Usa 3: si avvicina il giorno del giudizio… tra un disperato “covidiota tour” di Trump, le trappole di un meccanismo elettorale affatto trasparente. Biden non ha ancora vinto e potrebbero ancora piovere rane…

Un Disperato “Covidiota Tour” di Trump che non sa più cosa inventarsi per farsi rieleggere. Quasi ogni sera il presidente degli Stati Uniti fa un comizio in uno Stato che deve vincere per forza: Florida, Pennsylvania, North Carolina, Iowa. Difende il sud confederato, attacca gli antifa, insulta Joe Biden e ammicca alle signore. «Non ha abbastanza soldi per finire la corsa», ha detto un suo ex fundraiser… Da sabato scorso, Trump è impegnato in questo tour. Ogni sera arriva in uno stato che deve vincere. Atterra tra migliaia di persone senza mascherina, prendendo in giro le precauzioni anti-contagio, vantandosi di stare benissimo e di voler baciare tutti, lui a cui tutti fanno schifo e soprattutto i suoi ruspanti fans. Attacca insultandoli i media e Joe Biden. Poi una novità, fa il simpatico con le signore: «Please like me», apprezzatemi, per favore, «ho salvato il vostro dannato quartiere». Secondo alcuni fa ridere, secondo altri non sa più cosa inventarsi. Secondo medici e autorità sanitarie, è pericoloso, urla cose false sul virus e rischia, anche così, di fare vittime, Trump fa tutti questi comizi per convincere i trumpiani redneck ad andare a votare… Sulla campagna elettorale di Trump si dice che: «non ha abbastanza soldi per finire la corsa», l’ha detto un ex fundraiser e Business Insider. La colpa è in parte dell’ex campaign manager poi arrestato in mutande, Brad Parscale. Parscale è indagato per aver preso decine di milioni forse non in disaccordo con i Trump, e di aver speso malissimo contando su donazioni alla campagna per almeno 200 milioni che non sono mai arrivate (intanto i Trump temono le rivelazioni di Parscale). E intanto votano i democratici. Tra gli elettori che hanno già depositato le schede, il 51 per cento è registrato come democratico; solo il 29 sono di repubblicani (gli altri sono registrati come indipendenti). Intanto. Trump continua a far mandare mail e a postare post spiegando che Biden è comunista. Biden sarebbe avanti minimo di 4-5 punti e la forchetta si ferma a 10-12 punti di vantaggio. Trump lo aiuta a modo suo. Ha condiviso un meme in cui la P di Biden for President è cancellata, si legge Biden for Resident, e lo si vede photoshoppato in sedia a rotelle tra altri vecchi in una casa di riposo. E in Florida gli anziani sono decisivi e magari qualcuno si offende (e, dato nazionale, sembrano aver abbandonato Trump per Biden, i sondaggi tra gli anziani li danno 43 a 52). Lo sfidante di Trump è quindi in vantaggio, ma ci sono alcuni dati preoccupanti in vista del voto del 3 novembre: i repubblicani stanno registrando più elettori dei democratici e sono ripartite le raccapriccianti teorie cospirative tipo il ‘pizzagate’ del 2016 (con buona pace del nostro Presidente della Rai, che non twitta più a riguardo). C’è molto entusiasmo, tra i democratici si respira grande sicurezza sull’esito delle elezioni presidenziali americane, ma sia chiaro che al di là dei sondaggi Joe Biden non ha ancora vinto. I sondaggi nazionali con doppia cifra di vantaggio vogliono dire poco in un paese che vota Stato per Stato. Biden è davanti anche localmente, dove conta, ma con un margine inferiore rispetto a quanto fosse in vantaggio Hillary Clinton nel 2016. Ricordiamoci che dati alla mano quattro anni fa nessuno, nemmeno Trump nelle sue più rosee aspettative, immaginava che lui… il ‘Cialtrone’ potesse vincere. Adesso Trump è già alla Casa Bianca, l’impossibile è già accaduto. Ricordiamoci anche che undici giorni prima del voto del 2016 arrivò l’Fbi, dopo il Kgb, a cambiare il corso della storia. Siamo nel 