2. PD: Martina eletto Segretario con la data di scadenza. Adesso che succede?

La composizione della nuova segreteria, le nomine delle commissione e della Rai, fanno finire l’esile tregua. Riprende la guerra civile nel PD. Renzi punta prima sull’annientamento di quel che resta della Sinistra.  Solo poi al Congresso. 

Già adesso che succede ?

Nel PD è subito ripresa la guerra civile all’interno del gruppo dirigente. Le due sue anime sono sempre più lontane. La convivenza tra i renziani e chi vuole un PD “rifondato” alla ricerca di recuperare il consenso di un elettorato di sinistra che negl’ultimi anni ha perso… perché rifugiatosi nell’assenteismo o addirittura ‘fuggito’ verso altre forze politiche soprattutto M5s e quindi di un PD capace anche di dialogare con i 5Stelle, è giunta definitivamente al tramonto… Nel frattempo il partito è immobile e deve trovare assolutamente il modo di rientrare in gioco. E’ bastato il varo di una segreteria “unitaria” (…si fa per dire) a “tempo determinato”, per riprendere le armi e lo scontro. Che cos’è il Pd? Cosa può diventare? Come può contrastare l’avanzare della destra sovranista e populista? Dopo le cocenti sconfitte elettorali, dal referendum costituzionale al voto politico, il PD avrebbe dovuto porsi queste semplici domande e aprire un vero confronto al proprio interno. E invece la sua classe dirigente è riuscita a compiere un capolavoro di inefficienza. Non chiedersi cosa è diventata la Sinistra e nemmeno decidere cosa fare. Litigare sul passato e non pensare al futuro. Scaricare le responsabilità della disfatta e non assumersele per affrontare la fase che si ha di fronte. Il suo gruppo di comando si presenta confuso, prigioniero di se stesso, come fosse una caricatura di un partito, che lo descrive come una formazione politica ormai fatta solo di funzionari esausti, senza militanti. Senza un briciolo di legame con la realtà. Una forza politica che è stata “ibernata” dal renzismo. Con l’ex segretario, alla guida del Pd per quattro anni e alla presidenza del Consiglio per quasi tre, che ancora vuole rovesciare le colpe delle débâcle elettorali su tutti gli altri: a cominciare dal premier Paolo Gentiloni che proprio lui aveva indicato, dopo che con la sconfitta nel referendum aveva perso palazzo Chigi. Chiuso nel livore di chi non vuole riconoscere la sconfitta, di chi non si vuole render conto che l’insuccesso dell’ultime tornate elettorali si sono giocate sulla sua antipatia e sul voto degli italiani principalmente contro di lui. La sua capacità di leadership iniziale si è trasformata alla fine nel mero potere di interdizione sul partito. La sua rabbia ha preso il posto del ragionamento sulla prospettiva politica. Ci vuole infatti una bella faccia tosta …unica, per chiudere l’intervento all’assemblea nazionale senza alcun cenno autocritico,  anzi, sfidando al prossimo congresso la vecchia minoranza ma anche tutta quell’area di dissenso nei suoi confronti che sta lievitando nel partito ancora una volta più sui suoi comportamenti da ‘bullo’ di provincia; che non su linee politiche vere e proprie.  Ciò sta a significare che Renzi non capisce ancora che a perdere non saranno i suoi avversari e a vincere non sarà lui. Vuol dire dare l’ennesimo spintone alla Sinistra verso il baratro dell’estinzione.  Infatti, nessuno può pensare che il rito, ormai stanco della Leopolda possa davvero dare in autunno un verso nuovo al PD che sarà ormai sui “ceppi” di partenza della stagione congressuale. Ma forse è proprio questo che Renzi vuole: l’annientamento di quel che resta della Sinistra. Per poi tenere il primo Congresso del Partito di Renzi, finalmente completamente “desinistrato”. E la minoranza? Subisce e patisce ancora, in attesa non si sa  bene di ciò che verrà. Non lo sanno nemmeno loro quel che alla fine succederà. Nel frattempo è continuata la zuffa via Twitter tra Orlando e Calenda, anche se quest’ultimo aveva detto che: del partito non si voleva più occupare. Efficace la sintesi dell’ex Ministro