2. I punti di forza del Coachig

(seconda parte)

Business Coaching

(ambito Aziendale e Manageriale)
  1. Voglio aumentare le vendite

Un esempio classico d’intervento in ambito aziendale è quello del miglioramento dei risultati aziendali. Si parte sempre dallo stabilire un obiettivo concreto e realistico sul quale lavorare (es.: aumentare il fatturato della linea di produzione “X” del 10% entro il 31/12/2012). Da qui si analizza la situazione attuale, i punti di forza dell’azienda (es.: il servizio clienti), del mercato, dell’ambiente, dell’organismo personale e in particolare della forza vendite… Si valutano eventuali ostacoli (es.: i venditori non hanno ricevuto una formazione specifica nelle vendite e l’azienda ha trascurato alcune zone) e si verifica ciò che ha impedito finora all’azienda di superarli. Da qui si disegna un piano d’azione che tenga conto di tutti gli elementi e si delinea un preciso cammino da seguire per raggiungere l’obiettivo. Uno dei vantaggi principali di svolgere questo lavoro con un Coach è quello di riuscire a vedere determinate situazioni da un’altra ottica, senza restare fossilizzati nelle stesse soluzioni e negli stessi schemi di pensiero.

  1. Voglio aumentare la produttività

Altro esempio classico è quello dell’aumento della produttività. La differenza è che, mentre nel primo caso l’aumento delle vendite si traduce in una voce di bilancio ben precisa o in un numero di pezzi determinato, che può essere facilmente monitorato e controllato, quando si parla di produttività si parla di qualcosa che, nel concreto, non molti sono in grado né di determinare né di calcolare. Il primo passo quindi sarà determinare gli elementi che faranno percepire al manager che effettivamente sta avvenendo un miglioramento nella produttività, cioè i suoi criteri, e soprattutto come questi eventi si riflettano poi anche nel concreto, sui libri contabili oppure nei registri di presenza del personale. Abbiamo detto che il Coaching è basato sul concreto ed è in casi come questo che si vede la sua utilità: traducendo un’”ideale” come quello della produttività in elementi tangibili, riscontrabili e controllabili nel tempo. Lavorare sulla produttività infatti può avere i significati più vari: dallo snellire un processo in catena di montaggio, a lavorare sull’agenda dell’amministratore delegato, al fare uno studio sull’ambiente lavorativo per dare maggior motivazione e affiatamento al personale.

  1. Il mio gruppo non è affiatato

Altro caso in cui viene chiamato in causa il Business Coach è quando ci sono difficoltà relazionali in un gruppo, che può essere un piccolo team, un reparto, o addirittura tutti i componenti di un’azienda, soprattutto se si parla di PMI (Piccole Medie Imprese). In questi casi parliamo quindi di Team Coaching. Molti manager pensano che si faccia gruppo e Team Building durante i cenoni di fine anno. Altri, invece, in riunioni lunghe e noiose. Niente di più sbagliato. Il lavoro del Coach, in questo caso, è quello di analizzare le abitudini dei singoli, di parlare e di confrontarsi apertamente con loro, per capire le meccaniche di gruppo e dove siano gli ostacoli che impediscono l’amalgama del gruppo. Una volta rimossi gli ostacoli, che possono dipendere da fattori relazionali o anche ambientali (es.: siamo sicuri che quelle pareti divisorie siano funzionali all’obiettivo?), possiamo partire con un obiettivo chiaro, come quello di “dare una mission e una vision condivisa nel team” che permetta a tutto il gruppo di sapere chi sono come gruppo (o chi vogliono essere), dove stanno andando e quale ruolo occupa ogni singolo componente. Una volta stabilito questo, si stabiliscono i criteri che renderanno verificabile nel tempo che si sta seguendo la mission e la vision condivise, gli stessi criteri che poi andranno a riversarsi, ad esempio, in un Business Plan.

Life Coaching

(ambito Personale)
  1. Sono disorientato

Per assurdo, la mancanza di obiettivi è un caso tipico di ricorso al Coach. Di conseguenza, il primo obiettivo diventa quello di trovare degli obiettivi, che spesso vuol dire anche trovare stimoli e motivazione. Tramite vari strumenti, il Coach aiuta il cliente a visualizzare in maniera analitica quelle che sono le varie aree che compongono la sua vita (ad esempio la famiglia, lo svago, la carriera, le relazioni…) per creare un quadro d’insieme e iniziare a vedere i fattori d’insoddisfazione. Da qui, si può impostare un piano per ristabilire alcune di queste situazioni, che possono quindi diventare degli obiettivi concreti. Ad esempio, il cliente può scoprire che non dedica abbastanza tempo allo svago e che questo gli crea insoddisfazione. A questo punto, potrebbe stabilire un piano d’azione che gli permetta di dedicare un certo numero di ore alla settimana allo svago, magari a seguire un hobby che ha sempre desiderato fare ma al quale non ha mai pensato di dedicare tempo.

