Sovranismo & Populismo: pura demagogia, tra false promesse, fanatismo e antipolitica…

Quando il mondo politico incontra quello della comunicazione tout court ne scaturisce un connubio che dà vita ad un’accezione del concetto di populismo rilevabile nel tentativo aggressivo, a volte addirittura verbalmente violento, di opposizione, che sfocia nella demonizzazione, alle oligarchie siano esse culturali, sociali o meramente economiche per esaltare i valori, le tradizioni e il modus vivendi della componente popolare di un corpus comunitario. Tale processo conferisce al termine una connotazione decisamente negativa e al tempo stesso sovrappone il suo universo semantico a quello del concetto di demagogia, millantando dinamiche analogiche che nella realtà risultano prive di fondamento… a tutto ciò non sfugge il sovranismo… L’esempio più rappresentativo e maggiormente esaustivo dello scenario sociopolitico populista e sovranista è certamente quello incarnato da Juan Domingo Peròn che ha fortemente personalizzato il concetto tanto da essere chiamato, in quel caso, peronismo e che si sostanziava fondamentalmente in una prassi politica, tipica dei paesi sudamericani in via di sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, fondata su un rapporto diretto tra un capo carismatico, Peròn appunto, e le masse popolari; un rapporto avallato malcelatamente dai ceti borghesi e da quelli capitalistici che potevano così più agevolmente monitorare, gestire e far progredire i processi di industrializzazione e crescita del proprio paese e dei propri affari. Tale nozione sembra tuttavia essere vetusta, anacronistica, mostrando inequivocabili segni di obsolescenza nel tentativo di spiegare fenomeni politici attuali, essendo più adatta ad analizzare scenari passati figli di contingenze storiche ed economico-sociali diverse da quelle di oggi. Il contesto attuale rafforza il concetto sopracitato e identifica il populista sovranista come colui che annovera come unica e autentica legittimazione del potere politico quella che deriva dalla volontà e dal consenso popolare. Tale legittimazione è ritenuta la conditio necessaria e sufficiente al superamento dei limiti posti all’esercizio del potere politico dalle sovrastrutture normative costituita dalla Costituzione e dalle leggi. Il populismo, nella sua concezione attuale, apparentemente non si lega a nessuna istanza ideologica di destra o sinistra rivelando invece un’insospettabile tendenza bipartisan che relega il suo utilizzo a mere evenienze politiche circostanziali, contestuali o di comodo come la mobilitazione dell’antipolitica: le posizioni di critica, di disaffezione e di estraneità al funzionamento delle istituzioni democratiche e dei principali attori politici. Questa dimensione si basa sul risentimento che nasce dalle sensazioni di espropriazione della sovranità popolare, di tradimento dell’idea del popolo-sovrano e sulla richiesta improrogabile di una leadership forte e carismatica. Il sovranismo che esalta tutto ciò, invece, veicola ideologicamente a destra, l’idea del popolo sovrano e pone la nazione come dimensione territoriale indissolubile della sovranità popolare, caricando l’antipolitica di una valenza distruttiva delle istituzioni democratiche… alle ricerca dei “pieni poteri” per il suo leader. La demagogia, invece, rappresenta il comune comportamento politico che attraverso vacue promesse, che non hanno fondamento e non troveranno realizzazione, ma soddisfa in potenza i desideri e le esigenze del popolo mirando, in questo modo, a fidelizzarlo guadagnandone il consenso. Il modus operandi del demagogo stimola il popolo esacerbando sentimenti irrazionali e rivendicazioni sociali latenti, alimentando la paura, il sospetto, l’odio e la recrudescenza di atteggiamenti violenti nei confronti di minoranze etniche o religiose o dell’avversario politico di turno, controparti che impersonano il “capro espiatorio” da combattere. Tale scenario crea un fronte sinergico, cementato rocciosamente dal comun denominatore della lotta contro un nemico comune e pericoloso, un fronte compatto e immune da qualunque forma apparente o sostanziale di dissenso. La demagogia palesa quindi una struttura ben definita che, secondo dinamiche meccanicistiche, nasce come detto da false promesse e ideali intrisi di fanatismo arrivando, per la concretizzazione degli stessi, a forme di lotta violente e irrazionali. La demagogia condivide con il populismo, secondo diversi analisti politici, la propria radice nativa, in quanto entrambi appaiono come una sorta di esasperazione morbosa, declinazione malata e irrimediabilmente compromessa di forme di governo democratico. Il sovranismo si pone come alternativa all’ordinamento democratico. I regimi totalitari della prima metà del secolo scorso come quello fascista, quello nazista, quello sovietico e in generale la maggior parte delle dittature, sono un perfetto esempio del rapporto diretto e congruente negli intendimenti politici fra il leader e le masse popolari e quindi di ciò che si definisce populismo. Tuttavia tale definizione rimane storicamente vaga, permettendo il suo utilizzo in diverse contingenze circostanziali come termine omnicomprensivo, pangeatico, una categoria residuale, adatta a catalogare una grande varietà di regimi refrattari a classificazioni nette in cui è però possibile riscontrare qualche elemento comune: la gonfia e teatrale retorica nazionalista ed anti-imperialista, l’appello costante alle masse e il notevole potere personale del leader carismatico e venerato fideisticamente dalle folle. Il populismo rappresenta un “contenitore trasversale” per movimenti politici di vario tipo (di destra, di sinistra, reazionari quasi mai progressisti, e via dicendo) sempre accomunati dall’elemento retorico fondato sul netto rifiuto delle oligarchie politiche ed economiche per esaltare le virtù naturali del popolo, guadagnando quindi consensi nei momenti di crisi profonda e sfiducia nella classe dirigente al potere. Altro elemento rintracciabile nell’essenza stessa del populismo è la semplificazione della politica, una sorta di scorciatoia governativa che nasce quando la politica stessa entra in crisi e non riesce più a soddisfare le esigenze e a rispondere alle domande che i governati pongono ai governanti. Il popolo diventa una sorta di entità indistinta in cui gli individui si perdono, diviene un unico corpus con un’unica volontà, la vox populi, e ragioni incontestabili. Quando la politica palesa tale debolezza, una caducità che ne smarrisce gli scopi, ne vanifica gli interventi e ne delegittima il ruolo istituzionale, in quel momento l’“uomo forte” diviene una prospettiva percorribile. E il carisma diviene il principale indicatore per giudicarne il valore e l’utilità politica per il popolo che deve guidare. Insomma quando la politica abdica dai suoi doveri di guida e rappresentanza per personalizzarsi in un leader che incarna i desideri della nazione in un dato frangente storico, in quel caso compare il populismo. Nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa, il filtro della discussione pubblica, del dibattito, del contraddittorio è lentamente ma inesorabilmente venuto meno…

 

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