degl’Interni, Marco Minniti sulla situazione interna al PD: “La tragedia è che sta parlando chiunque e la qualunque. Senza uno straccio di soluzione – e ricorda tra il serio e il faceto – una volta Gerardo Chiaromonte (storico dirigente del PCI), durante un’infuocata assemblea, disse: ‘ricordo ai compagni che prima di parlare bisogna pensare’ “. Infatti nel PD chiacchierano in molti (sicuramente in troppi) eppure il partito continua nella sua immobilità. Di fatto è così! Gli italiani – per primi quelli che l’hanno votato ancora – giudicano e considerano inesistente la sua opposizione al governo giallo-verde, buona al massimo a produrre qualche battutina su Twitter. Il neo-segretario Maurizio Martina dopo l’assemblea vara un nuovo gruppo dirigente* (per la verità …non proprio nuovo), per reggere la baracca fino al congresso e soprattutto tenere dentro tutte le correnti. Il ‘nobile’ tentativo è sempre lo stesso evitare un’ulteriore scissione. Ma passati i primi cinque minuti si ricomincia a litigare sul nulla, ovvero su un gruppo dirigente transitorio destinato a durare solo qualche mese. Carlo Calenda insulta Francesco Boccia. Luca Lotti s’infuria per la presenza di Gianni Cuperlo. Michele Emiliano ritira Boccia perché le garanzie non sono sufficienti. Calenda evoca il suicidio giapponese (harakiri). Altri le macerie del partito. La scelta di Marianna Madia alla Comunicazione non è la più popolare. I renziani non sono affatto contenti perché a Teresa Bellanova non è stato dato il ruolo di Vicesegretario. Un clima di nuovo totalmente luttuoso. Martina incassa le polemiche. Prova comunque a crederci: “Il Pd c’è! Credo nell’unità e nell’apertura. Testardamente ribadisce: “Servono tenacia e umiltà”. “La prima segreteria è convocata a Tor Bella Monica in una periferia dove siamo stati troppo assenti”. Intorno però c’è il deserto e allo stesso tempo la Torre di Babele. Non a caso due possibili candidati alle primarie, Nicola Zingaretti (di sicuro, l’ha più volte dichiarato) e Stefano Bonaccini (ancora incerto), lanciano con parole diverse lo stesso allarme. E sembra un necrologio: “Facciamo subito il congresso per cambiare tutto e voltare pagina o saremo condannati all’irrilevanza e del Pd non resterà più niente!” Il Principale indiziato di questo immobilismo, come al solito, è Matteo Renzi. Questa situazione di stallo è da lui voluta. Il segretario dimissionario continua ad essere il dominus del partito. È lui che si è espresso su ogni questione in tutto questo periodo, che riceve gli applausi più calorosi all’assemblea nazionale e che viene intervistato dai media nei momenti topici. Il partito continua in gran parte a identificarsi in Renzi e nella sua politica: ostile ai sindacati e suadente con gli imprenditori, sintonica con i ceti medio-alti e distante da quelli bassi, sprezzante verso i grillini e compiacente verso Berlusconi (sic). Solo che, lungo questa strada, i democratici difficilmente recupereranno consensi. Renzi mantiene un rigido controllo sul partito, che lo aveva rieletto a maggioranza (70%) Segretario appena un anno fa. Cosciente che se si va rapidamente al Congresso cambia tutto, che i suoi numeri dentro il partito sono destinati a diminuire drasticamente. A Roma come a livello locale. Giorni fa è stata rinviata l’assemblea dei dem in Toscana perché i renziani non volevano scegliere tra un reggente e il congresso subito. Dal loro punto di vista meglio “non toccar nulla”. D’altronde una soluzione lucida per risolvere in parte il problema l’ha offerta senza peli sulla lingua Luigi Zanda: “Renzi va battuto nel congresso!” Cioè con il voto dei militanti. Nel partito il Segretario del PD è statutariamente anche Premier e viene votato anche dai potenziali elettori nelle primarie, ma che poi, come si è visto, alle elezioni votato i 5 stelle di Di Maio o addirittura per la Lega di Salvini. Questo automatismo Segretario/Premier e la scelta del leader/Segretario con lo svolgimento delle primarie sono ormai messi in discussione;  c’è chi nel partito dice chiaramente che vadano tolti di mezzo dallo statuto, proponendo le necessarie modifiche da approvare come d’uso, dopo il dibattito ai vari livelli del partito, all’inizio dell’assemblea congressuale nazionale. Come non serve più questo continuo batti e ribatti, in eterna polemica sull’assetto del partito …liquido o strutturato sui territori.  