  1. Vorrei trovare equilibrio tra il lavoro e la vita privata

La richiesta di equilibrio tra la vita privata e la vita lavorativa è una richiesta comune. Ciò che invece non è comune è il come si traduce la parola equilibrio nella vita di ognuno di noi. Ed è questo il primo compito del Coach: individuare cosa vuol dire “equilibrio” per il cliente. Infatti, empiricamente “equilibrio” significa un bilanciamento che dia un buon grado di soddisfazione per il cliente, il che non significa corrisponda a un 50/50. Quindi, per alcuni equilibrio significherà iniziare a lavorare part-time, per altri trovare un lavoro più vicino, oppure per altri semplicemente andare a prendere i figli a scuola. Ciò che importa è la realtà e il grado di soddisfazione del cliente.

  1. Sono indeciso tra X e Y

Avere dei figli o puntare alla carriera? Lo lascio o sto con lui? Faccio o no questo investimento? Uno dei compiti principali del Coach è quello di dare scelta alle persone. In questo caso non ci troviamo di fronte ad alcuna scelta, bensì siamo di fronte a un dilemma, che il più delle volte crea dolore e significa rinunce, per qualunque opzione si tenda ad optare. In questo caso il Coach lavora sulla visione della realtà del cliente, dandogli degli strumenti per ampliarla. In questo modo, può vedere altre possibilità e valutare ogni scelta in maniera più distaccata e basandosi su elementi concreti. Solo così la scelta sarà “quella più giusta”.

Career Coaching

(Coaching di Carriera)
  1. Sono insoddisfatto del mio lavoro

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un non-obiettivo. Di conseguenza, il primo compito da fare è proprio quello di trovare un obiettivo su cui lavorare. Sarà restare in quell’azienda ma a condizioni diverse? Oppure sarà lasciare quel lavoro e trovarne uno diverso? Oppure risparmiare e tenere botta per poi prendersi un periodo sabbatico per riprendere gli studi? E’ il cliente a deciderlo. Ciò che è importante è lavorare inizialmente su tutte le opzioni che il cliente ha effettivamente a sua disposizione, ampliando il più possibile quella che è la sua visione della realtà.

  1. Voglio trovare lavoro

In questo caso siamo sulla strada giusta per avere un traguardo tangibile su cui lavorare. Che tipo di lavoro vuole fare? Si parte da qui; dalla indole del cliente, dai suoi punti di forza e dal suo potenziale. Si analizza il suo percorso di studi, quello lavorativo, e anche gli ostacoli trovati e le cadute che, in un percorso di carriera, sono normali. Da qui, il cliente può decidere nel concreto che lavoro vuole fare. A questo punto, si delinea un piano d’azione concreto per arrivare a raggiungere l’obiettivo, riuscendo anche a fornire un feedback in tempo reale sul come comportarsi durante un colloquio di lavoro oppure sul come svolgere un piano di marketing di sé (personal branding).

Coaching Sportivo

(Allenamento Mentale per sportivi)
  1. Voglio migliorare i miei risultati

Spesso si ricorre a un allenatore mentale per cambiare marcia, per passare a un livello superiore, ed è ovvio avere l’esigenza di migliorare le proprie prestazioni. Quello che lo sportivo fa in campo, durante la prestazione o durante l’allenamento, resta di competenza del suo allenatore o del suo preparatore. Quando si ricorre ad un Mental Coach si vuole migliorare la propria gestione delle emozioni e dello stato, del focus e della concentrazione. Tutti gli sport risentono del fattore mentale, alcuni in maniera molto maggiore rispetto ad altri. Nel tennis, ad esempio, si gioca solo per 1/4 del tempo del match, ma è nel come si gestiscono i 3/4 del tempo in cui la pallina non è in gioco che si determina la vittoria o la sconfitta. E’ nella gestione dello stato e della mente dello sportivo che il Mental Coach fa la differenza.

  1. C’è qualcosa che mi blocca

La prima cosa è determinare cos’è che blocca lo sportivo. E’ il primo passo per potere lavorare sull’obiettivo di migliorare i propri risultati. Possono essere le proprie convinzioni, dei pensieri nella propria mente, la paura di perdere, o quella di vincere. Lavorare su questo “blocco” è la prima cosa. Il tutto però sarà sempre e comunque diretto a un obiettivo in positivo, che permette anche di valutare in maniera concreta l’andamento del processo di Coaching. Così, se un’attaccante fa fatica ad inquadrare la porta e improvvisamente “si sblocca” e continua a segnare, probabilmente il percorso di Coaching ha dato i suoi frutti.

E’ tempo di Coaching!

 

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