a superare la Costituzione e le regole delle istituzioni. Salvini ha detto: faccio cadere il governo e decido la data delle elezioni anticipate e poi comando io. Non si vota? È un colpo di Stato e qui gli sono venuti incontro tante brave persone, ma soprattutto la fanteria dei giornali di destra guidati da Vittorio Feltri che ormai merita il premio Nobel per il cattivismo. Invece sta per accadere una cosa spiacevole per il nostro uomo, cioè o un governo tenuto assieme solo dalla volontà del non voto, o un governo che può realizzare un programma serio con un ripensamento sul recente passato che si sta avviando nel Pd e nei M5s. È un gioco ad alto rischio. Lo è per Salvini, lo è per chi gli si oppone. Salvini, avendo frequentato da piccolo le trasmissioni di quiz della vecchia tivù, sa che rischia tutto. O vince o ha distrutto l’idea di una destra di governo, per sempre. L’accrocco democratico o fa una cosa seria con un progetto serio e senza ministri dei vecchi governi o non riuscirà ad impedire a Salvini tra qualche mese di dilagare, poi resterà solo ai movimenti di massa fare da contrasto alle cose peggiori che il leghista farà. Dal punto di vista politico-istituzionale, e direi anche morale, è la crisi più grave della Repubblica. E la prima volta che capita che un uomo un po’ su di giri chieda i ‘pieni poteri che abbia una plebe che glieli vuole dare e una intellettualità di destra ed ex di sinistra che considera che sia giusto che li abbia. Per fortuna le ciambelle non sempre riescono col buco. La Repubblica è parlamentare, le famose masse dopo un po’ si rompono le scatole degli avventurieri che portano al disastro…

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