È la stessa idea di Dario Franceschini e Paolo Gentiloni oltre che della Minoranza. Ma se tutti stanno fermi e le differenze non emergono chiaramente, per non mostrare platealmente la divisione e alla fine, l’unico accordo unitario, è sul posticipare il più lontano possibile il congresso, e affidare il ruolo di Segretario a Martina con scadenza: “da consumarsi entro il…”  Nella speranza che nel frattempo si palesi l’incapacità di governo della maggioranza verdegiallo. In modo che la situazione rilanci ipso facto il ruolo del PD nel panorama politico nazionale…  Se è solo questo!? Significa accettare di fatto la linea di Renzi, che negli organismi dirigenti e nei gruppi parlamentari, può far valere ancora la maggioranza della sua corrente. Volete un esempio? La conferma di Rita Borioni. Il PD riesce a tenere un piede nel primo consiglio di amministrazione della Rai della Terza Repubblica. Un obiettivo tutt’altro che scontato anche se figlio della riforma voluta da Matteo Renzi. Vista che la riforma attribuisce al governo in carica un’influenza decisiva nella TV di Stato. Un risultato al quale però il partito arriva diviso: l’elezione da parte dell’aula del Senato della consigliera uscente, che già nel 2015 entrò a viale Mazzini in quota PD, è il frutto di un accordo portato avanti dal Capogruppo a palazzo Madama, Andrea Marcucci (renziano di ferro), con Forza Italia e le Autonomie. E non di una sintesi dopo una discussione interna al partito. Infatti, ne fa le spese Attilio Balzoni, giornalista Rai di lungo corso, il profilo professionale e di competenze che il neo segretario Maurizio Martina e anche altre aree del partito non renziane, avrebbero voluto, proprio per segnare un nuovo corso della televisione pubblica. Più smarcata dai partiti e legata invece alla valutazione dei curriculum vitae dei candidati, come prevede peraltro la nuova legge. Sul nome della Balzoni, raccontano, la discussione tra Marcucci e Martina è stata alquanto forte e dura nei toni. Ma c’è di più e peggio. L’emendamento PD sul decreto dignità, presentato da un gruppo di deputati – guidato dall’ex vicesegretaria Debora Serracchiani – che intende sopprimere l’articolo che aumenta le mensilità degli indennizzi a favore dei lavoratori che vengono licenziati ingiustamente. E’ la stessa linea di Confindustria… Chiaramente il PD si spacca. Protestano gli ex parlamentari democratici Esposito e Damiano. Nella nuova segreteria  Gianni Cuperlo, secondo cui il partito fa “fatica” ad andare oltre il “racconto che ha caratterizzato la campagna elettorale” e i sondaggi dimostrano che “rischia di proseguire un’emorragia di voti a sinistra”. Dice chiaramente che portare avanti quell’emendamento non farebbe che peggiorare la situazione. “Noi non possiamo, non dobbiamo metterci in conflitto con una parte che ci candidiamo a rappresentare e coi quali dobbiamo recuperare un legame di fiducia che in buona misura con alcuni si è spezzato”, ribadisce Cuperlo intervenendo alla Direzione Nazionale del PD del post Renzi. Anche  Andrea Orlando e Francesco Boccia chiedono l’eliminazione dell’emendamento: “la soppressione di quella norma del decreto dignità, che farebbe ritornare da 36 a 24 mesi gli indennizzi per i licenziamenti illegittimi, è un grossolano errore”. Martina media tra le due posizioni e il PD decide che, lascerà cadere la proposta d’emendamento. Gli anti-renziani dovrebbero averlo capito che continuando in questa direzione di “tira e molla”  alla fine non è detto, che il mondo scontento e deluso del popolo della Sinistra, li riconosca come un’alternativa e li segua restando o ritornando nel PD. Infatti, in questa sorta di ‘limbo’ temporale tra l’oggi e lo svolgimento del congresso, non sembra arrestarsi la continua fuga dal Partito. E non sono solo gli elettori che si allontanano. Sergio Chiamparino dice: “Mi ricandido alla presidenza della Regione Piemonte, solo sotto il simbolo di un rassemblement, non certo del solo PD”. I vertici Dem della Basilicata hanno iniziato un giro di ricognizione per la candidatura in regione dopo l’arresto del governatore Pittella. Ai ‘sondati’ spiegano: “Abbiamo deciso che il candidato dev’essere un civico, uno che non ha mai avuto la tessera del PD”. In Sicilia, alle ultime amministrative, molti aspiranti primi cittadini hanno preferito nascondere le loro origini. A Bisceglie ha vinto un sindaco del PD che aveva rotto con il PD tempo fa e ha corso con una lista civica. E il neo-iscritto ex Ministro Calenda, dopo aver discusso animatamente con Andrea Orlando su Twitter ha proposto un altro nome rispetto a Zingaretti per l’incarico di Segretario, ovvero Gentiloni, nonchè altri 3 o 4 nomi per la segreteria collettiva fatta da Martina, dopo aver detto di  disgustato ai suoi follower: “Non mi occuperò più del Pd”. Si capisce fin troppo bene che la ‘cristallizzazione’ conviene solo a Renzi, che non ha ancora un nome da candidare per suo conto come sfidante alle primarie prima del Congresso. Così come chiaramente, non vuole alcun Congresso con una discussione “profonda” e come si suol dire “rifondativa” di alcun che. Se prima non riesce a imporre l’unico tema che gli interessa nell’orientare il dibattito congressuale, sul suo terreno preferito di battaglia: “coi 5 Stelle di Grillo e Di Maio, non ci parliamo più! Capito?! E’ chiarissimo a questo punto, il gioco dei  renziani. L’unica scelta possibile è stare fermi. Immobili. Altro che andare avanti… per costruire una federazione tra le varie forze presenti nella sinistra. Altro che lavorare per ricostruire un campo largo di Centrosinistra. Con il PD, come forza trainante. L’ostinata politica del veto praticata da Renzi & C. è però  solo una parte della malattia del partito. L’assemblea del 7 del c.m. ha mostrato tutti i limiti di un ottundimento complessivo, del suo gruppo dirigente. Il PD sa fare bene la guerra intestina – peraltro su ruoli di potere, che già non esistono più – ma è incapace di riflettere su una sua nuova identità e sul suo ruolo politico in prospettiva. Continua a non sapere cosa dire ai suoi attuali sostenitori e nemmeno a quelli che ha perso e vorrebbe …dovrebbe riconquistare. Il partito democratico dovrebbe confrontarsi e anche litigare sui contenuti invece che sul nulla della leadership. Nel contempo, dovrebbe battersi per contrastare la deriva politica e anti democratica dell’attuale governo, che di fatto lo sta prosciugando nell’ignavia. Dovrebbe capire, che un moderno soggetto riformista ha l’obbligo di declinare i suoi ideali nelle condizioni date… non esiste un’altra Italia, l’Italia in cui il PD deve raccogliere il consenso è questa. E in assenza di un nuovo Prodi è il PD che deve svolgere il ruolo di tessitore. Ma, questo è un ritorno al passato? Forse per quanto riguarda la forma partito, più strutturata, visto che il “partito liquido” si è per l’appunto… ‘liquefatto’. Ma non certo nei contenuti e nelle prospettive politiche – il Mondo è già molto cambiato e muterà ulteriormente nei prossimi anni. Guardare indietro non serve, le nostalgie non servono. Ma Renzi non vuole tutto ciò! Perché, sarebbe la definitiva sconfessione del renzismo fatta da Renzi stesso. La vittoria della linea dell’opposizione interna al partito: di chiudere con l’autosufficienza, la fine della vocazione maggioritaria e dell’idea di una riforma costituzionale tesa  al semi-presidenzialismo o al Cancellierato forte. Ridimensionando il ruolo del parlamento, così come “sotto traccia” faceva la riforma costituzionale, respinta dalla maggioranza degli italiani nel dicembre 2016. Sarebbe la fine del sogno di Renzi di essere un Capo ‘indiscusso’ e ‘indiscutibile’, solo al comando del partito