2020, non escludiamo nulla, potrebbero ancora piovere rane… A tre settimane da un’elezione che in realtà è già cominciata da tempo, via posta e via voto anticipato, tutto però lascia supporre che Biden sconfiggerà Trump. Il New York Times pubblica ogni giorno infografiche dettagliate per spiegare che secondo i sondaggi attuali l’ex vicepresidente vincerebbe anche se fossero sbagliati quanto erano sbagliati quelli che quattro anni fa davano in vantaggio Hillary. Ci sono però alcuni aspetti molto preoccupanti, a cominciare dal fatto che oltre il quaranta per cento degli americani ripone ancora fiducia nel Cialtrone in chief, nonostante la criminale e criminogena gestione, chiamiamola così, della pandemia, per non parlare di tutto il resto: dalla truffa ventennale all’erario alle rivelazioni sconvolgenti dei suoi ex consiglieri, senza dimenticare quelli che sono finiti in galera. Due cose, però, sono davvero allarmanti e non consentono di dichiarare chiusa anzitempo la partita tra Biden e Trump. La prima è quella già citata dei dati dell’iscrizione alle liste elettorali, in un paese dove per votare bisogna registrarsi. L’analisi del Cook Political Report, riportato sul New York Times, svela per l’appunto che a fronte di molti indicatori a favore di Biden, i repubblicani hanno convinto di gran lunga più gente a iscriversi nelle liste elettorali e in particolare in tre dei sei stati vinti da Trump nel 2016 con meno di cinque punti di scarto. In Florida, North Carolina and Pennsylvania, dove al momento della registrazione si dichiara l’appartenenza politica, si sono aggiunti 195,652 elettori repubblicani rispetto ai 98,362 democratici in Florida, 135,619 repubblicani contro 57,985 democratici in Pennsylvania, 83,785 a 38,137 in North Carolina. L’eccezione è l’Arizona, dove gli iscritti democratici sono meno di duemila in più rispetto ai repubblicani, mentre nei due Stati rimanenti non è prevista l’indicazione dell’affiliazione. E la seconda cosa preoccupante è la diffusione via talk show radiofonici e condivisioni social di teorie cospirative volte a mobilitare elettori e milizie di destra il giorno delle elezioni e oltre. Scoppio di tumulti e uso della forza federale. Sono questi gli scenari post-voto elaborati in un documento di 22 pagine da repubblicani e democratici. Perché, visto il massiccio ricorso al voto per posta e il ritardo nei conteggi, il vincitore potrebbe essere decretato dalla Corte Suprema. Fantascienza? Possibile, ma intanto si allarga la rete di gruppi e associazioni che si dicono pronti a intervenire nel caso il cui Trump sconfitto non voglia lasciare. Nel 2016 successe la stessa cosa, ma il fenomeno fu sottovalutato e liquidato come robaccia, qual era. Ma la bufala delle cene sataniche di Hillary nel sottoscala della pizzeria Comet Ping Pong di Washington aveva preso piede sia negli inferi del web sia alla luce del sole con i retwitt del consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. Questa volta la notizia falsa che circola è quella di un colpo di stato che i democratici starebbero organizzando per destituire Trump dalla Casa Bianca, quando semmai è Trump ad aver detto in tutti i modi che non accetterà una transizione pacifica in caso di sconfitta alle urne, ipotesi che ieri la neonominata giudice suprema Amy Coney Barrett al Senato ha definito «controversia politica» su cui non vuole entrare, dimostrando per la prima volta in modo palese di essere davvero pericolosa e unfit, inadatta a far parte della Corte, avendo rifiutato tra le altre cose anche di condannare le attività illegali di soppressione del diritto di voto in certe zone del paese. Così come il virus non è stato ancora debellato, Biden non ha ancora vinto. Il 2020 è ancora qui…

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