della nazione. Si vede che a stare immobili, seduti in panchina, vengono strane idee(!?) Vi chiedete come fa Renzi a pensare ancora, dopo le rovinose sconfitte elettorali che hanno portato il PD al 18% che si possa ancora andar avanti come nulla fosse? Senza iniziare una necessaria fase vera di confronto a Sinistra e sulla Sinistra. Interrogandosi: su dove nasce la crisi della Sinistra? Perché il PD ha perso e perso così male? Cos’è oggi la Sinistra? E domani che dovrà essere? La Sinistra ha ancora un futuro? Ma Renzi è Renzi, perché non dovrebbe fare Renzi?! Per Lui e i suoi, questi quesiti non esistono. Tantè che non più tardi di ieri sera c’è stata una cena con Renzi: l’ex segretario ha chiamato a raccolta  i suoi 120 parlamentari (80 deputati e 40 senatori) per fare il punto prima della pausa estiva. Il senatore di Firenze e Scandicci, vuole così rimettere in moto la sua area politica dopo gli scontri sulla segreteria… e preparare la campagna d’autunno per lanciarla alla Leopolda e andare all’attacco del Congresso. Altro che discutere di sinista! A lui, a tutti loro, della Sinistra: “non gliene può fregar de meno!” Anzi come già accennato ne auspicano e lavorano addirittura per il definitivo annientamento. Perché quindi dovrebbero prestarsi ad una discussione, un confronto aperto, che magari abbia ancora la capacità di incuriosire e stupire nell’ascolto di idee e proposte un popolo della Sinistra deluso e smarrito,  che si è rifugiato nell’astensionismo  o che, “disperato” ha già fatto il classico “salto nel buio” e ha votato per il Movimento 5 Stelle o addirittura per Salvini. Significherebbe lavorare per un partito nuovo in completa discontinuità con la strategia di questi anni. Con quello storytelling  di ottimismo a tutti i costi, buono solo per l’autoesaltazione di risultati tutto sommato “mediocri”, la famosa ripresa economica, l’hanno capito anche i ‘sassi’ in Italia  che è più il frutto del QI di Mario Draghi e della BCE, che non degli 80 euro, del job act e della buona scuola e che anche i risultati importanti ottenuti (solo a metà) sui diritti civili individuali (unioni civili, legge sul fine vita) hanno interessato solo una minoranza degli elettori del PD, quelli interessati a quegli obiettivi; mentre la maggioranza degli elettori che facevano riferimento al PD e che venivano dalla storia della sinistra del Cattolicesimo sociale e della Socialdemocrazia, quelli per i quali la centralità della politica è il lavoro “che cambia, il lavoro che manca” sono rimasti delusi e hanno guardato altrove. Disgustati dall’arrogante e spocchiosa autoreferenzialità e autosufficienza del renzismo. Che continuava  e guardava al popolo che si lamentava rispetto alle soluzioni prospettate e ai risultati mancanti, con fastidio e dispetto. Accettare tutto ciò, significherebbe per Renzi accettare di ridimensionare i meriti e riconoscere i limiti della sua leadership.  Dovrebbe prendere atto che la grande sfida lanciata da lui solo 4 anni fà è fallita. E quindi cambiare registro. Ma non è semplice, tutt’altro. Significherebbe accettare anche il cambio del modo con cui si sta in un partito e di come si concepisce il ruolo di una classe dirigente. Significherebbe alla fine favorire il ricambio totale della classe dirigente, non solo  di quella oggetto della selezione fatta a suo tempo da lui per la rottamazione. Ma, non è questo l’obiettivo di Renzi & C. Lui …loro, pensano ancora di avere ragione su tutto, indipendentemente dai risultati negativi, che come si è visto all’assemblea Renzi vuole scaricare sulla minoranza e persino su Gentiloni. Il suo vero e unico obiettivo è sopravvivere a tutti i costi oltre ogni risultato e non andare definitivamente a casa! Mantenendo il potere nel PD, sperando in un rivolgimento della situazione politica che gli offra una nuova possibilità, di tornare ai vertici della vicenda politica italiana e europea. Il “Ciclo Lega-M5s durerà meno del mio”, questo il suo messaggio alla cena con parlamentari Pd. L’esecutivo Lega-M5s. “Non hanno niente in mano, ma sono bravi a venderlo – ha sottolineato – Avevamo detto che eravamo l’argine al disastro, purtroppo era vero”. “Cerchiamo di ripartire in autunno senza ansie, prima capiamo la loro strategia di comunicazione e prima noi rientriamo in campo”, ha sostenuto ancora Renzi promettendo una Leopolda, la sua convention annuale, “che non sarà solo una cosa del Pd ma dovrà essere una cosa più larga”. (??!!) Inutile ogni commento…  Ecco comunque il perché non è  utile per i renziani, discutere nel merito di un rinnovamento di contenuti politici e delle azioni necessarie per attuarle. Discutere di una Sinistra ancora ‘innervata’ da valori e diritti universali e su di un’azione sociale solidaristica, che combatta diseguaglianze e povertà. Una discussione che lasci intravvedere una possibile uscita dal tunnel oscuro di un dominante neo-liberismo dalle “mani libere” da regole e controlli, che ha visto la Sinistra  subordinata e ‘irrilevante politicamente’ al capitalismo nell’ultimo quarto di secolo. Una Sinistra che da tempo non possiede nemmeno più la luce di una “candela” per illuminare la strada da percorrere. Una Sinistra persa in un buio assoluto. Come fanno Renzi & C. a pensare che ancora esista una possibilità di risalita senza alcun cambiamento? Quando il nostro Paese e l’Europa stanno già bruciando nel gran falò del populismo! Lo pensa lo pensano, perché quel che resta del PD lo considerano di loro proprietà. E’ la loro dote politica per un possibile futuro ancora in politica. Sanno che quel che resta della Sinistra nel PD è ormai residuale e quindi o si subordina definitivamente questa situazione o se ne andrà… anzi che se ne vada! Che stanno aspettando?  Renzi e i renziani sono fermi su questo punto… e non arretreranno di un passo. Quindi il massimo della discussione politica in quel che resta del PD, con Renzi presente e ancora in maggioranza,  si riduce come già detto alla sola data del congresso (poco prima delle europee, se non verrà ancora rinviato) e al mantenimento delle relative scartoffie regolamentari, che preservino le regole che hanno permesso a Renzi di vincere e rivincere nel partito in passato il Congresso nonostante le sonore sconfitte elettorali.  Perché altrimenti avrebbe composto in una notte e in completa solitudine, le liste elettorali, se non per avere la maggioranza anche nei gruppi parlamentari oltre a quella per l’appunto riconquistata nel partito con il Congresso di un anno fa? E adesso? Renzi vuole rivincere ancora il prossimo congresso, magari per interposta persona, ma che gli permetta di controllare e determinare gl’indirizzi e l’azione politica del partito. E quelli che non vogliono più Renzi e il renzismo? Vadano in LeU o in altre formazioni politiche. Ma, l’elettorato? Quello rimasto è ormai stabilizzato, non centra niente con la Sinistra, è un elettorato moderato e centrista, in misura più che sufficiente per un rassemblement, con l’elettorato che rimarrà alla fine in Forza Italia.  E’ solo e sempre la strategia del Nazzareno, magari  4.0, ma il “Renzusconi” è più vicino. Una alleanza possibile per sopravvivere e resistere al tempo e agli avversari.  Il PD (come Forza Italia) è ormai un “partito/persona” che se qualcuno lo fermasse per strada e gli chiedesse: “ma voi a cosa servite ancora in questa Italia che vi ha già sepolto? Non saprebbe cosa rispondere! Seppur è ormai chiaro che la maggioranza dell’elettorato italiano, non ne possa più di Berlusconi (dopo più di 20 anni) e di Renzi (dopo poco più di 4 anni). E al di là dei differenti tempi di obsolescenza dei due leader, il risultato nel giudizio ‘like’ è uguale: “pollice verso”.  Ma tornando al PD, visto che non siete stati in grado di controllare e mandare a casa Renzi dopo il referendum (madre di tutte le sconfitte), l’elettorato probabilmente non ne può più nemmeno di voi… di tutto quanto il gruppo dirigente  PD, diventato inguardabile e inascoltabile. Alla fine non vi hanno votato e non vi voteranno più… nonostante i guai che combineranno Salvini, Di Maio e Conte con questo fantomatico “governo del cambiamento”. Aumenterà ancora l’astensionismo e la delusione. Personalmente se fossi uno di voi (ma… per l’amor di dio), andrei a fare un giro dentro le iniziative del progetto “Rigenerazione Italia”. E’ un appello rivolto ai giovani da altri giovani per la rigenerazione del riformismo italiano ed europeo. Se spulciaste un po’ i loro documenti, apprendereste che si tratta di una rete per nulla irrilevante di 10mila giovani, tutt’altro che indifferenti all’idea di un PD e di quella ormai desueta parola che si chiama Sinistra. Giovani del mondo dell’università, delle professioni, che discutono, studiano. Sì, proprio così, non si limitano a cinguettare in rete, scimmiottando gli slogan di “Dibba” e dei vari “Matteo” che calcano la scena politica italiana… ma studiano, loro studiano. Hanno una Fondazione che lavora tutto l’anno e si riuniranno anche  nei prossimi giorni a Roma, per elaborare una proposta, per la Sinistra, “alternativa” rispetto al “contratto di governo” sovranista. Per carità, non sarà certo una Bad Godesberg, ma è una iniziativa di uomini di buona volontà e almeno loro, come ricordava Minniti a proposito di Chiaromonte: “prima di parlare pensano”. E avvertono l’urgente necessità di costruire una alternativa di governo, che prima possibile, possa permettere di nuovo l’alternanza di schieramenti e maggioranze al governo del paese. Evitandoci la ‘sciagura’ di tenerci al  governo Salvini e Di Maio per i prossimi 30anni. Certo “una rondine non fa primavera”, in questo “lungo autunno del nostro scontento”*, come scrive Gianni Cuperlo in un suo recente libro**. Però, quantomeno “Rigenerazione Italia” impone una riflessione a tutti. Una riflessione che sia all’altezza della situazione. Verrebbe da dire a questo ‘afono ed esangue’ gruppo dirigente del PD e non solo del PD (anche la Sinistra fuori dal PD), la lunga ricreazione della campagna elettorale è finita. Non è possibile continuare con la stessa sciatteria e disonestà intellettuale con cui siete passati sopra le più grandi sconfitte della Sinistra dal dopoguerra ad oggi, con l’allegra arroganza di tweet e hashtag degni di un “Asilo Mariuccia”. Lasciando che tutto vi scivoli addosso, come se tutto fosse normale e ordinario. Non è così! La nascita del primo governo “sovranista” in Italia e in Europa, segna una rottura storica, politica, sociale e che ‘Dio’ non voglia geopolitica. Restando così silenti e fermi ad attendere l’arrivo dell’invocato “cigno nero” Sperando solo come fanno Renzi & C. che il fallimento del governo Lega M5s, determini una ri-chiamata in campo, un evento… che non trova alcuna aggettivazione. Rappresenta solo la superficialità culturale, di un paese che ormai per due terzi sta con la Lega e i Cinque stelle. Nel segno di quella che una volta avremmo per molto meno, chiamato crisi democratica. E oggi si riduce in modo asettico, ad un ‘ineludibile’ cambiamento dei tempi! E allora: caro Renzi. Ma anche cari Martina, Franceschini,  Gentiloni, Minniti, Orlando, Cuperlo, Zingaretti, e Compagnia cantante, si tutti quanti voi… e anche voi cari compagni di LeU e d’intorni. Vi siete accorti che non riuscite più a giustificarvi nemmeno con voi stessi?!  Siete persi nelle vostre paranoie e nei vostri tic, a difesa di un status e di un ruolo che il Paese vi ha già tolto. Vi siete domandati… vi state domandando, perché, mentre l’establishment raccontava di una grande regressione politica e sociale da arrestare con Renzi o con Gentiloni, anzi con “Gentiloni dopo Gentiloni”, o con qualche governo degli ottimati, il paese, stravolto nella sua struttura sociale e nei suoi ancoraggi e piegato dalla peggiore crisi economica e sociale della storia della Repubblica, si è affidato a queste forze perché da queste forze si è sentito ascoltato, capito, difeso e protetto? Vi siete chiesti, vi state chiedendo, se siete ancora capaci di un pensiero lungo, di una idea di democrazia non prigioniera della disintermediazione e, con essa, di una idea di Sinistra – sì, di Sinistra – che trasformi l’angoscia per il futuro delle persone in speranza e partecipazione? Siete ancora capaci di proporre un sogno che non sia l’ottimismo da due lire del racconto di questi ultimi anni? Ma invece quello della memoria, magari superando: “il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà”. Siete ancora capaci di avere e trasmettere un’emozione calda, un’idea di futuro, annullata in questi anni proprio dal colpevole oblio della memoria, delle radici e delle identità collettive? Quello che sta accadendo in questi giorni, ora dopo ora, sta già facendo tabula rasa di tutto: del renzismo ma anche dell’anti-renzismo, del Centrosinistra per come l’abbiamo conosciuto e guarda caso, persino delle suggestioni macroniane per quanto recenti possano essere, figuriamoci poi delle nostalgie uliviste. Nulla di quel che abbiamo visto in questi anni ha più una forza vitale… Quello che è in crisi è l’idea stessa di PD per come è stato pensato, concepito fatto conoscere in tutte le sue varianti e ditte. Il PD non ha saputo enucleare un pensiero per questa epoca, non la capisce, non la sa più leggere. E la soluzione non è sicuramente un ritorno allo spirito originario (intonando Bandiera Rossa), ne la conservazione del soliloquio renziano… Dovrebbe essere qualcosa di più ambizioso. Chiamatela pure rifondazione o ri-generazione. Ma state attenti però se nei parterre dell’assemblea e del congresso, tutto si riduce all’ennesima conta su uno o l’altro dirigente condidati a segreterio. Fate in modo che chiunque sia, abbia capito chiaramente che, la rifondazione del PD, passa dal compito principale fin d’ora di parlare, rappresentare, coinvolgere le tante “reti” che, come i ragazzi di “Rigenerazione Italia” sentono un insopprimibile bisogno di Sinistra nell’Italia gialloverde. Tenendosi alla larga da una nomenklatura  del PD che, nel suo insieme, è stata la causa di questo disastro. E che, in un paese normale e in un partito troverebbe il coraggio da soli di farsi da parte…

E’ sempre tempo di Coaching!

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*l segretario del Pd Maurizio Martina annuncia i membri che faranno parte della segreteria, che sarà coordinata da Matteo Mauri, i cui componenti sono: – Pietro Barbieri, già Portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore (Welfare e Terzo Settore),  Teresa Bellanova (Mezzogiorno), Gianni Cuperlo (Riforme, alleanze, partecipazione), Gianni Dal Moro (Organizzazione), Stella Bianchi (Agenda 2030 e sostenibilità), Chiara Gribaudo (Lavoro e Professioni), Marianna Madia (Comunicazione),  Andrea Martella (Infrastrutture e trasporti), Tommaso Nannicini (Progetto Partito e Forum Nazionale), Lia Quartapelle (Esteri e Cooperazione), Matteo Ricci (Enti locali e Autonomie) Marina Sereni (Diritto alla Salute), Mila Spicola (contrasto povertà educativa). Partecipano per funzione inoltre i capigruppo di Camera e Senato (Graziano Delrio e Andrea Marcucci), il Presidente dell’Assemblea (Matteo Orfini), il referente dei segretari regionali (Alessandro Alfieri). Piero Fassino continuerà a rappresentare il PD nella Presidenza del PSE e a curare i rapporti con il gruppo europarlamentare e le organizzazioni della famiglia socialista. Nei prossimi giorni verrano resi noti anche i nuovi responsabili tematici e dei dipartimenti nazionali. Inizialmente nella composizione della segreteria era previsto anche il deputato Francesco Boccia al quale era stata assegnata la responsabilità del settore delle imprese; alla fine l’esponente di Fonte Dem non entrarà in segreteria come annunciato da Michele Emiliano in un tweet.
**Sinistra, e poi. Come uscire dal nostro scontento” – Gianni Cuperlo – “Saggine” Ed. Donzelli.
P.S. – In massima sintesi: “Il Pd cambi tutto, tranne il nome, stagione Renzi è finita. Che errore lasciare M5S alla Lega”. Gianni Cuperlo – sul Fatto quotidiano –    Buona fortuna!

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